Corriere della Sera, 7 dicembre 2021
Francesco Gabbani si racconta
A Francesco Gabbani piace giocare con la filosofia. Nel testo di «Occidentali’s Karma», canzone con cui ha vinto il Festival di Sanremo 2017, aveva infilato le culture orientali, Eraclito, Fromm e altro. Il cantautore – a lui è dedicato l’Artista Day di oggi, iniziativa di Corriere e Radio Italia che celebra i protagonisti della canzone – torna sul tema in «Spazio tempo», brano scritto per la serie tv di Rai 1 «Un professore», con Alessandro Gassmann nei panni di un docente della materia.
Come andava a scuola in filosofia?
«L’ho studiata al liceo classico, andavo discretamente ma il prof non era come Gassmann che prova a declinare la filosofia nella quotidianità per farla apprezzare ai suoi studenti. È una materia che prova a interpretare il senso della nostra esistenza. Ed è quello che, in piccolo, cerco di mettere nella mia musica»
Il senso di questo brano?
«Per la prima volta in carriera ho scritto su commissione dopo che il regista Alessandro D’Alatri mi ha fatto avere la sceneggiatura. Provo a raccontare che tutti noi tentiamo di incasellare la nostra vita fra i paletti di un pensiero filosofico, che sia il “tutto scorre” o “causa effetto” o altro, ma poi arrivano quegli accadimenti semplici, che sconvolgono i nostri piani. Qui entra in gioco l’aspetto irrazionale e tutto si ribalta: infatti dico “un’ora nello spazio/un punto nel tempo”».
Cita «Albachiara» e «My Way»: perché?
«Sono gli opposti, ma non tanto nella musica. La canzone di Vasco Rossi è una crisi adolescenziale che racconta di fragilità, inadeguatezza. Quella di Frank Sinatra è la dichiarazione più adulta del vivo a modo mio».
Cita anche «John Lennon, Paul e Yoko Ono»...
«Indicano qualcosa di perfetto, irripetibile ed equilibrato, come i Beatles, che da un momento all’altro, ed ecco Yoko Ono, può finire. Come accade nella vita».
Nelle scorse settimane è stato a Abbey Road. Novità in arrivo per l’album?
«L’album uscirà il prossimo anno, a Abbey Road ho fatto una registrazione live per un progetto speciale. Quando stavo con i Trikobalto ci portò in visita un ingegnere del suono inglese. Questa volta ero nella sala 2, quella dei Beatles, e a posteriori ho realizzato che c’era un’energia particolare che crea suggestione».
Troppi indizi beatlesiani. È un fan dei Fab Four?
«Da sempre, ma mi sono re-innamorato di loro in questi mesi per la dimensione di scrittura delle loro canzoni: c’era istinto autentico senza fronzoli. E mi rendo conto che sto tornando al minimalismo della canzone».
Quindi non sarà un disco con beat ed elettronica che tanto vanno di moda anche fra i cantautori?
«Oggi sento molta musica dove viene prima la produzione rispetto alla canzone. E così io vado indietro».
Facciamolo con la memoria. L’Artista Day celebra i successi. Momenti bui che invece le hanno fatto pensare di mollare?
«Non solo l’ho pensato. Avevo anche mollato a un certo punto della carriera. Dopo l’esperienza con la band avevo provato più volte le selezioni di Sanremo Giovani come solista senza mai arrivare fino in fondo. Mi ero dato un limite temporale per essere indipendente economicamente grazie alla musica: i 30 anni. Non ci ero riuscito e avevo smesso di presentare provini come cantante. La musica per me era il negozio di strumenti di famiglia e un’attività di autore per altri. Avevo firmato un contratto con BMG ed è stato Dino Stewart a dirmi che quelle canzoni avrei dovuto cantarle io. Ero disilluso, ma mi convinse a provare ancora una volta con Sanremo Giovani nel 2016 con “Amen”...»
Vinse e l’anno dopo tornò fra i Big con «Occidentali’s Karma». L’emozione della vittoria?
«Ricordo il momento della proclamazione. Da un lato il sarcasmo del pensare “oddio, e adesso come ci arrivo a fine nottata...”. Dall’altro l’imbarazzo per aver battuto una grande come Fiorella Mannoia».
Un ricordo bello?
«Sarò naif, ma i momenti più toccanti mi riportano a nonno Sergio. La prima volta che ho pensato che un giorno avrei voluto fare questo avrò avuto 4-5 anni e stavo guardando il Festival di Sanremo con lui. Quando ci sono andato mi sono rivisto nel buio della sua sala davanti a quell’acquario... Mi vengono ancora i brividi a pensarci. Se ne è andato nel 2018 e sono felice che mi abbia visto vincere».
La famiglia l’ha sostenuta fino a quei 30 anni fatidici?
«Papà sì perché è musicista. Mamma oggi ha finalmente accettato le mie scelte, ma ha fatto ostruzionismo. Allora mi faceva arrabbiare, è un atteggiamento di protezione comprensibile, viste le incertezze, ma esagerava. Se avrò un figlio, lo lascerò libero di scegliere la sua strada».