Il Messaggero, 4 dicembre 2021
Le cucine del Quirinale
Avete in mente i pranzi con venti portate, le pietanze scenografiche con fagiani ancora con le penne che sembrano vivi, i maialini con la mela in bocca? Ecco, se vi capita non si sa mai di essere invitati a cena al Quirinale, non aspettatevi tutto questo. Non è neanche più tempo di stare ore e ore a cena. «La durata massima a tavola è di 45-50 minuti. Ci si limita a un primo, un secondo e un dolce: mangiare troppo non agevola conversazioni che spesso vedono in tavola argomenti cruciali», racconta Fabrizio Boca, executive chef della Presidenza della Repubblica. Andarlo a trovare nel suo ambitissimo posto di lavoro è un emozionante tuffo nella storia d’Italia. Nella Cucina Grande al piano meno uno del palazzo sul Colle, come nella Vasella dove sono conservati i 38 mila pezzi fra porcellane, argenti e cristalli utilizzati per le cene, si respira la storia (accanto alle più moderne tecniche di cucina).
GIOCHI DI CONTRASTI
Un mondo sorprendente che abbiamo avuto l’opportunità di visitare in occasione della presentazione del volume Tutti i piatti dei Presidenti (L’Ippocampo, 258 pagine, 29,90 euro), reportage tra gli sfarzi da un lato e i fuochi e le pentole di tutti i giorni dall’altro. Lorenza Scalise, giornalista di viaggi e lifestyle (assieme alla fotografa Chiara Cadeddu) ha raccontato come si organizzano i pranzi di Stato, le regole del galateo e del cerimoniale, come, quando e dove si trovano le bontà per ospiti di tal rango, ma anche dove si fa la spesa per la (quasi) normale famiglia di inquilini italiani, che salvo sorprese – cambia ogni sette anni. «Spiare dentro questo luogo privato racconta Lorenza – é un invito a conoscere quella che, prima ancora di essere la dimora del primo cittadino d’Italia, é la casa di tutti gli italiani». «Ci si lascia ammaliare aggiunge – da tanto splendore, salvo poi sorprendersi nel ritrovare nelle sale sontuose i sapori più familiari, in un gioco di contrasti fra la ricchezza del passato e la misura di oggi. Grandiosità e semplicità, solennità e quotidianità».
Nell’inarrestabile via via del servizio e nelle chiacchiere degli addetti ai lavori fanno ovviamente capolino tanti aneddoti. D’orgoglio, come quando Barack Obama scese addirittura in cucina per complimentarsi per i tonnarelli al ragù bianco (mantecati con crema al parmigiano e olio all’aneto). Divertenti, come quando per fare cosa gradita alla regina Elisabetta d’Inghilterra vennero preparati bouquet sulle tonalità che la Regina maggiormente ama: lavanda, con rose, lillà e piccole mele verdi. Peccato che le composizioni risultarono assolutamente simili al cappellino che indossava. «Ci fu un attimo di imbarazzo ma, grazie al sense of humour inglese, tutto sfumò in un sorriso di Sua Maestà», ricostruisce Lorenza Scalise.
LA PROPOSTA
L’anima della cucina è molto più domestica che aristocratica, nonostante l’altissima professionalità dei membri della brigata. Pure chi serve ai tavoli con le spettacolari divise rosse non è un semplice cameriere ma deve essere, per esempio, un esperto di vino. «Se un re ti chiede informazioni racconta Boca non è che puoi interrompere il servizio e andare a chiedere a un sommelier». Grande merito dello stile della casa è proprio di Chef Boca, uno che non si atteggia a cuoco d’artificio. Ha 52 anni e ne aveva 23 quando iniziò a lavorare qui nel 1993. Romano di Cinecittà Est, diplomato all’Alberghiero di Marino, ai Castelli Romani, aveva fatto qualche anno di formazione-lavoro tra Sardegna, Londra e New Jersey quando gli arrivò voce di un possibile stage al Quirinale.
«La proposta e sorride ancora a distanza di 30 anni mi sembrò buona, così chiamai l’Hotel del Quirinale, in via Nazionale, per prendere un appuntamento perché era lì che pensavo di dover avere il colloquio. Invece, si trattava dell’altro Quirinale, quello vero». Il primo giorno di lavoro iniziò alle 6 del mattino. Così anche adesso che ha percorso tutta la carriera, da commis ad executive. «La sveglia racconta – è all’alba perché il mercato e i prodotti migliori non aspettano».
LA CAMBUSA
A dettare le scelte è il budget. «Spesso la gente riprende Boca – mi chiede quanti chili di aragosta o tartufo ordiniamo al mese. La risposta è semplice: zero, salvo rare eccezioni, solo come guarnizione. Cucinare bene e ad alti livelli non significa necessariamente spendere molto, anzi. Al contrario di quanto si possa pensare, qui entrano prodotti che devono avere una sola caratteristica: l’italianità e non la rarità». Naturalmente, la cambusa è sempre ben fornita: prosciutto crudo del Friuli, pasta del Molise, carni del Piemonte, formaggi e olio del Lazio, farina del Veneto, legumi dell’Umbria, il sale dell’Emilia Romagna, i pomodori campani e poi le eccellenze di ogni regione, spesso Presìdi Slow Food. Gli ortaggi arrivano dalla tenuta presidenziale di Castel Porziano. «Rispettiamo la regola della stagionalità precisa Boca quindi, mai primizie che costerebbero care». Il costo medio di un pasto a persona non supera i 20 euro (così il volume-ricettario Scalise-Boca diventa anche uno straordinario invito a sbalordire a casa gli ospiti spendendo davvero poco).