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 2021  dicembre 04 Sabato calendario

Intervista a Ibrahim Kalin, il portavoce di Erdogan

La Turchia è in tutte le grandi partite dei nostri giorni. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, alle prese con la crisi economica, ha mandato a Roma il suo uomo più fidato, Ibrahim Kalin, qualcosa in più di un portavoce, che dopo aver partecipato alla conferenza Med organizzato dall’Ispi.
Come viene visto in Turchia il viaggio del Papa a Cipro?
«Francesco in passato ha visitato la Turchia e ha dato un importante messaggio di pace. Sarebbe bello se potesse visitare anche l’altra parte di Cipro, vedrebbe come quella popolazione è stata discriminata ingiustamente».
Il Papa ha fatto un appello al dialogo. Come rispondete?
«Abbiamo provato di tutto sin dal 2004: conferenze, referendum sotto l’egida dell’Onu, negoziati. Ma purtroppo il rifiuto della parte greca di riconoscere l’uguaglianza politica del Nord blocca tutto. A questo punto bisogna cambiare strategia: la soluzione è quella dei due Stati che si riconoscono reciprocamente. È uno scenario che non deve far paura. Ogni altra strada non funziona».
Francesco sarà a Lesbo, la Turchia ha un ruolo importante sul tema dei migranti.
«Ospitiamo 4 milioni di rifugiati siriani, più un altro milione proveniente da altre zone. Nessuna nazione ne ha così tanti».
E per questo l’Ue paga un prezzo alto e molto criticato. Non vi sentite sostenuti?
«Non siamo stato molto aiutati. Abbiamo un accordo, secondo il quale l’Ue doveva pagare 3 miliardi e poi dopo un anno altri 3 miliardi. Sono passati 6 anni e ne sono arrivati solo 3. Soldi che non finiscono nelle nostre casse, ma interamente a chi gestisce i profughi. Ci dicono che questa lentezza sia dovuta alla burocrazia, ma chi scappa dalle armi chimiche di Assad non è interessato alla burocrazia».
Cosa rimproverate all’Ue?
«Noi gestendo queste crisi, di fatto ci occupiamo della sicurezza dell’Europa. Questi rifugiati non hanno altri posti dove andare. E gli europei dovrebbero esserci grati. Il loro atteggiamento è il seguente: finché non arrivano nelle nostre città, nei nostri Paesi è un problema di qualcun altro. Ma quello dei rifugiati è un problema di tutti, non solo della Turchia. La comunità internazionale ha fallito e, anzi è scesa a patti con Assad sui migranti ed è una cosa vergognosa».
Difendete i migranti, ma siete accusati di non rispettare i diritti umani.
«Si parla di diritti umani continuamente. Ma aspirare a una vita dignitosa è un diritto, migliaia di persone sono morte nelle acque gelide del Mediterraneo. Questa gente non va via di casa per una gita, scappano da una guerra brutale e viene respinta. Dove sono i diritti umani?».
In Libia state giocando un ruolo da protagonisti, cosa che ha creato problemi nel rapporto con l’Italia. Quali sono i vostri obiettivi?
«L’integrità della Libia è fondamentale. Siamo soddisfatti che sia finita la guerra civile e sosteniamo il processo di pace tra le varie componenti. Sarebbe utile che ci fossero le elezioni, quando il Paese sarà pronto. Con l’Italia condividiamo la sfida di mantenere l’unità territoriale, la lotta contro il terrorismo e la gestione dei flussi migratori: Erdogan ne ha parlato con Draghi».
A proposito, Draghi aveva definito Erdogan un dittatore, come sono i rapporti?
«È una cosa che appartiene al passato, si sono sentiti al telefono e poi visti a margine del G20. Con l’Italia abbiamo un ottimo rapporto, politico e commerciale».
Draghi ha spiegato la sua posizione a Erdogan?
«È il passato».
L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca ha cambiato qualcosa per voi?
«I presidenti si sono visti due volte, c’è cooperazione e rispetto in molti campi. Ci sono poi cose sulle quali non siamo d’accordo: il loro sostegno alle Pyd-Ypg, l’emanazione del Pkk in Siria, è un errore che si ripercuote sui nostri rapporti. Non si combatte il terrorismo dell’Isis, alleandosi con altri terroristi. Altro tema che ci divide è quello delle sanzioni: speriamo che si cambi linea».
Cosa pensate delle tensioni tra Ucraina e Russia?
«Siamo preoccupati dall’escalation, il presidente si è proposto di fare da mediatore».
I russi vi accusano di fornire i droni all’Ucraina.
«L’Ucraina ha comprato dei droni dalle aziende turche. Ma facciamo appello alla calma: si deve tornare al negoziato». —