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 2021  dicembre 07 Martedì calendario

La corsa al Quirinale vista da Sabino Cassese

Professor Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta, lei ha dedicato qualche libro alla presidenza della Repubblica. Questa vigilia è diversa dalle altre?
«Oh, sì. C’è un eccesso di enfasi che mi preoccupa. Distoglie dalle cose più importanti di cui occorrerebbe occuparsi. La scuola. Le pensioni. La sanità. Il lavoro. E invece tutto ruoto attorno al Quirinale».
Non è un bivio decisivo?
«Ma non più importante delle politiche che bisognerebbe mettere in campo. La nostra classe dirigente è sempre stata così: attenta agli schieramenti, ai battibecchi, ai ragionamenti, non ai programmi. Un tempo i partiti esprimevano anche grandi politiche. La scuola media unica, la nazionalizzazione dell’energia, la Cassa per il Mezzogiorno, o il servizio sanitario, che ci ha salvato dalla pandemia, sono nati così».
Come spiega l’enfasi di queste settimane?
«Con l’obiettiva difficoltà del sistema politico. Quattro partiti hanno un consenso tra il 15 e il 20 per cento, e poi ce ne sono sei tra il 2 e l’8. La frammentazione è aggravata dal fatto che ciascuno è diviso al suo interno e quasi tutti stanno insieme in una maggioranza che, come ha ricordato il presidente Mattarella, non corrisponde ad alcuna formula politica».
Quindi questo parlare del candidato rivela una crisi?
«Sì, è il segnale di un vuoto, sui programmi, sugli indirizzi».
Pensa che toccherà a Draghi?
«Non mi faccia fare previsioni, perché in genere si sbaglia».
È favorevole a una donna?
«Molto, sarebbe ora».
Però non l’abbiamo mai avuta.
«Perché non ci piace l’eguaglianza ».
Il Presidente è sempre figlio di un contesto politico?
«Inevitabilmente. Segni fu individuato da Aldo Moro per tranquillizzare la Dc conservatrice visto che si era alla vigilia del centrosinistra. Pertini rappresentò una risposta alla tragedia di Aldo Moro. Scalfaro venne scelto perché serviva un galantuomo all’indomani dell’uccisione di Falcone. Ciampi rassicurava i mercati».
Leone?
«Dovette sbrogliare otto crisi di governo e due scioglimenti delle Camere. Era un professore di diritto, e lo si chiamò per gestire una fase di turbolenza».
Cossiga?
«L’ho conosciuto bene. Fu una scelta di De Mita. Pensava che fosse una figura di equilibrio nel rapporto col Pci. Un presidente dialogante».
Invece venne fuori il picconatore.
«Fu una scelta sbagliata».
C’è una costante nei dodici inquilini del Quirinale?
«Sono stati ex presidenti della Camere, o ex premier o vicepremier, insomma figure che i 1008 grandi elettori debbono conoscere bene. Una delle grandi saggezze della Dc fu che non scelse mai un capocorrente, salvo Antonio Segni».
Cosa temeva?
«Checché se ne dica, il Presidente della Repubblica ha un grande potere, superiore a quello di un presidente degli Stati, se è omogeneo al governo ed è espressione della maggioranza parlamentare. Potrebbe, nel caso di un leader politico, potenzialmente disporre dei numeri necessari per fare passare i provvedimenti che gli stanno a cuore. Ecco perché si è sempre evitato di scegliere un capocorrente ».
Se Draghi va al Quirinale chi fa le consultazioni per il nuovo governo?
«Lui. È un presidente in carica, le fa lui dopo avere giurato».
La convince la legge che vuol abolire il semestre bianco e imporre il divieto alla rielezione?
«È giusta nel merito. La rieleggibilità non è prevista neanche per i giudici della Consulta, secondo l’articolo 135 della Costituzione. Perché non dovrebbe valere anche per il capo dello Stato?».
È stato letto come un favore a Mattarella.
«Per niente. Ha ragione Zanda: una simile proposta si presenta alla fine del settennato, non all’inizio».
Che stile ha avuto Mattarella?
«A metà tra Einaudi e Ciampi».
C’è chi immagina un successore a termine.
«Non si può fare violenza alle istituzioni. Stiamo parlando del Presidente della Repubblica. Nessun candidato potrebbe mai accettarlo».
Teme che verrà scelto un candidato non all’altezza?
«Penso che accadrà il contrario».
Cosa glielo fa dire?
«In passato è sempre andata così, alla fine si sono sempre scelti dei buoni presidenti. La mia è una ragionevole speranza».