Tuttolibri, 4 dicembre 2021
Quando i calciatori si fecero santini da collezionare
Nella prima mitica bustina ci sono tre figurine di giocatori che rappresentano le tre regine: «Inter, Milan e Juve». Per il Milan c’è il ritratto del giovanissimo Gianni Rivera, per l’Inter c’è invece la robusta stazza del difensore Aristide Guarneri e per la Juve l’attaccante gallese John Charles. I maschi adulti della famiglia Panini, Giuseppe, Franco e Benito (Umberto è in Venezuela ma rientrerà ben presto), con mogli, figli e mamma Olga, si sono riuniti intorno al tavolo della loro casa modenese per confezionare il primo lotto di bustine: la grande avventura delle celebri «figurine Panini», che per decenni hanno incantato genitori e bambini, sta partendo con una grande mobilitazione familiare. Le bustine potranno essere acquistate dal giornalaio a 10 lire cadauna: il successo è incredibile e i primi dodici mesi di vendita si chiuderanno con un guadagno netto di dieci milioni e tre milioni di figurine smerciate. Una vicenda straordinaria e singolare, questa della famiglia Panini e dei loro prodotti: a raccontarcela tra finzione e realtà, con un linguaggio ricco di inserti di dialetto modenese, è il giornalista e scrittore Luigi Garlando nel bel romanzo L’album dei sogni.
Il libro prende le mosse dal matrimonio di Antonio e Olga la quale darà alla luce ben otto figli, rimanendo vedova nel 1941. I ragazzi non si scoraggiano di fronte all’estrema povertà: hanno menti fervide, amano la cultura – come Franco che, divenuto miliardario, sarà un collezionista di tomi antichi e preziosi –, sono abilissimi nel lavoro manuale e grandi lavoratori. Dopo essersi trasferiti dalla campagna a Modena, in una piccola casa in cui i fratelli dormono a coppie nei letti, mangiano patate e non c’è la toilette, i Panini acquistano un chiosco per la rivendita dei giornali e stipulano un accordo per la distribuzione della Gazzetta dello Sport. L’impegno è massacrante. Così Benito, per esempio, si alza alle 4 del mattino, va alla stazione dove ritira i giornali e li porta al suo punto vendita. Nel pomeriggio con un pulmino scassato vende vecchi quotidiani e giocattoli nei paesi dell’Appennino. Poi ecco l’idea delle figurine: in un primo momento i Panini acquistano uno stock di piccole foto invendute e solo successivamente stamperanno da soli le fotografie dei più celebri garretti d’oro.
Negli anni Trenta già la Perugina e la Buitoni avevano abbinato ai loro prodotti le immaginette da collezionare che riproducevano i personaggi di trasmissioni radiofoniche di gran successo, come I quattro moschettieri. Chi completava 150 album si aggiudicava una Fiat Topolino. Alcune figurine divennero introvabili, ad esempio il numero 20. Si scatenò la caccia in tutta la Penisola e ad essa si ispirò il film del 1937 Il feroce Saladino, il numero 20 appunto, dove appariva pure Alberto Sordi. Memori di questi successi, i Panini, nei primi anni Sessanta, rischiarono il fallimento. In un primo momento avevano pensato di distribuire bustine con fiori di carta. Non funzionò. Era il calcio la passione nazionale degli italiani. E successivamente punteranno su quello. Arriveranno a sfornare 500 mila figurine al giorno con Rivera che tagliava il nastro dei loro nuovi stabilimenti. Fino al 1988 l’azienda modenese si ampliò e raggiunse fatturati nell’ordine dei 100 miliardi di lire. Giuseppe, a capo dell’industria, coltiverà il sogno di quotarla in Borsa. Poi però la cederà al gruppo inglese Maxwell (il 70 per cento dei fratelli Panini sarà valutato circa 150 miliardi di lire).
Il valore dell’impresa va ben al di là del suo valore commerciale: le «sacre» immaginette dei giocatori delle squadre italiane sono state i moderni santini destinati a rallegrare la quotidianità dei piccoli e pure dei grandi acquirenti. Il primo bellissimo album Panini aveva in copertina Nils Liedholm, «il Barone», come era stato soprannominato il giocatore svedese per via della sua signorilità e gentilezza. I Panini diffusero una rappresentazione dell’agonismo e dello sport conciliante e non violenta che ben si incontrava con quella dell’Italia in pieno boom economico, desiderosa di pace, di gioco e di espansione. Nelle pagine finali del primo album era ospitata una sezione antologica dedicata al Grande Torino, la squadra dominatrice dei campionati del dopoguerra. Nelle edizioni successive un posto d’onore spetterà alle coppe europee e mondiali. Insomma, come spiega il narratore, i Panini fin dai loro esordi sono l’emblema di una vera «storia italiana». Sono il ritratto di uno strettissimo legame familiare, privo dei connotati negativi del «familismo amorale» che ha spesso contrassegnato i rapporti della Penisola, e rappresentano il volto propulsivo e dinamico degli italiani migliori. —