Corriere della Sera, 1 dicembre 2021
Intervista a Georgios Papandreou
«La sinistra deve ridare al popolo il senso di essere rispettato e ascoltato».
Georgios Papandreou torna nell’agorà politica greca. L’ultimo premier socialista è in lizza nelle primarie di domenica per la presidenza del Movimento per il Cambiamento, il partito di centro-sinistra, di cui fa parte anche l’ex Pasok. Papandreou, 69 anni, fu costretto a dimettersi nel 2012, sull’onda della crisi finanziaria, quando la sua idea di un referendum sulle misure di austerità venne bocciata dai leader europei e dai suoi oppositori interni.
Dopo tutti questi anni, cosa la motiva e perché pensa di poter fare la differenza?
«La crisi finanziaria è stato un periodo doloroso per la Grecia, i greci e anche per me. Ho dovuto prendere decisioni molto difficili. Ma ora la gente capisce che erano giuste e tutti i governi venuti dopo hanno seguito la stessa strada. I greci hanno anche capito che il dissesto non era colpa del Pasok, ma del precedente governo di destra. Ci fu anche una responsabilità dell’Ue, per il modo in cui la crisi venne affrontata all’inizio, quando la Grecia fu accusata di essere la pecora nera e non venne aiutata a fare dei cambiamenti. Poi venne Mario Draghi e calmò i mercati. Certo, avevamo anche noi le nostre responsabilità, ma sono orgoglioso di dire che le riforme fatte sotto il mio governo, contro la corruzione e per la trasparenza, erano giuste. Allora parlavo di investimenti verdi e le persone mi guardavano strano. Penso di poter riunire il partito e le forze progressiste oggi disperse».
Lei ritorna in campo in un momento di rinascita della sinistra in Europa: Norvegia, Svezia, Italia e non ultima Germania. È una nuova dinamica? Quali sono le idee trainanti?
«Dobbiamo rendere i nostri valori di base rilevanti per il mondo di oggi. L’economia è molto più diversificata che in passato, ma dobbiamo dare dignità, o rispetto come dice Olaf Scholz, a tutti. C’è molta insicurezza. C’è il fenomeno globale dei precari, decine di milioni di persone che lavorano con salari di fame e nessuna sicurezza che anche il giorno dopo avranno quel posto. È necessario garantir loro reddito di base, assistenza sanitaria, istruzione, affitti a prezzi ragionevoli: ogni essere umano ha diritto a essere trattato con dignità e rispetto. E occorre anche rassicurare le persone di fronte alle grandi crisi come pandemie, cambiamenti climatici, migrazioni».
Scholz e la dignità
L’economia è cambiata Dobbiamo dare a tutti dignità, o rispetto come dice Olaf Scholz
Quale dovrebbe essere l’agenda di una sinistra moderna sulle migrazioni?
«Ascoltare la voce delle persone, di chi ha la percezione di non esserlo. Avere una voce è un elemento cruciale delle democrazie. La sinistra deve tornare all’idea dell’isegoria, l’uguaglianza del diritto di parola, uno dei principi democratici nella Grecia antica. Più partecipazione e meno concentrazione del potere, che mina la democrazia. Oggi alcuni attori – le grandi piattaforme, l’industria finanziaria e farmaceutica e pochi altri – dominano il campo. La multa inflitta dall’Antitrust in Italia per l’uso commerciale di dati personali è importante. Quando il popolo capisce che non ha influenza, nascono paure e si cercano i colpevoli. Le forze populiste si alimentano di questo. Dobbiamo restituire alle persone il senso della loro dignità. Sull’immigrazione occorre seguire due principi: primo, costruire una cultura della solidarietà verso chi fugge da guerre, carestie, dittature poiché non sono invasori ma gente che ammira i nostri valori e provare a integrarli. Secondo, tenere i numeri sotto controllo. Non è facile, ma bisogna conciliare la necessità dell’integrazione con il senso di sicurezza dei nostri cittadini, perché non si sentano dimenticati».
Una crescente irrazionalità emerge nelle nostre società: no vax, complottisti. Come deve affrontare il problema la sinistra?
«Bacchettare o trattare con sufficienza queste persone non funziona, rafforza solo le loro convinzioni. Dobbiamo guardare alle cause più profonde, che ci riportano ai temi già discussi. Vorrei una società più giusta, attenta, inclusiva. In una campagna di vaccinazione dovremmo metterci a un tavolo con i medici, le comunità locali e ascoltare, rendendo queste persone parte della soluzione e non del problema. Dobbiamo aiutarle a diventare dei nuovi cittadini».
Lei torna in campo proprio mentre la sua nemesi, Angela Merkel, esce di scena dopo 16 anni. Vive questa coincidenza come una rivincita?
«Non era la mia nemesi, ma la mia interlocutrice. Merkel non vide che la crisi finanziaria poteva essere chiusa in modo dignitoso per la Grecia e i greci. Una cosa che fa male ancora oggi è che i greci furono additati come fannulloni, corrotti, disonesti. È tornata in Grecia di recente e ha ammesso che allora fu troppo dura. Ricordo la sua ossessione che le misure di austerità dovessero far male. Forse un giorno ne parleremo in modo rilassato. Sono convinto che pensasse veramente che fosse nel nostro interesse, che avremmo imparato. Personalmente Merkel è piacevole. Ma non capì che stavamo lottando per un vero cambiamento. Non era solo l’economia, le nostre istituzioni erano deboli, aperte a imbrogli, corruzione, clientelismo, accordi nascosti. Io avevo iniziato a cambiarle, ma avevo bisogno di tempo. Speravo che l’Ue e la Germania lo avrebbero concesso, ma non fu così e sappiamo le conseguenze. Anzi, Merkel usò i mercati per far pressione su di noi. Nel tempo però è cambiata in meglio. Ha tenuto insieme l’Europa e alla fine, con il Next generation Eu, ha fatto un grande passo verso la solidarietà finanziaria».