il Giornale, 4 dicembre 2021
Ritrato di Elisabetta Franchi
Milano, il fashion system, la stirpe degli dei... All’inizio erano tutti guardinghi. Come una tigre che avesse trovato un pezzo di roast beef sopra un foglio di carta cerata in mezzo alla foresta. La osservavano con sospetto perché era di Bologna e non mitigava quell’accento nemmeno quando pronunciava le parole in inglese, perché veniva dalla gavetta (e che gavetta) e non si dava da fare per nasconderlo («ho fatto la commessa, e a sedici anni ho fatto perfino i mercati, ricordo ancora il gelo di certe mattine, quando allestivo i banchi di biancheria intima»), perché non aveva frequentato scuole di moda a Londra o New York e ne aveva frequentate poche anche in Italia, perché in famiglia erano in cinque, tra fratelli e sorelle, a cavarsela più o meno da soli mentre la mamma faceva sacrifici e sbagliava compagni. Il padre non lo aveva mai conosciuto e di quel dispetto d’infanzia ricordava solo un giocattolo: una bambola a cui cuciva vestiti con gli stracci. Ma pian piano la Moda ha iniziato a provare un lieve interesse rapace nei confronti di quella donna con le ossa piccole e una determinazione gigantesca.
Oggi Elisabetta Franchi ha una società, la Betty Blue, che nel 2021 ha fatturato 124.5 milioni (più 40% rispetto all’anno precedente), ha 270 dipendenti e 89 negozi del suo marchio. La settimana scorsa, a palazzo Mezzanotte, alla Borsa di Milano, ha vinto la ventiquattresima edizione del Premio EY L’Imprenditore dell’anno: l’unica donna a salire sul palco. La seconda nella storia del riconoscimento. E qualche tempo fa, un caro amico le ha confessato: «Ogni volta che vedo una donna a cui vorrei strappare gli abiti di dosso, scopro che quegli abiti sono di Elisabetta Franchi». Lei lo considera, comprensibilmente, il miglior complimento rivolto agli abiti che disegna. Ed è vero. I suoi abiti fanno venir voglia di essere una donna. Nel senso più completo del termine. Succede, quando è una Femmina a vestire le donne. La tigre faceva bene ad essere guardinga. Ma la strada è stata lunga, il destino le ha fatto altri sgambetti, sono successe tante altre cose. A trentanove anni rimane vedova, la sua bambina, Ginevra, ha solo un anno e tre mesi. Sabatino Cennamo, il suo adorato marito, «il primo uomo che mi ha presa per mano», ci mette sei mesi ad andarsene. Tutto era nato con lui che era l’amministratore della società e il risarcimento che la vita aveva concesso a Elisabetta. Il giorno che lo ha seppellito, è andata in azienda. Con una colonna di lacrime che le salivano all’interno della testa, dalla gola agli occhi. E adesso, che si fa? «Senza di lui ho iniziato a dovermi occupare di cose delle quali non mi ero mai occupata, delle quali non sapevo nulla». Oggi il ritratto di Sabatino campeggia in ogni stanza dell’azienda perché «chi entra in casa mia, deve sapere che lui c’è».
Lo sa anche il suo secondo marito, Alan Scarpellini, suo amico d’infanzia e papà di Leone, secondo figlio di Elisabetta, «diversissimo di carattere dal mio primo amore, Alan è molto più estroverso», Sabatino era silenzioso, pacato, accogliente. Non ha fatto in tempo a vedere come Elisabetta si sia messa a volare. Non c’è più ma c’è sempre, costante come tutti gli angeli custodi. L’ha lasciata luminosa e malinconica. Perché esiste una solitudine che si prende come una malattia, e della quale non ci si libera mai. Anche se guardandosi indietro (i primi lavori nel fast fashion, il piccolo atelier degli inizi, quella bambola, Betty, che poi è diventata la sua ispirazione e la sua mascotte, la fatica e l’apprensione e i tentativi e il tempo, che per lei non è mai stato lento) non può che essere fiera di come e quanto sia andata avanti. Empatica e d’acciaio. Adora i cani, fa ginnastica «altrimenti divento cattiva», è del segno del Sagittario e indossa una taglia trentotto. Occhi azzurri e capelli lucidi come la buccia delle castagne. I mercati nelle albe gelide... È arrivata a vestire Angelina Jolie e Lady Gaga, tra le altre, ovviamente. C’è gente che ha qualcosa dentro che la spinge ad essere viva. Più viva degli altri. Malgrado tutto. Una vita a toreare con le onde. E a vincere. Forse proprio perché il suo sangue è stato in guerra.