la Repubblica, 6 dicembre 2021
Taiwan, è scontro tra Usa e Cina
NEW YORK – Dopo la Russia in Ucraina, la Cina a Taiwan. «Non voglio speculare, ma certamente sembrano le prove generali» di un’invasione, ha detto il capo del Pentagono Lloyd Austin, commentando le esercitazioni e i voli militari condotti da Pechino vicino allo spazio di Taipei. In questo modo ha aggiunto le minacce della Repubblica popolare nel Pacifico a quelle della Russia in Europa orientale, delineando la mappa delle sfide geopolitiche più pericolose e impellenti che toccano da vicino tutto il sistema delle alleanze occidentali, Italia inclusa.
Austin non si è sbilanciato sulla possibilità che la Cina ordini davvero un attacco contro Taiwan, ma ha messo in guardia l’intera comunità internazionale: «Certamente sembra che stiano esplorando quali sono le loro vere capacità», allo scopo di prepararsi all’invasione, o comunque essere pronti a lanciarla in ogni momento. Può darsi che si tratti di una vera strategia per la riconquista dell’isola ribelle, anche se il presidente Xi ha detto di volerla riprendere in maniera non cruenta, oppure di uno strumento di pressione sul governo taiwanese e su quello degli Stati Uniti, per ottenere concessioni sulle sfere di influenza e gli interessi nazionali. Il capo del Pentagono, in ogni caso, ha risposto così: «L’America è una potenza del Pacifico. Non ha paura della competizione, e i cinesi non sono alti tre metri...». Quindi ha aggiunto: «Noi sosteniamo la capacità di Taiwan di difendersi, e non cerchiamo di costruire una versione asiatica della Nato o una coalizione anticinese». Rivolgendosi agli alleati, compresa l’Italia, ha poi detto che «non chiediamo di scegliere tra Usa e Repubblica popolare, ma lavoriamo per far avanzare un sistema internazionale che sia libero, stabile ed aperto». Quindi ha concluso: «Ci troviamo davanti a sfide formidabili. Una di queste, nell’area indo pacifica, è l’emergere di una Cina sempre più autocratica e assertiva. L’affronteremo con fiducia e risolutezza, non panico e pessimismo».
Il problema è complesso perché delinea una strategia a tenaglia delle autocrazie contro le democrazie, convocate da Biden nel vertice di giovedì e venerdì. Austin ha rivelato che Pechino accelera il riarmo nucleare, e punta ad avere almeno mille testate entro il 2030 per essere competitiva contro Usa e Russia, non accettando di partecipare ai negoziati sulle armi atomiche per non limitare le capacità di sviluppo.
Prendendo spunto dal recente test di un missile ipersonico, David Thompson, vice capo della US Space Force, ha ammonito che la Repubblica popolare sta costruendo le sue risorse militari nello spazio «al doppio della velocità» degli Usa. «Se non acceleriamo le nostre capacità, presto ci supereranno. Il 2030 non è una stima irragionevole», per il sorpasso. Gli Stati Uniti non vogliono affrontare la sfida da soli, parlano di una “deterrenza integrata”, diversa da quella adottata contro l’Urss durante la Guerra Fredda. Per fronteggiare Pechino, Washington vuole creare un fronte comune con alleati e partner su diversi piani, militare, economico e commerciale. Quindi chiede che la tecnologia pubblica e privata occidentale corra più veloce dell’innovazione cinese, dall’intelligenza artificiale alle armi, perché questa è la vera chiave per conservare il vantaggio ancora esistente. Il discorso per ora riguarda Pechino, ma con modalità diverse andrà allargato anche a Mosca.