Corriere della Sera, 2 dicembre 2021
L’addio a Virgil Abloh
Nessuno chiede il silenzio ma il silenzio cala, struggente, nel finale della collezione Louis Vuitton uomo omaggio a Virgil Abloh, lo stilista morto domenica scorsa a Chicago, a 41 anni, per una rara forma di tumore al cuore. In silenzio dopo che tutti i modelli (un’ottantina) sono usciti e in 1.800 si ritrovano muti, immobili, con lo sguardo rivolto verso il cielo scuro e gli occhi rossi colmi di lacrime. In silenzio anche quando partono i fuochi d’artificio. In silenzio quando tutti lasciano le gradinate. Solo alcuni “fratelli” si abbracciano e piangono. Durante lo show hanno anche sorriso e rappato al ritmo della musica riadattamento in chiave jungle e hip-hop di Amen Break dei Winston, il tema d’ispirazione della collezione. Ma a luci spente la realtà é che Abloh non ci sarà più a raccontare del loro mondo e delle contaminazione e delle sottoculture e dei pregiudizi.
Kim Kardashian arriva fra gli ultimi. La ritardataria Rihanna ce la fa, al limite, presentandosi con il compagno Asap Rocky. Mentre Maluma è fra i primi con Jonathan Anderson, Joan Smalls, Pharrell, Ricky Martin, Venus Williams, Jesse Williams, Francesco Ragazzi, Delfina Delettrez, la famiglia Arnault al completo. E poi Michael Burke, presidente e Ceo di Louis Vuitton, che prende la parola prima dello show e con un filo di voce racconta del genio di Abloh, di come lo ha conosciuto, della strada fatta insieme e del dolore e dello sgomento di fronte a una morte così improvvisa.
Un omaggio toccante, sì con la grande mongolfiera rossa ad occupare l’orizzonte che per lo strano effetto del fuoco che l’alimenta sembra un enorme cuore pulsante. Il cuore di tutte le persone che hanno voluto esserci, arrivando in barca o in auto al Marine Stadium, mecca un tempo degli sport acquatici. Costruito da un’esule cubano nel 1963, Hilario Candela, e poi abbandonato. È lo sfondo “underground” perfetto con le sue gradinate decadenti tutte un graffito. Lo show è di fronte su di una immensa piattaforma galleggiante costruita ad hoc. Un’organizzazione incredibile che era stata orchestrata da Virgil in persona.
La collezione uomo Louis Vuitton per l’estate prossima è quella presentata nel giugno scorso che indagava sulla cultura rave, sugli scacchi e sulle arti marziali alla quale lo stilista americano di origini ghanesi ha lavorato sino a venerdì scorso, prima di sentirsi male a Chicago, poi il ricovero e l’arresto cardiaco per un tumore (rarissimo) al cuore diagnosticato nel 2019. La moglie Shannan ha acconsentito che la sfilata si svolgesse consapevole che Virgil avrebbe voluto così. Per lei la maison ha allestito nella sua casa un collegamento speciale per assistere e sentire l’affetto di tutti gli ospiti.
Tanti gli effetti a sorpresa: dal discorso di Burke, alle parole registrate di Abloh, al luogo (una piattaforma galleggiante), alla mongolfiera e all’immensa statua dello stilista. Un gigante che guarda il cielo mentre aeroplani di carta luminosi lo solcano e un’enorme scritta «Virgil was here» si compone con piccole luci volanti. «Elementi ricorrenti come aeroplani di carta e mongolfiere appartengono a questa nozione: l’immaginazione incontaminata di un bambino, che sogna di volare», sono fra le ultime parole scritte da Virgil e consegnate la settimana scorsa per essere inserite in cartella stampa. Alla domanda «come descriveresti la sfilata?» risponde: «La collezione nasce dal desiderio di cancellare i pregiudizi inconsci legati a determinati codici di abbigliamento basati sul modo in cui la società ci programma a pensare crescendo». «Lui era proprio tutto questo» dice e poi scappa via Francesco Ragazzi, stilista di Palm Angels, il brand che con Off-White di Abloh e County of di Marcelo Burlon avevano cominciato l’avventura (nel 2015) insieme per il Newguards Group. Già, un sognatore che ci mancherà.