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 2021  dicembre 04 Sabato calendario

L’euro è ai minimi da un anno e mezzo


Non si placano i venti di tempesta sull’Eurozona. Oltre alla variante Omicron, alla crisi della logistica e all’inflazione galoppante, la moneta unica. L’euro è ai minimi dal 5 luglio 2020, quando era a quota 1,13 contro il dollaro. Ieri ha veleggiato fin sotto 1,1275, salvo poi riprendersi in serata sopra il livello 1,13. A incidere, i dubbi degli investitori sulle azioni della Banca centrale europea, che si riunirà a metà mese per decidere le prossime mosse di politica monetaria.
Il ruolo delle banche centrali
La debolezza della divisa unica europea si racchiude, secondo il consensus degli analisti finanziari, nell’atteggiamento cautelativo della Bce. Che, al contrario della Fed, ritiene ancora che le fiammate sui prezzi al consumo siano un fenomeno temporaneo. Lo ha ribadito ieri la presidente Christine Lagarde: «Sappiamo bene come l’attuale aumento dei prezzi sia doloroso specie per le persone a basso reddito ad esempio quando vanno al distributore – ha spiegato Lagarde -, ma vediamo il profilo dell’inflazione come una gobba e siamo fiduciosi che nel 2022 si avrà una discesa». Parole che hanno convinto a metà gli investitori. I quali, nonostante la debolezza del mercato occupazionale a stelle e strisce, ritengono più sicuro puntare sul dollaro.
La crisi delle materie prime
Un elemento capace di destabilizzare l’euro è l’attuale strozzatura nella catena di approvvigionamento globale. Mancano i chip, mancano le merci sugli scaffali, anche per via di una domanda dei consumatori ben più elevata rispetto ai livelli pre-Covid. Colpa dei lockdown e delle restrizioni, che hanno creato colli di bottiglia tali da produrre scarsità di beni di consumi tecnologici, in primis, e sul fronte dell’export, poi. I beni prodotti dalle case europee in Cina, come notano gli economisti della banca olandese ING, continuano a subìre rallentamenti nella produzione. Elemento che è destinato a tornare alla normalità solo a partire dal terzo trimestre del prossimo anno.
Le conseguenze
Sebbene per ora gli operatori finanziari non vedano, nella maggior parte, un impatto significativo sul lungo periodo, è possibile che l’Eurozona possa registrare dei contraccolpi. La debolezza dell’euro aiuta senza dubbio le esportazioni di beni, ma penalizza le importazioni. Una mitigazione può avvenire dagli interventi dei governi, come quello italiano, che sta studiando di allocare risorse ad hoc per 2,8 miliardi di euro per alleviare l’aumento dei prezzi. Ma, secondo Massimo De Palma, capo dell’unità Multi Asset di Gam, potrebbe non essere ancora conclusa la volatilità. Molto dipenderà dalla quarta ondata di contagi e dalla variante Omicron. «Perfino il dollaro, sul potenziale cambio di scenario, ha ritracciato rispetto alle principali valute», fa notare De Palma.
Impatto su cittadini e imprese
Non è chiaro quale siano gli effetti di una divisa così bassa sugli europei. Soprattutto in virtù dei costi dell’energia, per la quale l’Europa è un importatore netto. Secondo la banca elvetica Ubs la normalizzazione avverrà a partire dal terzo trimestre 2022. Nel mentre, il cambio euro/dollaro continuerà a essere oggetto di fluttuazioni. Difficile, però, che si arrivi alla parità, dicono gli analisti di Ubs: «Le incognite geopolitiche possono essere numerose». E possono influire sul prezzo del petrolio, e quindi sul comparto energetico in generale, in grado di colpire compagnie e lavoratori.
Nel breve termine non tutti pensano a una ripresa della divisa unica. Aaron Hurd, gestore di State Street, resta negativo sull’euro. «Il Covid-19 rallenta la crescita e la Bce probabilmente manterrà i tassi in territorio negativo per molto tempo», dice. Tuttavia, sottolinea, «intravediamo il potenziale per un rimbalzo significativo dell’euro più avanti nel 2022 grazie a una migliore crescita dell’Ue rispetto a un prevedibile rallentamento degli Stati Uniti». —