La Stampa, 2 dicembre 2021
Intervista a Maria Elena Boschi
Maria Elena Boschi ha appena incontrato Mario Draghi quando risponde per l’intervista. Con la delegazione di Italia viva ha illustrato al premier le posizioni del partito sulla manovra. Il premier è tranquillo – assicura – nonostante le turbolenze della maggioranza. Certo, «andare a votare serve a qualche partito», secondo la capogruppo di Italia viva alla Camera, a cominciare dal Pd perché Enrico Letta «vuole cambiare i gruppi parlamentari nei quali non incide per nulla». Ma il Pd, aggiunge, «deve scegliere»: se sta con il M5S le strade con Iv si separeranno.
Il premier è preoccupato per le fibrillazioni nella maggioranza sulla manovra?
«Non mi sembra. Draghi sta lavorando bene. Un anno fa andavamo a Chigi per confrontarci con un Conte palesemente non all’altezza e nel mezzo di una crisi con l’Italia in ginocchio per la pandemia. Oggi andiamo a Chigi e troviamo Draghi, un premier competente, il miglior piano di vaccinazioni al mondo, una ripresa economica straordinaria. È passato un anno, ma sembra un secolo».
Renzi è preoccupato per le sorti della legislatura, Letta dice che se i partiti di governo si spaccano sul Quirinale si rischiano le elezioni. Il governo Draghi reggerà al voto per il Colle?
«Spero di sì. Andare a votare serve a qualche partito, andare avanti serve al Paese».
Ma perché Letta dovrebbe voler andare a votare presto?
«Perché vuole cambiare i gruppi parlamentari nei quali non incide per nulla. Allo stesso modo Conte, Salvini e Meloni preferiscono il voto nel 2022 perché più utile per i loro partiti. Noi invece siamo concentrati su ciò che serve all’Italia».
Negli ultimi giorni sta crescendo il partito di quelli che chiedono a Draghi di restare a Palazzo Chigi…
«Quelli che oggi dicono “Draghi per sempre” sono gli stessi che ieri dicevano “Conte o morte”. Noi abbiamo sempre sostenuto Draghi. E per questo pensiamo che sia inutile il gioco del bruciare ogni giorno un candidato. Chi sa come si elegge un presidente della Repubblica sa che le vere scelte si fanno alla fine: parlarne adesso è solo un esercizio dialettico. Le scelte si fanno a gennaio: fino ad allora lasciamo che Mattarella e Draghi svolgano il loro lavoro bene come hanno sempre fatto».
Non le chiedo un nome per il Quirinale, ovviamente non lo farebbe. Ma può indicare almeno un profilo?
«Europeista, atlantista, garantista, uomo o donna delle istituzioni. In linea con Ciampi, Napolitano e Mattarella».
Più volte in queste settimane avete votato con il centrodestra mandando sotto la maggioranza. Romano Prodi vi considera ormai già a destra.
«Ho sempre avuto stima per Prodi tanto da votarlo nel 2013 come presidente della Repubblica, ma oggi faccio fatica a riconoscerlo. A destra ci stanno Meloni e Salvini, non Renzi. Il governo con la Lega lo ha fatto il M5S di Conte, non noi. Se Prodi non vede la differenza significa che è accecato dal risentimento perché nel 2015 Renzi gli ha preferito Mattarella per la corsa al Quirinale. A distanza di sette anni posso dire che ha fatto bene».
Continuate a dire «mai con il M5s». Ma il Movimento sta cambiando molto, basta vedere il sì al 2 per mille. Non c’è spazio per sedersi al tavolo?
«Dicono sì a tutto ciò che hanno combattuto. Ora a loro va bene anche il finanziamento pubblico ai partiti. Vedere Di Maio applaudire Macron dopo essere stato dai Gilet Gialli, stare accanto a Mattarella del quale voleva la messa in stato di accusa è il simbolo della loro ipocrisia. Non sono statisti, sono opportunisti. Ma anche per questo sono destinati a sparire più velocemente del previsto».
C’è un dato oggettivo: al centrosinistra per competere serve anche il 15% che i sondaggi attribuiscono a M5s.
«Lei mi insegna che i sondaggi cambiano costantemente. Manca un anno e mezzo alle elezioni e se penso ai sondaggi di un anno e mezzo fa ricordo la Lega al 35% e I grillini non lontano. Tutto cambia. Io penso che i 5 stelle si scinderanno ancora e che Conte deve votare nel 2022 perché se si va al 2023 Di Maio lo fa fuori».
Ma col Pd sembra ormai rottura. E avete assicurato che non farete accordi con la destra sovranista. Andrete da soli alle prossime elezioni?
«Non saremo mai con Salvini e Meloni che sono sovranisti. Ma non saremo nemmeno con Conte e Taverna che sono populisti. Il Pd scelga. Se preferisce allearsi con Toninelli anziché con Bellanova vorrà dire che non ci sono più i compagni di una volta e ne prenderemo atto. Se il Pd sposa i populisti noi lavoreremo per una casa comune liberal democratica e certamente riformista». —