La Stampa, 3 dicembre 2021
La battaglia di Le Pen contro gli stranieri
Sei straniero, anche italiano, in Francia? Per Marine Le Pen, se sarà eletta presidente, non ci sono dubbi: non avrai gli stessi diritti, in campo sociale, dei francesi. Niente assegni familiari, se i genitori dei figli sono entrambi stranieri. Cacciato dalla Francia, se da almeno un anno non sei riuscito a lavorare: te ne torni a casa tua, in Italia ad esempio. In piena rimonta nei sondaggi, la zarina dell’estrema destra si permette di spararle grosse. E la presenza nella corsa di Eric Zemmour, che doveva costituire una zavorra per lei, una sorta di «concorrenza sleale», inizia a favorirla. Lui ha imposto l’immigrazione come tema principale della campagna e Le Pen, che lo ha sempre privilegiato, ne approfitta. Al tempo stesso, accanto alle «bombe» sparate da Zemmour, lei non scade nel razzismo e non si spinge là dove si spinge lui. Appare quasi ragionevole, «moderata». Non è che per una volta i pianeti si stanno allineando a favore di Marine?
Eccola, nel palazzo dove gestisce la sua campagna, nel rispettabile e borghesissimo sedicesimo Arrondissement di Parigi. Pullover color verde speranza con un sole al collo (ciondolo dorato), sembra una guru rassicurante. Presentava ieri a un piccolo gruppo di giornalisti la legge «cittadinanza-identità-immigrazione», che in caso di elezione, proporrà subito dopo. E la sottoporrà a un referendum popolare. Non parla di arabi o di musulmani come Zemmour, ma semplicemente sciorina cifre e misure per ridurre il costo dell’immigrazione. Ecco alcune delle sue idee. Le prestazioni sociali per le famiglie, assegni familiari compresi, «saranno riservate alle coppie, nelle quali almeno una persona sia francese». L’Rsa (equivalente del reddito di cittadinanza) verrà concesso solo agli stranieri che dimostrino di avere effettuato cinque anni pieni di lavoro in Francia. «Espelleremo quelli che non lavorano da almeno un anno e non possano dimostrare di avere le risorse per sopravvivere». Sta parlando di stranieri regolari (e che all’occasione hanno un contratto e versano contributi). Dice che così le finanze pubbliche risparmieranno più di 16 miliardi l’anno.
Alla Stampa specifica che queste regole «si applicheranno anche agli italiani e agli altri europei. E non ci saranno problemi con l’Ue, perché il referendum prevede una riforma costituzionale e l’integrazione di una parte delle misure alla nostra Costituzione, che ha il primato sulle norme di Bruxelles».
Sono affermazioni forti, ma non al confronto con Zemmour. Lei lo liquida così: «Lui è entrato in campagna elettorale sul tema dell’immigrazione, ma non fa proposte e non ho trovato elementi nuovi, a parte le sue provocazioni e gli oltraggi». Per un po’, nei sondaggi relativi al primo turno, era scivolata dietro a Emmanuel Macron e al giornalista. Ma negli ultimi giorni è risalita e data come rivale probabile dell’attuale presidente al ballottaggio (e con appena dieci punti percentuali di differenza). Intanto ieri i Repubblicani, la destra moderata, hanno annunciato i risultati delle primarie, per scegliere il proprio candidato. Al primo turno è arrivato in testa un outsider, Eric Ciotti (25,9%), dalla linea dura e che ha già occhieggiato al lepenismo, e seconda Valérie Pécresse (25%). Sconfitto il favorito Xavier Bertrand, esponente di una destra sociale e nemico giurato di Le Pen. Qualcuno comincia a pensare che al ballottaggio delle presidenziali lei potrebbe incassare l’appoggio di Zemmour, ricevendo in dote un elettorato più borghese e meno lepenista, e forse e addirittura quello del candidato dei Repubblicani. Sta di fatto che questa donna l’hanno data finita così tante volte. Ma è come quel vecchio chiodo su cui batti il martello: inesorabile, rispunta sempre fuori.