La Repubblica, 6 dicembre 2021
Per l’Ue i rider sono dipendenti
BRUXELLES – Una vera e propria rivoluzione per i rider. Ma non solo per loro. Per tutti i lavoratori delle piattaforme digitali. Dopodomani infatti la Commissione europea approverà il pacchetto lavoro messo a punto dal Commissario lussemburghese Nicolas Schmit. E tra le misure portanti c’è un riconoscimento: quello per le piattaforme va considerato lavoro subordinato a tutti gli effetti. Quindi le persone dovranno essere assunte. Sostanzialmente viene cancellato il dogma dell’attività autonoma e indipendente.
Avete quindi presente i ragazzi ormai non sempre ragazzi – che nelle nostre città vi consegnano a domicilio la pizza o l’hamburger ordinati sulle varie Deliveroo o Glovo? Oppure gli autisti di Uber? Ecco, tutti loro erano sottoposti ad un regime contrattuale a dir poco etereo. I giganti dell’economia digitale li hanno sempre considerati dei prestatori d’opera indipendenti. Spesso con retribuzioni infamanti e senza alcun tipo di tutela.
L’Ue intende mettere fine a questa “indisciplina” e varerà mercoledì una direttiva – che quindi una volta approvata dal Parlamento e dal Consiglio sarà una vera e propria legge cui gli Stati membri dovranno uniformarsi – che inquadra quell’attività dentro i contorni del classico lavoro dipendente.
Dunque se il “rider”, l’autista o i lavoratori online impegnati ad esempio nel crowdwork (una sorta di lavoro o professione in affitto per più imprese) rientrano in alcune specifiche caratteristiche non potranno essere paragonati agli autonomi.
Quali sono queste caratteristiche? Ad esempio: se non corre il rischio di impresa. Ossia non espone le sue risorse al fallimento. Se non decide il prezzo del prodotto. In questi casi, allora, la piattaforma dovrà assumerlo. E tutto sarà semplificato dalla cosiddetta inversione dell’onere della prova: ossia sarà il datore di lavoro a dover eventualmente dimostrare in tribunale che si tratta di lavoro autonomo.
Naturalmente l’assunzione implica una serie di tutele, come l previdenza. La direttiva non prevede l’obbligatorietà di un contratto a tempo indeterminato. Ma i limiti temporali dell’assunzione saranno individuati dalle normative nazionali. In Italia ad esempio non può superare i tre anni.
Ma c’è un altro aspetto della direttiva che – salvo imprevisti dell’ultima ora – andrà a irrobustire la svolta: riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi per valutare e programmare il servizio. Che vuole dire? Anche in questo caso avete notato che sul vostro telefonino o pc vi chiedono di esprimere un voto al rider o all’autista? Quelle “stelline” compongono un insieme di dati, insieme ai tempi e alla quantità di consegne effettuate. Il tutto forma una vera e propria pagella per quel lavoratore. E in base all’elaborazione di tutti questi elementi, la piattaforma digitale decide se il compito svolto è stato all’altezza delle aspettative o meno; e se quindi quel “dipendente” (adesso si può definire così) è stato efficiente e può essere confermato o riutilizzato. Una valutazione che però viene effettuata dal computer, appunto da un algoritmo. Nessu n rapporto diretto tra datore di lavoro e dipendente. Ecco, l’insieme dei parametri che regolano l’algoritmo dovranno essere resi pubblici con una comunicazione formale. Un modo per rendere consapevole il “rider” del metro con cui il suo lavoro viene giudicato.
Del resto, questi stessi algoritmi sono stati una delle giustificazioni utilizzate dall’esecutivo comunitario per cambiare strada: rappresentano la dimostrazione che non ci può essere equiparazione rispetto all’attività autonoma. E anche il concetto che questi lavoratori decidono da soli se e quando lavorare – secondo la Commissione – è smentito proprio dal ricorso all’intelligenza artificiale.
Uno stravolgimento, dunque, della normativa fin qui seguita. Il “pacchetto” della Commissione ha preso spunto dal modello già presente in Spagna e da molte sentenze che sono state emesse da diversi tribunali in giro per l’Europa. Il riconoscimento del lavoro subordinato, infatti, è avvenuto attraverso il contenzioso legale in Francia, in Germania e appunto in Spagna. In Italia lo ha fatto il Tribunale di Palermo. E la Cassazione ha fatto presente che il Jobs Act di fatto impedisce l’introduzione della subordinazione ma stabilisce che vadano applicate a questa nuova forma di lavoro tutte le tutele della subordinazione.
Da mercoledì, fino a quando non ci sarà il via libera di Parlamento e Consiglio, inevitabilmente si consumerà una vera e propria battaglia da parte dei giganti del web per provare a correggere questo impianto. L’orientamento, sopratutto, dell’Europarlamento è però orientato a confermare l’impostazione. Anzi, tutto è nato proprio da alcune risoluzioni approvate dagli eurodeputati.
Nel “pacchetto”, però, non sarà presente solo questo intervento. L’altro corno è formato dal “Piano d’azione sull’Economia Sociale”. È un complesso di misure per agevolare e favorire tutto il mondo del Terzo settore, delle attività solidali. Avrà una durata decennale e rappresenterà il “pilastro sociale” dell’Unione europea. L’obiettivo è rimuovere gli ostacoli di natura legale e amministrativa che spesso rendono difficile, se non impossibile, queste attività. Sono compresi programmi di cooperazione e l’uso di prodotti finanziari – a cominciare dai Grants, ossia le sovvenzioni europee – per finanziare l’universo dell’economia sociale.