Alessandra Arachi per www.corriere.it, 3 dicembre 2021
NON NE SIAMO USCITI MIGLIORI - SECONDO IL RAPPORTO CENSIS IL COVID CI HA MASSACRATO IL PORTAFOGLI E LA PSICHE: AUMENTANO LE FAMIGLIE POVERE E CRESCE L'ONDA DI IRRAZIONALITÀ TRA GLI ITALIANI: PER 3 MILIONI DI CAZZARI IL VIRUS NON ESISTE (STESSO NUMERO DEI TERRAPIATTISTI) E SECONDO IL 10,9% IL VACCINO È INUTILE - CRESCONO LE INCOGNITE ECONOMICHE SUL FUTURO E CI AGGRAPPIAMO ALLE RICCHEZZE FAMILIARI CHE PERO' DIMINUISCONO… -
Sono 2 milioni le famiglie italiane che vivono in povertà assoluta, con un aumento rilevante (+104,8%) rispetto al 2010 (980 mila). A dare i numeri è il 55esimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
L’aumento è sostenuto soprattutto al Nord, dove sale del 131,4%, mentre il Centro sale del +67,6% e il Sud del +93,8%. Tra le famiglie cadute in povertà assoluta durante il primo anno di pandemia, il 65% risiede al Nord (21% nel Mezzogiorno, 14% al Centro).
Il rapporto evidenzia anche come la pandemia abbia accentuato il senso di vulnerabilità: il 40,3% degli italiani si sente insicuro pensando alla salute e alla futura necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie.
La pandemia e l’irrazionalità di chi non crede al Covid e ai vaccini È la parola “irrazionale” quella che il Censis ha scelto per definire la società italiana del 2021. Impossibile non considerare per questo gli influssi della pandemia, tante le paure senza fondamento verso la scienza riferita al Covid (il 31,4% degli italiani, ad esempio, pensa che il vaccino sia un farmaco sperimentale).
Eppure ci sono due dati che più di altri saltano agli occhi: la percentuale degli italiani che dichiara che il Covid non esiste (5,9) è uguale a quella di chi è convinto che la terra sia piatta (5,8). E ancora: per il 10,9% degli italiani il vaccino è inutile, una percentuale analoga a quelli che sono convinti che l’uomo non sia mai sbarcato sulla luna (il 10%.).
Il welfare familiare C’è stato un rimbalzo del Pil nell’anno che sta per finire (+6%) ma le previsioni per i prossimi anni portano ad una rapida decrescita: già nel 2023 sarà soltanto dell’1,9% e in prospettiva ci sarà un ripiegamento verso lo zero virgola.
Per questo più della metà degli italiani (tuttavia ben poco di più, il 51,2%) pensa che non torneremo più al benessere del passato (il 55% dei giovani).
«Solo il 15,2% degli italiani ritiene che dopo la pandemia la propria situazione economica sarà migliore. Per la maggioranza (il 56,4%) resterà uguale e per un consistente 28,4% peggiorerà».
Secondo quanto evidenziato dal rapporto, la ricchezza complessiva delle famiglie è pari a 9.939 miliardi di euro. Il patrimonio in beni reali ammonta a 6.100 miliardi (il 61,4% del totale), depositi e strumenti finanziari valgono 4.806 miliardi.
Se si considera il decennio 2010-2020, il conto patrimoniale degli italiani si è ridotto del 5,3% in termini reali. A cosa è dovuto? Alla caduta del valore dei beni reali (17%), non compensata dalla crescita delle attività finanziarie (+16,2%).
Cosa vediamo negli ultimi dieci anni, quindi? Una netta discontinuità rispetto alla corsa delle attività reali. La riduzione del patrimonio, esito della diminuzione del reddito lordo delle famiglie (-3,8% in termini reali nel decennio), mostra come si sia indebolita la capacità degli italiani di formare nuova ricchezza».
Le incognite dei consumi, la rinascita della qualità della vita Nel 2021 c’è stata un’impennata dei consumi delle famiglie (+14,4% tra il secondo trimestre del 202 e il secondo del 2021) inevitabile dopo la fine del lockdown.
Tuttavia la crescita tendenziale su base annua, +5,2%, risulta inferiore al Pil e quindi è lungi da ricollocare il Paese sui livelli di spesa del 2019. Il differenziale, purtroppo, è ancora vicino ai 22 miliardi di euro in meno.
C’è da considerare poi la bolla del risparmio dovuto all’eccesso di cautela che ha penalizzato i consumi: nel 2021 la liquidità delle famiglie è aumentata di 76 miliardi di euro (+5%), raggiungendo la quota di 1.600 miliardi.
C’è però una bella luce che rischiara questi conti: l’indice di fiducia dei consumatori . Nel 2020 era crollato a 92,6 punti. Nel settembre di quest’anno ha raggiunto i 119,6, un valore superiore a quello del 2018.
E non solo. La pandemia ci sta lasciando una buona eredità positiva: la riscoperta della qualità della vita. Stili di consumo e ambiti comportamentali che sembravano destinati al declino: gli spazi aperti privati (i dehors di bar e ristoranti), lo spazio pubblico (i parchi urbani), la riscoperta dei negozietti di quartiere. E in cima a tutto gli spostamenti a piedi: +67,7%.
Il digitale nelle tasche, il soccorso della Rete Le tecnologie sono state le protagoniste della pandemia. Quasi tutti i consumi durante il lockdown sono passati per Internet, anche se questo non vuol dire che da ora in poi i consumi saranno soltanto virtuali: secondo il Censis il 64% degli italiani passata l’ondata pandemica tornerà a fare acquisti in luoghi fisici.
Lo stesso vale per la Rete che durante il periodo di isolamento è venuta letteralmente in soccorso degli italiani. Grazie a Internet il 58,6% ha potuto provvedere alle proprie necessità, il 55,3% ha potuto mantenere le relazioni sociali, il 55,2% ha continuato a lavorare e a studiare.
Il Covid e la solidarietà La pandemia è stata anche in grado di valorizzare il lato più umano degli italiani. Molti si sono impegnati in prima persona partecipando a iniziative collettive di solidarietà legate all’emergenza sanitaria, un italiano su tre per essere precisi. Ed è grazie a questo che durante l’emergenza soltanto un ente non profit su dieci ha interrotto la propria attività. Con un altro dato confortante: è il 73,1% gli enti che ha dichiarato di aver ricevuto dai privati donazioni in denaro e in natura.
Effetti sui giovani Sui giovani studenti «dal punto di vista psicologico, il prolungato periodo di pandemia ha provocato effetti collaterali non indifferenti». L’81,0% dei 572 dirigenti scolastici di scuola secondaria di secondo grado ascoltati nell’ambito della raccolta dati del rapporto segnala che tra gli studenti sono sempre più diffuse «forme di depressione e disagio esistenziale».
Nel rapporto si evidenzia inoltre che «l’ultima rilevazione Invalsi ha evidenziato un peggioramento delle performance degli studenti italiani rispetto al 2019, ma sarebbe ingeneroso individuare la sola causa nella didattica a distanza».