Il Messaggero, 3 dicembre 2021
Intervista a Marco Mengoni
Stavolta ha fatto tutto da sé. Non è andato dall’altra parte dell’oceano a registrare con produttori e musicisti di tendenza, quelli che si trovano ormai in quasi tutti i dischi pop italiani, che infatti suonano allo stesso modo. Si è chiuso nel suo, di studio, a Milano. Con i suoi musicisti. E ha fatto il disco che voleva fare da tempo: «Ma prima dovevo crescere, passare per tappe obbligate». A 32 anni, dopo dodici di carriera, 3 milioni di copie vendute e una sessantina di dischi di platino vinti, Marco Mengoni pubblica un album che rende giustizia al suo talento. Si intitola Materia (Terra) ed esce oggi. Soul, r&b, blues: dentro c’è la musica con la quale il cantante laziale (è di Ronciglione, Viterbo) è cresciuto, dalla Motown a Amy Winehouse, passando per Stevie Wonder. Lo ha presentato in anteprima mercoledì sera con un concerto in un locale milanese, tra luci soffuse e pubblico di addetti ai lavori seduto ai tavoli come in un jazz club: «È un album che richiama il velluto, che odora di legno. Mi rendo conto che suona un po’ anacronistico: l’ho registrato con musicisti in carne ed ossa», dice.
Fa notizia, nel 2021?
«Sì. Nulla contro la musica fatta in cameretta, ma un disco con questo tipo di calore e con questa consistenza sonora pensavo di potermelo concedere, in questa fase della mia carriera. Volevo fare un salto di qualità».
I suoi discografici la pensavano allo stesso modo?
«Mi hanno dato fiducia. Sono andato a parlargli: Questo è il prodotto finito. Scegliete voi i singoli e come promuoverlo. Ho ascoltato i loro consigli e loro le mie esigenze».
Zero compromessi?
«Qualcosa di più appetibile dal punto di vista radiofonico c’è, come il singolo Ma stasera. Lo ha prodotto Tino Piontek dei Purple Disco Machine: ha riportato in classifica l’elettropop Anni ’80. Ma ha un senso, nell’album».
Quale?
«Ad un certo punto dalla scena afroamericana è emersa anche Diana Ross. Ha presente Upside Down, no? I sintetizzatori non sono il male, se usati con gusto e stile».
Chi altro suona nel disco?
«Giovanni Pallotti al basso, Peter Cornacchia alle chitarre, Davide Sollazzi alla batteria, i miei musicisti storici. In Cambia un uomo la produzione è di Mace e Venerus, che suona anche il piano: cita il riff di Let It Be dei Beatles. In Proibito gli archi sono di Rob Moose, che ha lavorato con Bon Iver e Paul Simon. E poi ci sono cinque coristi di formazione black talentuosissimi, Barbara Comi, Bettah Ferrari, Moris Pradella, Samir Abass e Yvonne Park».
Nove pezzi e solo due duetti, con Gazzelle su Il meno possibile e con Madame su Mi fiderò: sfida la logica della quantità che la fa da padrona nella musica di oggi?
«Io non lo so cosa funziona e cosa no. Ho seguito i miei gusti. Gazzelle lo conoscevo già, aveva scritto per me Calci e pugni. Madame, invece, è una delle voci più soul in giro oggi».
Vasco dice che canta con il sesso.
«È vero. E ha qualcosa da dire, soprattutto».
Si è sentito vecchio vicino a lei?
«Macché. Semmai sono il fratello minore: ha una maturità fuori dal comune, per una 19enne».
Nel testo di Proibito c’è un uomo che si rivolge ad un altro uomo: che significato ha?
«È una riflessione che faccio sull’amore, in senso universale».
Perché parla al maschile?
«Volevo raccontare una delle storie d’amore dei giorni nostri. Parlo anche di come la mia generazione vive i rapporti, di come una relazione dovrebbe essere scambio, rispetto e comprensione, più che rientrare in canoni e schemi».
A chi è dedicata Luce?
«A mia madre. Sembrerò il classico italiano, ma devo tutto a lei. In studio, quando l’abbiamo registrata, eravamo in 14. Se non ci crede le faccio vedere il video».
È vero che sarà ospite fisso al Festival di Sanremo, a febbraio?
«La proposta non mi è ancora arrivata. Io, comunque, non escluderei di tornarci anche in gara, nonostante lo abbia vinto già: resta un palco speciale».
Sta dicendo che ci sarà?
«No. Il disco è già uscito. E poi a febbraio sarò impegnatissimo. Il progetto Materia prevede altri due album».
Quando usciranno?
«Bella domanda. Sto facendo impazzire tutti, dai discografici all’ufficio stampa. Intanto li ho avvisati, poi si vedrà».
Come porterà il suono da club di Materia (Terra) a San Siro e all’Olimpico di Roma, dove si esibirà il 19 e 22 giugno 2022?
«Ricreerò il club nello stadio. Sul palco racconterò la mia maturità artistica. Mi sento pronto».