il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2021
Le lettere di PPP
Antonella Giordano e Nico Naldini hanno pubblicato in questi giorni il libro probabilmente più importante su Pier Paolo Pasolini, Le Lettere. È una produzione grandissima (1.479 pagine) andata in stampa poco dopo la scomparsa di Naldini, ma non prima che Naldini fosse riuscito ad aggiungere 300 lettere inedite alla vita narrata nei testi di Pasolini.
Con questo libro creano intorno al “poeta dialettale,” come lui si definisce più volte, il caso straordinario e senza precedenti di un grande autore che è anche il suo narratore e il suo critico, e sa con esattezza in che punto della sua vita e del suo lavoro si trova, benché la vita sia fatta di forti e diverse tensioni (umane, culturali, politiche ) che non possono comporsi a vicenda.
Le lettere coprono tutto il periodo in cui gli autori hanno potuto rintracciarle (nessuno sarebbe riuscito farlo come loro) ma scelta ed editing sono fortemente segnate dai giorni e dagli anni che si potrebbero chiamare “l’ultimo periodo”, che è di deliberata esposizione al rischio e a un nemico che si rafforza. Questo libro porta comunque un dono grandissimo a chi non ha mai smesso di considerare Pasolini un riferimento della vita italiana e una voce che da senso a ciò che è accaduto e sta accadendo.
Considerate la folla dei grandi italiani che – da Contini a Zanzotto, da Anceschi a Volponi – cercano o rispondono alla voce di Pasolini per avere il compagno di strada che stanno cercando e per liberarsi del falso trionfo delle lettere e delle scienze. Il caso, come appare in questo libro, è ancora più straordinario perché Pasolini scrive e risponde con due soli registri, a volte nella stessa lettera: affetto e rudezza. L’affetto non è mai mondano, mai una pretesa di imbonimento. Quando c’è, è senza cautela, è un dono senza condizioni. Ma il suo tenere la porta socchiusa senza feste e celebrazioni, è ferma e decisa: certe cose non passano, neppure per buona educazione.
Ma, allo stesso modo, non esistono travestimenti o precauzioni (e siamo nel periodo della sua prima comparsa fra i celebri del giovane che sta per essere celebre).
Leggiamo nel libro (parte certamente curata da Naldini, che ci fa capire la sua presenza): “Il 15 agosto (1947) scrive a Silvana Mauri una lettera nella quale la parola ‘omosessuale’, mai finora pronunciata, è detta apertamente, una ammissione resa necessaria dalla lealtà, anche con il rischio di ferire l’amica, anche a costo di perderla”.
Segue una lettera a Contini, bella e malinconica descrizione delle dune dell’Adriatico senza sole. Ma il mondo di Pasolini è tutto invaso di persone e di idee, di voci e di corpi, di avventure e di attesa, di immagini (nascerà il regista) e del poeta nato di gran lunga per primo e vissuto sempre.
È ancora qui, e questo libro ne offre una testimonianza potente.