Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  dicembre 01 Mercoledì calendario

Intervista a Letizia Moratti

Milano Un anno fa, con il Covid implacabile e le criticità esasperate, la Lombardia non sembrava più la Lombardia. Ci voleva l’elmetto all’assessorato della Sanità. Letizia Moratti è arrivata con il caos dei vaccini, la medicina territoriale isolata, le polemiche con il governo. Ha cambiato la squadra, ha messo la Lombardia in carreggiata con le vaccinazioni, è stata la più efficiente nelle somministrazioni con l’aiuto di Guido Bertolaso e del generale Figliuolo: da Regione sotto accusa si è rivelata tra le più efficienti e virtuose a livello mondiale nella campagna di immunizzazione, insieme a Portogallo e Israele. Adesso comincia la fase due. È passata la riforma della Sanità regionale. I critici dicono che non tocca i punti essenziali, che è un modo per cambiare senza cambiare. Lei dice tutto il contrario. Cambierà molto. Si punta sul territorio, si investe su case e ospedali di comunità, verrà regolata la governance tra pubblico privato. E si accolgono le indicazioni dell’Europa e del Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Siamo la prima Regione a farlo», spiega.
La lezione della pandemia impone una medicina rapida, più vicina alla gente. La riforma approvata ha questo obiettivo. Si partirà dal nuovo ruolo dei medici di base?
«Certamente avranno un ruolo fondamentale, rafforzato. Ma questo documento non è una legge che stravolge quella precedente: la sanità lombarda era ed è una sanità di eccellenza. Il Covid ha messo a nudo alcune debolezze, soprattutto sul territorio e sulla cura di prossimità. Noi vogliamo intervenire e migliorare proprio lì».
Cosa prevede?
«Pensiamo a una strutturata e qualificata rete di specialisti ambulatoriali, medici di famiglia e pediatri, per garantire ai cittadini un’efficiente assistenza sanitaria che porterà a una minore pressione sugli ospedali, con l’abbattimento delle liste d’attesa».
Come verranno distribuite queste strutture in una regione di dieci milioni di abitanti?
«A regime ci saranno 203 nuove case e 60 ospedali di comunità: ad oggi ne sono previste 115 e 53, con un investimento di 488 milioni sul totale di miliardo e 200 milioni di euro assegnati alla Lombardia nella fase uno del Piano».
E i tempi? Spesso agli annunci non seguono i fatti…
«Entro il mese di dicembre si concluderanno i progetti di fattibilità tecnica ed economica per gli immobili del sistema sanitario regionale. Con questa accelerazione, appena saranno assegnate le risorse dal ministero, il 40 per cento delle case e degli ospedali di comunità verrà realizzato entro il 2022. Un altro 30 per cento nel 2023...».
Come farà a convincere i medici di famiglia a lavorare in team sul territorio? Sono liberi professionisti. I suoi predecessori non ci sono riusciti. Li assumerà la Regione?
«Il vero problema è organizzativo: ed è un passaggio fondamentale che abbiamo affrontato con il governo. Bisogna intervenire. Se la situazione non verrà risolta a livello nazionale e in modo strutturale, credo che inevitabilmente si dovrà percorrere quella strada».
È il passaggio più delicato.
«Per dare attuazione al Pnnr e fare in modo che nelle case di comunità ci siano i medici necessari è auspicabile una loro diversa organizzazione. Ne abbiamo parlato con il ministro Speranza. Speriamo si venga incontro a queste richieste».
Le nuove strutture
A regime ci saranno 203 nuove case e 60 ospedali di comunità. Investiamo 488 milioni su 1,2 miliardi assegnati
nella fase 1 del Pnrr
Lei ha anche messo a confronto l’impegno dei medici ospedalieri con quello, a volte scarso, dei medici di base. Conferma?
«Non bisogna fare di tutta l‘erba un fascio. È evidente che abbiamo medici di base bravissimi che svolgono il loro lavoro con passione e abnegazione. Non posso dimenticare i sacrifici e quello che hanno fatto durante la pandemia, mettendo a repentaglio la propria incolumità. Qualcun altro però no. Quella mia considerazione nasceva alla luce di molte segnalazioni alla Direzione welfare…».
Immaginiamo proteste dei cittadini per il medico che non visita a casa…
«Subito dopo l’enfasi di quell’affermazione mi sono arrivati tantissimi messaggi di persone che mi dicevano di aver colto nel segno. Ma il mio era uno sprone per un obiettivo comune e di sistema, fatto di risposte e di servizi alla collettività. È l’organizzazione sul territorio che va rivista anche prendendo esempio dal modello di alcuni Stati europei».
Ci sarà un maggiore coinvolgimento dei Comuni?
«Il confronto con i sindaci è un passaggio fondamentale. La legge approvata valorizza il loro ruolo sia all’interno dei distretti territoriali sia verso una integrazione e un maggior dialogo con i servizi sociali».
Pubblico e privato accreditato. Rapporto sbilanciato a favore del privato secondo i medici del servizio pubblico. Ci saranno correttivi?
«Questa lettura non è veritiera. Abbiamo nel pubblico eccellenze a livello mondiale: nove delle nostre strutture sono nei primi 14 posti tra gli ospedali in Italia e cinque ospedali lombardi sono tra i migliori 25 al mondo. La sanità privata ha un ruolo integrativo alla sanità pubblica. E durante la pandemia ha rappresentato un importante supporto al pubblico. Anche in chiave post pandemica questo apporto sarà fondamentale per consentire il recupero delle liste di attesa».
Non sempre la competizione è ad armi pari: il pubblico ha vincoli, il privato ha facoltà di scelta sulle patologie
«Continuo a pensare che la competizione virtuosa tra pubblico e privato possa rappresentare uno dei punti di forza della sanità lombarda. Ma con questa legge andremo a rafforzare il controllo di indirizzo della Regione sul privato. La centralità della sanità pubblica non è in discussione».
Che differenza c’è con la riforma dell’ex governatore Formigoni?
«Siamo di fronte a contesti diversi in anni diversi. Abbiamo avuto la pandemia, il crescere delle cronicità, l’avanzare di nuove patologie e l’affiorare di criticità nel campo della neuropsichiatria. Senza contare i nuovi farmaci e l’innovazione tecnologica. Con questa legge andiamo a concretizzare la messa a terra della sanità di prossimità con tempi e risorse certe, la medicina con più servizi e tecnologie sulla porta di casa del paziente».