il Fatto Quotidiano, 5 dicembre 2021
Intervista a Osho
La prima vignetta se l’è portata via il vento. “Ho sempre amato giocare con le parole; un giorno la professoressa di Chimica del liceo domanda alla classe: ‘Conoscete qualche tipo di etere?’. Immediatamente mi alzo davanti al banco e rispondo: ‘Sì, Etere Parisi’. Tutti iniziano a ridere, meno la professoressa che decide di assegnarmi un due sul registro; solo un amico si ribella: ‘Ma je metta un più, se lo merita’”.
Federico Palmaroli ormai di secondo nome (“spesso anche di primo”) fa “Osho”, il santone indiano al quale sono state affibbiate le frasi più stravaganti, estemporanee e improbabili, tanto da creare un caso diplomatico con la comunità di fedeli (“ho dovuto smetterla, non posto più sue immagini”). Lui è un’evoluzione inversa del fenomeno social: non è un ragazzino, ha 48 anni, ama apparire ma evita l’ossessione; è consapevole di quanto l’immediato dei like possa tramutarsi in effimero (“Infatti continuo a lavorare, pure per mantenere il giusto contatto con la realtà”); e, soprattutto, ha capito che il miglior fornitore di battute è la socialità oltre la tastiera (“Da ragazzino la mia fonte era l’ascolto in autobus, ora pure il ristorante: vado da solo, mi siedo e mi concentro sugli altri”).
Come cambia l’approccio con le vignette dal cazzeggio al lavoro.
Prima era solo uno scherzo, ora c’è la necessità di soddisfare un’aspettativa; alla fine uno si innamora pure dei numeri raggiunti con i like, poi viene pagato, ed è normale che la creatività un po’ ne risenta; tutti gli artisti creano meglio quando c’è maggiore libertà.
Si sente un artista?
(Si ferma, sorride, si imbarazza, quasi balbetta. Poi prende coraggio) Sì, perché sotto il termine arte ci sono varie declinazioni, compresa quella povera o quella più evoluta.
Primi segnali d’artista.
Quando alcuni personaggi di spessore come Marco Travaglio o Enrico Mentana mi hanno fatto i loro complimenti; secondo Mentana i miei lavori sono degli editoriali giornalistici in forma ironica.
Insomma, era più semplice prima.
Bastava associare a Osho una frase istintiva, una frase comune, una di quelle che normalmente esprimiamo ma sulla quale nessuno pone il giusto accento, e il gioco era servito. E poi non toccavo l’attualità.
Tutto come è iniziato?
Ho letto che Carlo Verdone ha preso anche ispirazione dalle chiacchiere al bar; ecco, il mio bar per tanti anni è stato l’autobus.
Cioè?
A un certo punto del liceo i miei hanno cambiato casa e quartiere, così per mantenere la stessa scuola ogni giorno passavo due ore sul bus: lì in mezzo agli altri ho confezionato il mio bagaglio di frasi; (sorride) ogni dialogo era mio, orecchiavo tutto, tanto da essere uno dei pochi ragazzi a non utilizzare i vecchi walkman.
Si annotava le frasi?
Questo no; (ci pensa) in realtà da piccolo scrivevo i dialoghi tra i miei genitori, o tra i miei genitori e gli amici, anche quando stavano al telefono; pure oggi ascolto sempre gli altri, pure al ristorante sono pericolosissimo.
Origlia.
Cerco sempre le frasi stereotipate, per questo spesso pranzo da solo, così posso concentrarmi meglio, come un periscopio (Federico Palmaroli lavora non lontano dalla sede del “Fatto” e chi scrive lo ha incrociato al ristorante di frequente. Da solo).
Essere un personaggio pubblico è deleterio per poter ascoltare in tranquillità.
Non mi riconosce quasi nessuno: non vado di frequente in televisione, giusto in questo periodo per presentare il libro.
Si è definito un “buffone distinto”.
Primo, non amo la volgarità gratuita, alcune parolacce le utilizzo solo perché sono parte dello slang romanesco; secondo, nonostante il successo, ho mantenuto una sorta di distacco aristocratico con la realtà, anzi a volte guardo con occhi critico chi mi incensa.
Nello specifico cosa pensa?
La critica parte da me stesso e mi prendo pure per il culo quando vado in televisione: se mi sentissi una primadonna sarebbe un casino.
La prima vignetta come è nata?
Era un pomeriggio in cui non avevo nulla da fare e soprattutto stavo vivendo una delle mie tante sofferenze d’amore…
È un sofferente?
(Sorride) Lasciamo stare, sono un caso perso; (pausa) nei momenti di difficoltà affettiva la mia produzione migliora di netto: più sto male e più vado bene, un po’ come i cantanti che poi incidono dischi stracciapalle.
