la Repubblica, 3 dicembre 2021
Intervista a Flavia Pennetta
Flavia Pennetta se la ricorda benissimo Peng Shuai, la tennista cinese scomparsa dopo aver denunciato le molestie subite da parte dell’ex vicepremier Zhang Gaoli e poi riapparsa in pubblico nel mistero. «Caspita, certo. Abbiamo giocato più volte contro, belle battaglie. Una ragazza solare, sorridente. Anche grazie all’aiuto di esperienze di vita all’estero, come negli Stati Uniti».
La Wta ha sospeso i tornei in Cina.
«Sì, ed è una decisione enorme. Un gesto importante, perché di solito il sindacato femminile è molto prudente e ci pensa tre volte. Mi sa che hanno informazioni che noi ancora non conosciamo, e che apprenderemo solo in futuro».
È preoccupata?
«Ma, io sono rimasta al suo incontro con Bach, e poi ho visto che ha partecipato a un’esibizione con i bambini…».
È sembrato solo un contentino per far contento il mondo, visto che di lei non si hanno di nuovo più notizie.
«Incredibile. Eppure io ho guardato bene il video, anche se l’immagine non era proprio nitidissima, devo dirlo».
Lo ammetta: anche lei ha pensato a un sosia?
«Beh, onestamente sì. Ti viene naturale pensarlo. Ma mi sembrava proprio lei».
Di sicuro la vicenda non migliora l’immagine della Cina.
«Sappiamo che il loro è un mondo chiuso, e lasciamo stare le questioni politiche, il loro regime. Ma non va bene, ovviamente. Va malissimo.
Non è accettabile».
A Torino, in occasione della Coppa Davis, è stato festeggiato anche il gruppo del ’76, e si è ritornati a parlare di Pinochet e del suo regime. E del ruolo che può avere lo sport contro le dittature.
«E quarantacinque anni dopo siamo ancora in queste situazioni, vero?
Come se il tempo si fosse fermato. Mi dispiace veramente tanto per Shuai».
Ieri anche Novak Djokovic è intervenuto a sostegno della decisione Wta.
«E gli fa onore. Un gesto bello. Spero che anche gli altri, e anche l’Atp, continuino a tenere i riflettori accesi sul caso Peng. Anzi…».
Anzi cosa?
«Spero che anche gli altri sportivi, altri campioni, entrino in scena mostrando solidarietà. In modo che i politici cinesi capiscano che un comportamento del genere non è ammissibile a nessun livello».
Sarebbe bello se si ripetesse il sostegno avuto dal movimento Black Lives Matter.
«Certo. Ricordate Naomi Osaka che scendeva in campo con le mascherine delle vittime della polizia? Sarebbe bello che calcio, basket, F1, golf e tanti altri sport importanti facessero anche loro un gesto».
L’opinione pubblica verrebbe mobilitata.
«Senza dubbio. E credetemi, ripeto: il fatto che la Wta abbia sospeso i tornei in Cina pesa tanto».
In che senso?
«Dal punto di vista sportivo. Ma anche economico. E politico. Ma chi ci rimette, alla fine, sono le giocatrici».
Lei ha giocato in Cina. Che ricordi ha?
«Beh, ricordo che la connessione Internet era lentissima, alcuni siti d’informazione oscurati. “Qui hanno il controllo totale” mi dissi, ma ovviamente la mia permanenza era legata al tempo di un torneo di tennis».
A febbraio Pechino ospiterà anche le Olimpiadi invernali.
«Appunto. Ecco perché è il momento che il mondo si stringa ora intorno a Shuai: e poi oltre alla persona qui sono in gioco dei principi, i diritti civili di tutti. Non si può e non si deve transigere: le istituzioni, dallo sport alla politica, dovrebbero far sentire forte la propria voce».