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 2021  dicembre 02 Giovedì calendario

Intervista a Salvatore Benintende, ovvero lo street artist che ha unito Di Maio a Salvini in un bacio

Che cos’è un bacio? Un’opera realizzata su carta e incollata di notte su un muro metropolitano. Il Cyrano dei nostri tempi è Salvatore Benintende, ha 41 anni ed è un palermitano che vive da tempo a Barcellona, e al siciliano mescola il catalano, dando vita a una piacevole parlata molto mediterranea. Salvatore in arte è TvBoy, street artist tra i più celebri nel continente, e affronta queste settimane con due svolte nella vita: la prima è che le sue opere, settanta, passano dalla strada al museo, seguendo un percorso simile a quello di altri colleghi, su tutti l’imprendibile Banksy; la seconda è che chiude con il ciclo di opere sul bacio, che tanto l’hanno reso celebre, a partire da quello tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
TvBoy dice stop ai baci, è vero?
«Sì, chiudo qua, non voglio essere ricordato solo per essere l’artista che fa baciare personaggi».
Eppure deve molto a questa lunga serie di opere...
«Assolutamente, ma voglio cercare filoni nuovi, desidero smarcarmi dalle etichette».
Parliamo di “Amor Populi”, ovvero il bacio tra Di Maio e Salvini? Quel blitz notturno sui muri di Roma ha aperto squarci anche sull’idea di censura...
«Credo che quel bacio poi censurato abbia creato più problemi a loro che non a me che l’ho fatto oppure a chi è riuscito a vederlo. Perché quando è talmente evidente che vuoi nascondere qualcosa, il messaggio ti torna contro. All’inizio mi dava fastidio vedere censurate le mie opere, poi ho preso coscienza del fatto che invece è la forza di quel faccio, la forza rivoluzionaria della street art».
E quindi la accetta?
«Sì, la accetto come fosse l’happening di una storia, anche quello che succede dopo fa parte del tutto, compreso osservare chi viene mandato per rimuovere l’opera, la polizia che prende le impronte per capire chi può essere stato, che poi basterebbe andare su google e cercare...».
A proposito di baci: da Salvini e Di Maio a Ronaldo e Messi, qual è il messaggio che vuol trasmettere con la sue creazioni?
«Quello della necessità dell’incontro tra gli opposti».
Parliamo degli street artist: è la piega naturale della vostra storia finire in un museo?
«Un dibattito aperto. Parlo per me: la mia grande emozione sta nel vedere per la prima volta raccolti tutti assieme, in un unico spazio, i miei lavori. Il modo di esprimermi è adesso fruibile e sentivo questa esigenza. Anche perché quasi tutto quello che faccio viene rimosso a tempo di record».
Ma l’effimero non è il bello dell’arte sui muri?
«Certo, ma resta l’amarezza perché la volontà dei nostri interventi è quella di condividere con tutti l’opera su un muro. Poi ci sarà chi apprezza o chi si sente offeso, ma è condivisa».
Rinuncia al bacio, allora, ma non ai suoi blitz notturni?
«Assolutamente, e porto avanti idee nuove».
Quali?
«In questo momento osservo il Mediterraneo, mi piace occuparmi del tema dei migranti e dei rifugiati, sono stato a bordo della nave Open Arms per rendermi conto da vicino di quello che accade. E poi c’è Greta, i temi dell’ambiente e quelli dei diritti. Qui in Italia il tema delle coppie dello stesso sesso è un tabù, in Spagna, dove vivo, sono più avanti. In generale traggo ispirazione dai giornali, da lì mi vengono nuove idee».
La mostra è ospitata al Mudec di Milano. Proprio davanti al museo, qualche anno fa aveva fatto un blitz...
«Era un murale in occasione della mostra su Banksy, con uno street artist incappucciato, ritratto di spalle, che gioca sull’ambiguità tra Official e Un-official, come quella mostra. Da quell’episodio è nato un dialogo, il progetto è nato così».
Mostra che sarà accompagnata da un libro...
«Esatto, un libro e non un catalogo. Racconta la mia storia, con la prefazione di Oliviero Toscani, da sempre uno dei miei punti di riferimento». —