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 2021  dicembre 01 Mercoledì calendario

Intervista a Lang Lang


Si chiama Wilson e ha appena compiuto dieci mesi. Sì, l’hanno già messo al piano: pare che gli piaccia. Molto. Questione di genetica. La mamma è Gina Alice Redlinger, pianista tedesco-coreana. E il papà è Lang Lang, «uomo brillante» secondo la traduzione del suo nome, star del concertismo globale, folgorato appena più grande di Wilson da un cartone animato musicale di Tom e Jerry visto in tivù, e da tempo, secondo il New York Times, «l’artista più bollente della musica classica». Cento milioni di dischi venduti e un numero stratosferico di follower sui social occidentali e sui siti cinesi di microblogging, il dragone orientale dalla tecnica strabiliante ha 39 anni. Di recente gli sono capitate un sacco di cose. Come ci racconta per telefono a pochi giorni dal suo ritorno in Italia con due concerti, il 3 alla Scala e il 6 a Santa Cecilia.
Allora, Lang Lang, riassumiamo: un lungo periodo di stasi per colpa di una tendinite al braccio sinistro, poi la pandemia. Poco prima, a giugno del 2019, un matrimonio parigino con ricevimento nella reggia del Re Sole, e Plácido Domingo e Bianca Jagger fra gli ospiti.
«Di Versailles sono ambasciatore culturale, ci pareva un posto perfetto per sposarci».
E poi l’arrivo di Wilson, e il traguardo, finalmente, della registrazione e dell’esecuzione in pubblico di un capolavoro musicale che stava studiando da vent’anni, le Variazioni Goldberg di Bach. Da dove vogliamo cominciare?
«Cominciamo dalla fortuna che ho avuto, perché nei lockdown ho potuto stare per tanto tempo vicino alla mia famiglia. Sì, queste circostanze mi hanno molto maturato. Mi sento un uomo diverso, e sono anche un pianista differente».
Magari meno muscolare, meno spettacolare?
«No, il senso dello spettacolo resta eccome, il mio stile anche. Bach, piuttosto, mi ha cambiato la testa, il modo di pensare. Vede, non si è trattata di una sfida tecnica in senso stretto, anche se ho lavorato molto intensamente. Fin dal 2016 con il grande maestro Nikolaus Harnoncourt, che ora non c’è più. E poi con Andreas Staier, in Germania, per tre anni, approfondendo il clavicembalo e l’organo barocco. È diverso l’atteggiamento psicologico. Nel barocco devi far sentire tutte le voci del brano che stai suonando: ognuna, in un certo senso, ha diritto di cittadinanza, e questo finisce per aprirti la mente».
Tra l’altro, la febbre del barocco sta infiammando molti giovani ascoltatori, che lo trovano più abbordabile dello stile classico o romantico, e magari fanno la fila per le opere del Sei-Settecento.
«Pensi anche a quanto sia un modo di far musica più libero, che invita all’improvvisazione. Ogni serata è diversa. Il pubblico lo capisce. E partecipa».
In apertura dei suoi concerti a Milano e a Roma, lei eseguirà un brano ottocentesco molto prezioso, l’Arabesque opera 18 di Robert Schumann.
«Sarà una specie di preludio sognante, di preparazione. Prima delle Goldberg il pubblico ha bisogno di entrare in uno stato di calma, di serenità».
Wilson le ha di certo cambiato la vita.
«È un bambino meraviglioso e ci dà molta gioia».
Ma lei non aveva bisogno di diventare padre per interessarsi all’educazione delle giovani generazioni. Come procede la sua fondazione?
«Molto bene. Ci occupiamo dell’insegnamento musicale per i ragazzi svantaggiati e abbiamo aperto centinaia di scuole nel mondo. È un compito che dà un senso alla mia vita».
Con lei hanno usato un metodo educativo brutale: suo padre ha abbandonato il lavoro di poliziotto per seguirla a Pechino dove vivevate in ristrettezze e l’ha costretta a lunghe ore di esercizio. Come pensa di comportarsi con Wilson?
«Non certo in maniera così dura. Però vogliamo che cominci presto, e i primi segnali sono molto incoraggianti: quando lo mettiamo davanti al piano ha l’aria davvero di divertirsi».
Come mai mancava da tanto tempo dall’Italia?
«È successo e mi spiace moltissimo. Ho ricordi molto belli della Scala, dove l’ultima volta suonai con il mio amico Herbie Hancock, di Santa Cecilia e in generale dell’Italia. Chi fa musica e cultura da voi si sente a casa. È sempre un onore».
Nuovi progetti, nell’agenda più affollata dello showbiz?
«Tanti, alcuni ancora segreti per un po’. Intanto la registrazione del Carnevale degli animali di Saint-Saëns. Poi molti concerti. Si ricomincia a tempo pieno, per fortuna». —