Il Messaggero, 3 dicembre 2021
I dinosauri italiani
Bruno e già diventato famoso, ma insieme a lui c’è anche Antonio. Entrambi hanno più o meno ottanta milioni di anni e fino al secolo scorso sono rimasti nascosti, sotterrati, vicino a Trieste. Facevano parte dello stesso branco e questo, secondo gli studi durati trent’anni, è il primo gruppo di dinosauri italiani. Nel più importante giacimento paleontologico italiano, secondo gli scienziati, c’erano almeno 7 nuovi esemplari che ancora non si conoscevano. Forse in tutto erano undici e l’esito degli ultimi accertamenti raccontano una storia che in parte era ancora inedita. E che appare sorprendente.
LO STUDIO
Ad analizzare i fossili di Tethyshadros insularis – degli erbivori che raggiungevano almeno i 5 metri e il cui primo individuo battezzato Antonio era stato identificato 30 anni fa – è stato un gruppo di ricerca internazionale coordinato da Federico Fanti dell’Università di Bologna su Scientific Reports. «Finora – ha spiegato Fanti – i reperti di dinosauro trovati in Italia erano dei ritrovamenti singoli, alcuni molto importati come nel caso di Ciro nel Sannio, ma tutti eventi quasi casuali. Il sito del Villaggio del Pescatore vicino Trieste rappresenta invece il primo vero giacimento di fossili di dinosauro italiano». Identificato già 30 anni fa, il Villaggio del Pescatore, nel comune di Duino-Aurisina, a pochi chilometri da Trieste, è sembrato subito un sito archeologico straordinariamente completo e molto interessante per la scienza. Quello friulano era l’habitat di vita di una specie di dinosauro erbivoro che fino a quel momento era sconosciuta e che venne ribattezzata Tethyshadros insularis. Ora il sito ha regalato ora ulteriori sorprese. Gli scavi hanno infatti portato alla luce moltissimi nuovi reperti appartenenti ad almeno sette, o forse addirittura undici, esemplari distinti i cui resti sono stati analizzati da una squadra di ricerca internazionale a cui ha partecipato anche l’università di Trieste.
LA MANDRIA
Una vera e propria mandria di Tethyshadros insularis che si aggiunge al primo individuo scoperto anni fa e che ha permesso per la prima volta di studiare nel profondo questa specie finora considerata una sorta di specie nana. Il più completo dei fossili è un individuo di circa 5 metri, ribattezzato Bruno, un dinosauro erbivoro con un muso che ricorda un becco d’anatra. «Una delle cose più interessanti – ha aggiunto il professor Federico Fanti – è stata scoprire le grandi differenze tra questi resti e quelli rinvenuti 30 anni fa. Nonostante i due individui siano chiaramente della stessa specie sono evidenti delle differenze marcate in alcune caratteristiche ad esempio del muso. Dopo ulteriori e attente analisi siamo giunti alla conclusione che il fossile più antico fosse in realtà un individuo giovane, di almeno cinque anni in meno».
LE NOVITÀ
«Questi nuovi scheletri – ha aggiunto Alfio Alessandro Chiarenza, dell’università spagnola di Vigo e primo autore dello studio – ci permettono di capire meglio la storia evolutiva di un gruppo di dinosauri chiamati hadrosauriformi: i dinosauri a becco d’anatra a cui appartengono Bruno e Antonio». Il confronto dei resti ha permesso di far luce sulle caratteristiche di questo dinosauro considerato fino ad ora una specie con le caratteristiche tipiche degli animali che vivono in ambienti ridotti come le isole. Il confronto ha mostrato che Antonio non era affatto il membro di una specie isolana ma semplicemente un individuo giovane, non completamente sviluppato. «Capirlo è stato possibile solo grazie a tanti resti ritrovati, le analisi al microscopio e al loro confronto», ha precisato Fanti. «Ora sappiamo – ha proseguito – anche che forse il territorio italiano all’epoca non era propriamente fatto da isole ma quanto meno lingue di terra estese e collegate tra loro. Quel che ne emerge al momento infatti è che questa specie avesse in realtà caratteristiche degli erbivori continentali, forse si trattava di animali che vivevano semplicemente ai margini degli ambienti continentali, in zona costiera ma certamente non insulare».