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 2021  dicembre 08 Mercoledì calendario

Il razzismo sofferto dove sei nata

«Perché non te ne torni a casa tua?» È una vita che Marilena Umuhoza Delli, papà leghista bergamasco, mamma ruandese sposata quando lui era missionario in Africa, si sente fare la stessa domanda. E una vita che risponde, con l’accento di Bèrghem: «Io mi trovo esattamente nell’unico paese che abbia mai conosciuto: l’Italia. Dove sono nata, sono cresciuta, sono stata insultata. Non c’è altro posto in cui vorrei essere». Certo, ha studiato e vissuto pure in California, dove ha trovato Ian Brennan, un produttore musicale che ha sposato e si è tirata dietro nelle amate terre, «ma è l’Italia casa mia». Più precisamente, oggi, sta sciacquando i panni nelle acque veneziane. A Cannaregio ha casa, a Cannaregio sta crescendo la sua bimba che, trent’anni dopo, si trova alle prese con un po’ di problemi identici ai suoi. A partire da quel «vezzeggiativo», diciamo così, che anche a lei fu appiccicato e che non ha mai sopportato: «negretta». La parola scelta per ricostruire la sua storia nell’ultimo libro edito da Red Star Press: «Negretta, Baci razzisti». Dove racconta luci e ombre, momenti di felicità e di sconforto di una donna con due anime, italiana e africana. Le stesse che, con un’altra amica italo-africana, Sambu Buffa, consulente in comunicazione e marketing inclusivo, ha riassunto ieri presentando su Instagram un progetto: l’Academy dell’antirazzismo. Obiettivo: «Colmare il vuoto accademico dei curricula scolastici italiani che oscurano la storia della comunità italiana di origine straniera, un importante pezzo della cultura del nostro Paese. E che omettono le responsabilità italiane nel corno d’Africa, contribuendo ad alimentare stereotipi negativi legati al corpo nero (già vilipeso e ridicolizzato dai mass media e negli stessi libri scolastici, dove il colore nero e il suo portatore sono associati al male, alla violenza, alla disperazione). Non solo, gli attuali curricula non riflettono la diversità presente nelle aule italiane, dove studenti di origine straniera non si sentono rappresentati e dove è assente un vero e proprio percorso didattico di intercultura». Il sogno? «Sarebbe riuscire a confrontarci con ragazzi nati e cresciuti in ambienti in cui era facile cadere nei preconcetti che han ferito anche me e Sambu. E sostenere famiglie transrazziali perché possano prevenire e difendersi dagli attacchi di razzismo e crescere consapevoli, empatici e orgogliosi della loro identità».