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 2021  dicembre 02 Giovedì calendario

Il Tesoro della Lega

L’attenzione finora si è sempre concentrata su Matteo Salvini, ma per capire che fine hanno fatto i famosi 49 milioni di euro bisogna analizzare soprattutto le scelte prese dal suo predecessore. Roberto Maroni – oggi presidente della Consulta contro il caporalato, organismo che fa capo al ministero dell’Interno – è stato infatti il segretario della Lega Nord dal luglio del 2012 al dicembre del 2013: un anno e mezzo in cui il partito ha fatto fuori buona parte della sua ricchezza. Come? Girando soldi a società formalmente estranee al partito, pagando profumatamente alcuni fornitori. E, suggeriscono i bilanci del Carroccio, spostando una parte del denaro all’estero. È questa una delle notizie contenute ne Il Tesoro della Lega, edito da Paper First, libro che cerca di fare luce sui principali misteri finanziari del più antico partito d’Italia, primo fra tutti quello della sparizione dei 49 milioni: denaro pubblico, che dovrebbe tornare ai cittadini italiani, ma che sui conti del Carroccio non c’era praticamente più, quando a metà del 2017 – su mandato del Tribunale di Genova – la Guardia di finanza è andata a sequestrarli. I militari si sono infatti dovuti accontentare di recuperare 3,1 milioni di euro: poco meno di un sedicesimo del totale. Dov’è finito il resto del tesoro? È stato davvero speso solo per iniziative politiche, come assicurano da anni i massimi dirigenti leghisti? Oppure è stato in parte nascosto, come suggerito da Michele Scillieri, uno dei commercialisti che ha lavorato per il partito negli ultimi anni? Ma soprattutto: come ha fatto in tutti questi anni la Lega, con i conti correnti a secco, a finanziare la propria attività politica? Sono le domande principali a cui prova a rispondere il libro, in un viaggio che parte da Umberto Bossi e arriva fino all’Hotel Metropol di Mosca, teatro di una clamorosa trattativa per finanziare la Lega con denaro russo.
Maroni, dicevamo. Il 2013 è il primo anno targato interamente da lui come capo del Carroccio. Dodici mesi in cui la liquidità del partito passa da 23,2 milioni a soli 6 milioni. In pratica, l’ex ministro dell’Interno è riuscito a spendere quasi un milione e mezzo di euro al mese. “C’era stata una tripla campagna elettorale”, è stata la stringata spiegazione fornita nel 2019 a L’Espresso. Maroni, però, non è mai voluto scendere nel dettaglio, tanto da non aver risposto alle domande inviategli per il libro. Stesso atteggiamento da parte di Stefano Stefani, allora tesoriere del Carroccio, e dai due membri del comitato amministrativo del partito, Silvana Comaroli e Roberto Simonetti: nessuno di loro ha voluto spiegare come sono stati spesi tutti quei soldi in un solo anno. Qualche informazione emerge però dai bilanci del partito e da alcuni documenti inediti. Come la fattura numero 10104, che racconta uno strano pagamento avvenuto quell’anno: 773mila euro usciti dai conti ufficiali della Lega per finire su quelli di Editoriale Nord, cooperativa formalmente estranea al Carroccio (che editava ai tempi il quotidiano la Padania), i cui conti non furono infatti sequestrati dalla Finanza. La stranezza sta nel fatto che – c’è scritto sulla fattura – nel maggio del 2013 la Lega Nord, con Maroni segretario federale, ha acquistato 20.613 abbonamenti online de la Padania. Abbonamenti per soli quattro mesi, da maggio ad agosto del 2013, per un costo totale di 773mila euro. Perché comprare oltre 20mila abbonamenti (un numero infinitamente superiore alla somma di dipendenti e politici eletti dal Carroccio) al quotidiano la Padania, mentre l’inchiesta giudiziaria per truffa procedeva e la possibilità del sequestro si avvicinava? Chi usufruì di quegli abbonamenti? Come detto, né Maroni né gli allora responsabili amministrativi del partito hanno voluto chiarire. E lo stesso hanno fatto su un altro argomento: il possibile trasferimento di soldi all’estero. Scorrendo il bilancio della Lega relativo al 2013 e confrontandolo con quello dell’anno precedente, infatti, balza all’occhio una differenza. Mentre nel 2012 la Lega dichiarava che “tutte le disponibilità liquide sono depositate presso istituti di credito, enti creditizi o finanziari in Italia”, l’anno seguente la frase cambia. E si trasforma in: “Le disponibilità liquide sono depositate in massima parte presso istituti di credito in Italia”. Massima parte significa in teoria che una fetta della liquidità è stata frattanto trasferita all’estero. Un fatto inedito, su cui nessun dirigente del partito ha finora mai fornito un chiarimento.