Corriere della Sera, 5 dicembre 2021
L’italiano che cerca il ghiaccio più antico
«Oggi stiamo bene: siamo a 30 gradi sottozero. La temperatura si è stabilizzata, ma nei giorni scorsi eravamo arrivati anche a -60°C». Dalla zona più interna e isolata del Polo Sud, Carlo Barbante offre uno spaccato in tempo reale delle condizioni alla Stazione Concordia, la base italo-francese a oltre 3.200 metri di altezza sopra la calotta ghiacciata antartica, che è il punto di riferimento per una missione storica: una perforazione a quasi 3 chilometri di profondità fino ad arrivare al ghiaccio più vecchio della Terra, risalente a 1,5 milioni di anni fa.
È il progetto «Beyond Epica», finanziato dalla Commissione Ue e dagli Stati membri. «Si chiama così perché vuole andare oltre “Epica”, la missione precedente che, grazie ai carotaggi nel ghiaccio al Polo Sud, ha ricostruito il clima del passato, le concentrazioni di CO2 e polveri vulcaniche», spiega Barbante, professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia, coordinatore di «Beyond Epica» e direttore dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp).
Dopo l’interruzione lo scorso anno dovuta al Covid, sono ripresi i lavori a Little Dome C, il luogo a una quarantina di chilometri da Stazione Concordia, identificato in precedenza con analisi radar e studi geofisici come posto ideale per la perforazione finalizzata ad arrivare al ghiaccio più vecchio. «Riteniamo che ci possa fornire informazioni sul clima passato e sui gas serra presenti durante la transizione del Medio Pleistocene avvenuta tra 900 mila e 1,2 milioni di anni fa», spiega Barbante. In quel periodo, infatti, la durata delle fasi glaciali passò da 41 mila a 100 mila anni. In pratica le glaciazioni divennero molto più lunghe della fase precedente: brevi intervalli caldi di 12-15 mila anni, come quello che stiamo vivendo, passarono a dividere periodi ghiacciati lunghi circa 90 mila anni. «Perché sia avvenuto è il mistero che ci proponiamo di risolvere», ha aggiunto il docente di Ca’ Foscari. «Non fu dovuto probabilmente solo al cambiamento di alcuni parametri, come l’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra e dell’angolo del piano orbitale, ma di qualcosa interno al sistema di funzionamento del clima».
Non si tratta, quindi, di battere un record, ma di trovare una risposta scientifica a un punto di domanda irrisolto della climatologia, che potrebbe avere ricadute positive nella fase attuale di riscaldamento indotto dalle attività umane, come è stato dimostrato dagli studi scientifici. «Le concentrazioni attuali di CO2 sono del 40% più alte di quelle degli ultimi 800 mila anni», dice Barbante. Con lui, sono una dozzina i ricercatori a Little Dome C. «Nei soli due mesi in cui il clima antartico permette di lavorare vogliamo completare il campo, installare il carotiere e iniziare la perforazione per i primi 150 metri», conclude Barbante. «Abbiamo già portato decine di tonnellate di materiali. Per arrivare al ghiaccio più vecchio dobbiamo perforare a 2.700 metri di profondità. Credo che ci vorranno tre o quattro stagioni di lavoro. È una grande impresa europea a guida italiana, dobbiamo esserne orgogliosi».