Corriere della Sera, 4 dicembre 2021
Tutti i complotti di Kim Jong-un
«Il Maestoso compagno Kim Jong-un è sceso dal cielo, concepito dal sacro Monte Paektu». Lo presentò così il 20 dicembre del 2011 il Rodong Sinmun, megafono del regime di Pyongyang. Erano giorni di annunci sconvolgenti per il popolo nordcoreano e per la comunità dell’intelligence mondiale. Il 19 dicembre una singhiozzante presentatrice della tv statale aveva dato la notizia che il Caro Leader Kim Jong-il era spirato due giorni prima, il 17 dicembre, per un attacco di cuore mentre era in viaggio sul suo treno blindato. Fu comunicato che il figlio Kim Jong-un aveva assunto i pieni poteri come «Grande Successore». Aveva 27 anni ed era sconosciuto al grande pubblico.
I servizi segreti, da Seul a Washington, a Tokyo furono sorpresi, nonostante da anni Kim Jong-il fosse dimagrito in modo impressionante e non muovesse più la mano sinistra, segno di una serie di malattie gravi. Fu uno smacco anche aver dovuto apprendere la svolta dalla tv nordcoreana, con 51 ore di ritardo. Eppure, centinaia di analisti occidentali passano le loro giornate a studiare ogni minimo dettaglio che filtra da Pyongyang, proprio per dare l’allarme in caso di instabilità, di una scossa al vertice di un Paese armato di missili nucleari. Non fu quello il solo errore dell’intelligence.
Il 28 dicembre di dieci anni fa, sotto una tempesta di neve, per le strade di Pyongyang sfilò il corteo funebre. Il feretro del Caro Leader, su un letto di fiori bianchi, fu trasportato da una limousine nera, una Lincoln Continental di fabbricazione americana (arrivata di contrabbando), tra ali di folla in lacrime.
In Nord Corea, queste cerimonie servono per cercare di decifrare i rapporti di forza, in base allo schieramento dei dignitari. La Lincoln trasformata in carro funebre era affiancata da otto uomini a piedi. Kim Jong-un e sette gerarchi, disposti su due file. Scrutando con la lente di ingrandimento quelle immagini, gli analisti sentenziarono che i sette del «de profundis» a Kim Jong-il avrebbero costituito il Consiglio di Tutela dell’«inesperto Kim III».
Il giovane Kim si reggeva allo specchietto retrovisore dell’auto, forse per essere simbolicamente in contatto quasi fisico con il Caro Leader morto, forse per non scivolare nella neve. Dietro di lui marciava Jang Song-thaek, marito della zia di Kim. Zio Jang era l’uomo di collegamento con Pechino. Si disse che si fosse impegnato per garantire una serena successione al nipote, si è saputo poi che aveva complottato, forse con gli amici cinesi, per usare Kim come un fantoccio. Dall’altro lato dell’auto, il vicemaresciallo Ri Yong-ho, capo dell’Armata popolare, che aveva prontamente giurato fedeltà al nuovo leader: «Ogni elemento dell’esercito sarà fucile e bomba umana per difenderlo». Sei mesi dopo, Ri fu sollevato dal comando «per motivi di salute» e da allora non si è più visto. Sconvolgente l’uscita di scena dell’altro presunto tutore: zio Jang fu arrestato nel 2013, durante una seduta del Politburo. La propaganda mostrò il momento in cui due soldati lo trascinavano via, verso il plotone d’esecuzione.
Si sono perse le tracce anche degli altri cinque del corteo funebre: Kim Ki-nam, capo della propaganda, sostituito da Kim Yo-jong, sorella minore di Kim; sparito Kim Yong-chun, vicemaresciallo; silurato Kim Jong-gak, generale; purgato U Dong-chuk, capo della polizia segreta; Choe Tae-bok è stato pensionato. Di quella processione degli scomparsi è rimasto solo Kim Jong-un, che ora compie dieci anni da Rispettato Maresciallo. Ha beffato le previsioni di sventura ancora nel 2020, quando non si fece vedere per più di un mese e fu dato per morto (per la cronaca, negli ultimi 52 giorni è apparso una sola volta).
Ipotesi sbagliata anche quella iniziale che voleva Kim riformista, solo perché aveva studiato (sotto falso nome) in un college svizzero. Il dittatore non ha aperto l’economia, ha fatto produrre nuovi missili e ordigni nucleari, ha preso tempo con iniziative diplomatiche, si è tolto la soddisfazione di incontrare tre volte il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Joe Biden è tornato alla vecchia «pazienza strategica», ignora Kim e i suoi sporadici test missilistici (9 nel 2021). Il presidente sudcoreano Moon Jae-in sogna invece una simbolica «Dichiarazione di pace» congiunta che ancora manca dopo la Guerra di Corea del 1950-1953. Moon ha fretta, a marzo scade il suo mandato. Ma Washington sospetta che dopo il trattato di pace tra le Due Coree, Kim invocherebbe il ritiro delle forze americane che proteggono il Sud. Il Maestoso Maresciallo ha ancora molte opzioni per sorprendere gli analisti.