il Fatto Quotidiano, 4 dicembre 2021
Dietro lo spot del parmigiano
Gli addii sono strazianti ma bisogna partire. “Mi stai facendo felice, sai?”, dice la madre a una giovane dagli occhi umidi. I cinque ragazzi salgono su un pulmino. A svelare loro la destinazione è il loro guru, l’attore Stefano Fresi: dovranno fare una gara di cucina, sì, come a Masterchef, ma specialissimo: i piatti avranno un ingrediente comune, il Parmigiano Reggiano, e a decidere i vincitori sarà lo chef Massimo Bottura. In palio, ben sei mesi di stage.
È l’inizio dello spot del Consorzio Parmigiano Reggiano, un cortometraggio dal titolo Gli Amigos firmato da Paolo Genovese, distribuito dalla Rai e mandato in onda in vari frammenti. I giovani sprizzano felicità, in ballo c’è il loro sogno: chi riaprirà la trattoria della nonna, chi si immagina già nei panni di un cinico food influencer. Prima, però, c’è la lezione sui batteri del formaggio, poi la visita agli animali che mangiano fieno “non insilato” (e pazienza se vengono bacchettati perché non sanno cos’è, questo viaggio vuol dire “villetta con giardino e tre figli”), infine l’incontro con il sacro “latte della mattina”, con altra lezioncina sulle proteine liberate dal caglio. Le ragazze sanno tutto, hanno letto Wikipedia, inscenano un balletto per Tik Tok, Fresi li incita citando Luke Skywalker (“La forma sia con te”). E poi c’è l’incontro che ha scatenato mezza rete, quello con Renatino, il casaro, che non parla, ma risponde sì alla domanda se lavora “365” giorni all’anno”. I ragazzi sono ammirati, non ha mai visto Parigi né il mare né sciato. Ma non importa. “Sei felice?”. Annuisce. Passano poche ore e Renatino, ovviamente, è già star della rete, si aprono petizioni per la sua liberazione, mentre sullo spot fioccano, inevitabili, le accuse di schiavismo, esaltazione dello stakanovismo e del lavoratore-oggetto. L’azienda fa sparire i commenti e banna lo scrittore Christian Raimo che ha sollevato la polemica, poi si difende, e lo stesso fa l’attore Fresi, dicendo che si tratta di “finzione”, una licenza poetica insomma. Anche Michele Serra dice che Renatino “è un’iperbole” e che il lavoro “salva la vita, la affina, la valorizza”. Invece la toppa è peggio del buco, e non solo perché il problema resta il messaggio, come forse un pubblicitario dovrebbe sapere, ma perché falsa: il registro di tutto il corto, ammorbante e noioso, è iperrealistico. Sono realistici i genitori che pregano per lo stage, i ragazzi che vogliono essere food influencer, è realistico il posto di lavoro in palio, l’esistere solo in quanto famosi, Wikipedia, Tik Tok: è tutto vero e infatti desolante. E allora perché Renatino no? E infatti questo spot va visto tutto, perché il finale prende una piega quasi surreale: diventa coerentemente un inno alle materie prime, da “ascoltare e rispettare”, tanto che i soggetti, i ragazzi, finiscono per piegarsi agli oggetti, anzi all’oggetto parmigiano. Che infatti li salva, ispirando, come un soffio divino, il ragazzo ansioso bloccato ai fornelli, che crea il piatto vincente: un pezzo di parmigiano.
Costato milioni, Gli Amigos lascia numerose domande. Ma davvero tra chi lo ha pensato, scritto, girato, presentato – centinaia di persone – nessuno si è reso conto che a guardarlo sarebbe stata un’Italia senza salario minimo e con i giovani che lavorano per un pezzo di pane? Bisognava pagare un regista per uno spot infarcito di luoghi comuni, come la ragazza di colore col kebab? E perché uno chef come Bottura si presta a un prodotto così mediocre? Ma soprattutto, davvero il consumatore di fronte al “latte di stamattina”, al foraggio “non insilato” e al casaro che non dorme viene invogliato a mangiare parmigiano? O forse passerà al grana, al quale sarebbe passato comunque, perché impoverito dal lavoro malpagato, ma almeno ora lo può fare con soddisfazione? Che lui, almeno, mezz’ora per magnà ce l’ha.