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 2021  dicembre 06 Lunedì calendario

Intervista a Mario Marazziti. Parla della pena di morte nel mondo: «Negli ultimi 5 anni le esecuzioni sono scese da 1.500 a 483»


«La pena di morte è una pandemia che ha accompagna l’uomo fin dai tempi del codice di Hammurabi. Ora però sta perdendo carica virale ed è sempre più lungo l’elenco dei Paesi che rifiutano questo strumento barbaro che ormai a livello di comunità internazionale è considerato al pari di crimini come le torture o la schiavitù»: Mario Marazziti, della Comunità di Sant’Egidio e co-fondatore della Coalizione mondiale contro la pena di morte, dopo anni di lotte, vede finalmente segnali positivi, «ma c’è ancora molto da fare. In tutto il mondo ci sono almeno 32 mila persone nei bracci della morte. E oggi (ieri per chi legge ndr) che si celebra la Giornata internazionale del volontariato, vorrei ringraziare le migliaia di persone che scrivono ai detenuti condannati a morte. Noi come Comunità in 20 anni abbiamo messo in contatto oltre 15 mila volontari con persone chiuse nei bracci della morte in 80 Paesi in tutto il mondo. Scrivere ai detenuti è un importante atto di generosità».
Perché?
«I rapporti epistolari sono molto complicati, ma umanizzano la condizione terribile di chi vive nei bracci della morte. Le lettere che arrivano dall’esterno spesso rappresentano l’unico scambio umano che hanno queste persone. Talvolta da questi rapporti hanno preso il via a mobilitazioni che hanno permesso di ribaltare condanne inflitte a persone innocenti».
Quali sono i Paesi in cui è ancora alto il numero delle esecuzioni?
«Sicuramente Paesi come l’Iran, o Stati arabi come Iraq, Arabia Saudita, che comunque registrano un calo. In Egitto, purtroppo, sono triplicate da un anno all’altro».
Poi c’è il capitolo Cina, si parla di migliaia di esecuzioni ogni anno, con organi poi espiantati e venduti...
«Cina, Corea del Nord e Vietnam non forniscono dati, ma si pensa che i morti siano tantissimi, anche se ci sono segnali di attenuazione del fenomeno. In Cina, per esempio, è stata recentemente tolta alle corti locali la competenza per le pene capitali e si stima che questa misura da sola abbia ridotto il numero delle esecuzioni del 30%».
Negli Usa, invece, come è la situazione?
«Siamo ai minimi degli ultimi 20 anni, anche se nei sei mesi finali della presidenza Trump nello Iowa sono state eseguite 13 condanne, un’escalation senza precedenti nella storia del Paese».
Dati complessivi a livello mondiale?
«La situazione è nettamente migliorata. Nel 1977 i Paesi abolizionisti erano 16, oggi quelli che per legge o di fatto l’hanno abolita sono 144. E tra 55 Paesi mantenitori nel 2020 l’hanno usata davvero solamente in 18. Le esecuzioni registrate negli ultimi 5 anni sono diminuite tre volte, scendendo nel mondo a 483 da più di 1.500, anche se mancano i dati di alcuni Paesi, come la Cina».
Che cosa ha determinato questo calo?
«Sicuramente l’impegno e l’opera di sensibilizzazione di soggetti importanti come l’Unione europea e la Chiesa, ma anche la mobilitazione di associazioni, enti e comunità. Nel 2001 Sant’Egidio lanciò il movimento Città per la vita, partendo con l’adesione di 58 città. Oggi sono 2.446, comprese capitali di Stati che ancora non hanno abolito la pena di morte, come Seul (Corea del Sud) e Dakar (Senegal)».