Insomma, quel pomeriggio.
Trovo su Facebook una pagina sulle più belle frasi di Osho, con immagini e concetti seri, e improvvisamente decido di creare la loro parodia: “Ti sei preso la mia anima ma il culo non te l’ho dato”; poi opero un salto di qualità, prendo una foto di Osho mentre guarda una piantina e aggiungo: “I pomodori non sanno più di niente”. Da lì è iniziato tutto.
Successo immediato.
In breve le immagini hanno scavallato la cerchie delle mie amicizie e ogni dieci minuti avevo 5.000 follower in più; non riuscivo a stargli dietro.
Da famoso che mondo ha scoperto?
Non sono ancora in quella dimensione.
Avrà cambiato giro di frequentazioni.
In parte, ma nel frattempo mi sono ancora più legato alle persone che nella mia vita ci sono sempre state: ho paura dell’effimero, temo il turbinio che è frutto del momento, perché magari tra due anni non mi filerà più nessuno.
Lo ha messo in conto.
Certo e mi sto preparando come se dovesse avvenire domani; se si materializza nella propria testa una tale eventualità ci si lega maggiormente alle certezze affettive; (pausa) penso ai vecchi concorrenti del Grande Fratello: due mesi di popolarità e poi l’oblio associato a percorsi personali molto difficili.
Ha l’ansia di deludere gli altri?
È un fatto umano accentuato dai riflettori; il successo porta con sé le responsabilità. Quando mi dicono: “Ogni mattina, pure se sono giù, cerco la tua vignetta e mi scappa una risata”; oppure: “Mi hai aiutato in un momento di difficoltà” non è poco. E ci penso.
Non ha risposto sul nuovo mondo che ha scoperto…
Non lo so, lo vivo come se fossi di passaggio, come uno scompartimento del treno da attraversare.
Lei mentalmente è sempre sull’autobus.
Ed è per questo che continuo con il mio vecchio lavoro: non voglio cedere ad aspettative che non verranno soddisfatte. E poi mi aiuta a restare con i piedi per terra in un mondo normale; (pausa) oh, per carità, è tutto bello! Non voglio sembrare uno che si lamenta.
Al contrario qualcuno si è lamentato quando lei ha rivelato il suo background di destra.
C’è gente che appena l’ha scoperto mi ha scritto: “Ora non mi fai più ridere”. (Ci pensa) Zerocalcare è di sinistra, ma la sua serie è un capolavoro, lo dico, quindi non capisco queste distinzioni.
Zerocalcare ha ricambiato il complimento?
Non so cosa pensi di me, però in assoluto, a sinistra, spesso non vedo il medesimo meccanismo; il massimo è stato quando ho dichiarato di aver votato la Raggi al ballottaggio: sono diventato un fascio-grillino.
Lei fuma Marlboro. Per Gaber le Marlboro sono di destra.
(Ride) Sono pure laziale.
Fa la doccia o usa la vasca?
La doccia.
Sempre destra.
Ma la vasca a casa me manca!
Minestrina o minestrone?
Minestrone.
Questo è di sinistra.
Ma io non sono da pellegrinaggio a Predappio.
I suoi poster in camera da ragazzo.
I Pink Floyd e Goldrake; anzi di Goldrake ho ancora l’astronave.
A 15 anni chi avrebbe voluto conoscere?
Allora ero fissato con la storia e lo stilnovismo tipo Cecco Angiolieri.
Tra i politici chi sono i suoi fan?
Tanti: Paolo Gentiloni, Filippo Sensi, Alessandro Di Battista, molti 5 Stelle fino a Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Questo successo è una forma di rivincita?
Non riesco a valutarlo, ho la tendenza a sminuire quello che realizzo e qui uno psicologo potrebbe ricavarne molte riflessioni su come mi hanno cresciuto i miei genitori; (sorride, con garbo) pochi anni fa sono stato invitato a Palazzo Chigi da Gentiloni premier e gli amici mi dicevano: “Ma ti rendi conto dove sei arrivato?”.
E lei?
È come quando vado in televisione e mi rivedo: ho la sensazione che sia un altro, vivo un distacco da me stesso.
All’inizio ha parlato di ego.
In realtà ho bisogno di riscontro. Di consenso.
Lei chi è?
Mi considero un giovane artigliere in baldoria (frase mutuata da Filippo Tommaso Marinetti); nel corso della vita ho dovuto affrontare momenti veramente difficili, ho combattuto, e forse li ho superati anche con un po’ di superficialità e di atteggiamento guascone. Grazie proprio alla baldoria.