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 2021  dicembre 02 Giovedì calendario

La Germania ha bisogno di importare 5 milioni di lavoratori

Sei anni fa, il 5 settembre del 2015, Angela Merkel non chiuse le frontiere per bloccare l’esodo di migliaia di profughi. In cinque mesi entrarono in Germania oltre un milione di fuggiaschi, e da allora sono stati accolti oltre un milione e 800mila stranieri. Che cosa accadrebbe domani con il nuovo governo?
Nel patto di coalizione tra socialdemocratici, liberali e verdi, a parole si è per facilitare l’accoglienza, ma dipende da chi arriva. La Germania ha bisogno di cinque milioni di lavoratori entro il prossimo decennio. Si dovrà rendere più veloce la procedura per concedere la cittadinanza, che oggi si può chiedere dopo otto anni di permanenza senza aver compiuto reati gravi, e se si conosce in maniera sufficiente la lingua.
Domani si potrà diventare tedesco dopo cinque anni, addirittura dopo tre in casi particolari. Non si parla ovviamente mai di jus soli. Se diventa tedesco il padre o la madre, lo diventano automaticamente i figli minorenni, perché non si possono separare le famiglie. Ma, allo stesso tempo si dovrà rendere più facile l’espulsione di quanti non hanno diritto all’asilo politico, e di chi nell’attesa commetta un reato.
Di fatto, oggi chi entra in Germania finisce in qualche modo per restarci. Non si riesce a espellere neppure quanti sono ritenuti possibili terroristi di aver agito non per bontà ma per gli interessi delle industrie tedesche che anche allora avevano bisogno di mano d’opera. Avrebbe lasciato entrare i siriani, ritenuti i più preparati, operai specializzati, diplomati. Sempre falso: entrarono tutti da ogni paese, e pochi erano in grado di lavorare in una industria moderna.
Non basta un doppio passaporto, per facilitare l’integrazione. D’altra parte, come dimostrano gli immigrati italiani, che sono restii a chiedere la cittadinanza pur dopo decenni di permanenza, si lavora bene e ci si integra, anche senza il passaporto di Frau Angela.
La Merkel ha telefonato due volte a Lukaschenko, preoccupata per i fuggiaschi, forse cinquemila, bloccati alla frontiera tra Bielorussia e Polonia. Ha ottenuto che venissero trattati in modo più umano, e Lukaschenko ha facilitato il ritorno in patria di quanti lo volessero.
Ma Frau Merkel non ha proposto alla Polonia di lasciare passare i profughi per consentirne l?ingresso in Germania, come fece nel 2015 telefonando al Cancelliere austriaco, che era intenzionato a rimandarli indietro verso i Balcani. I fuggiaschi, probabilmente, si sarebbero diretti verso Trieste. Li avremmo lasciati entrare? Ritengo di sì.
Secondo un sondaggio d’opinione, la maggioranza dei tedeschi si preoccupa per le famiglie con bambini bloccate al gelo nella foresta dalla rete di filo spinato alzata dai polacchi. Ma il 65% teme che si ripeta il 2015, con l’arrivo di milioni di fuggiaschi dall’Afghanistan.
La Germania ha altri problemi: non si riesce a contenere l’epidemia, si dovrà ordinare un nuovo lockdown, rendere obbligatorio il vaccino, gli ospedali sono al completo, perfino in Baviera, da sempre la prima della classe. Due malati sono stati trasportati in Italia. L’inflazione ha superato il 5%, forse raggiungerà il 6% entro Natale, mai così alta dal ’92. Meglio rimanere realisti, e limitarsi alle belle parole.
Frau Merkel è al potere ancora per qualche giorno, non ha pieni poteri. Ed è stata criticata soprattutto dai verdi e liberali per avere con le sue telefonate di fatto riconosciuto Lukaschenko. Si sono indignati anche i polacchi. Non si parla con i dittatori, ha commentato la verde Annalena Baerbock, futura ministro degli esteri, che segue la dottrina americana, e rimpiange Obama che, a suo tempo, pretese di escludere la Russia di Putin dal G8. Ma come si risolvono i problemi se non si parla con l’avversario? Il patto di coalizione, per quanto riguarda la politica estera, non dimentica severi moniti ai paesi che non rispettano i diritti umani con cui non si dovrebbero intrattenere rapporti. Il futuro Cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha dovuto pragmaticamente accontentare i verdi. Anche i liberali sono filoamericani ma non dimenticano l’economia. Gli scambi con la Cina sono vitali per l’export tedesco.