La Stampa, 1 dicembre 2021
La corsa di Zemmour
Si è lanciato, finalmente: la falsa suspence durava già da troppo tempo. Eric Zemmour, giornalista e star televisiva del sovranismo, ha deciso di candidarsi alle presidenziali del prossimo aprile, dopo quattro mesi trascorsi a presentare il suo ultimo libro, in giro per la Francia: una trottola impazzita, una sorta di pseudocampagna. Ma, dopo essersi imposto nei sondaggi già da settembre, Zemmour ha subito una frenata: il giocattolino non funziona più. E così avrebbe anticipato i tempi della candidatura, per darsi un nuovo slancio, malgrado pensasse di aspettare ancora. Lo ha fatto con un video postato su YouTube, che nella sostanza ribadisce il suo messaggio da sempre, quello di una Francia da salvare dall’islam e dall’immigrazione. Nella forma appare angosciante e ansiogeno, mentre scorrono scene di violenza urbana, quasi il Paese fosse ridotto a una quotidiana «Arancia meccanica». L’incubo.
Tutto è studiato nei dettagli. La scenografia è quella dell’appello del generale De Gaulle del 18 giugno 1940, quando, dagli studi della Bbc a Londra, incitò i francesi a lottare contro i nazisti, accanto ai britannici. Si sa, nella Francia di oggi De Gaulle funziona sempre: tutti ne ostentano la nostalgia, dalla sinistra alla destra, passando per Macron. Lo stesso grosso microfono d’antan e una libreria di antichi volumi alle spalle, Zemmour legge un testo in maniera solenne. Si ascolta, in sottofondo, il secondo movimento della settima sinfonia di Beethoven. «Non c’è più tempo per riformare la Francia – dice -, ma solo per salvarla».
Parla con nostalgia di un Paese perduto, «dei cavalieri e delle gentili dame», «del Concorde e delle centrali nucleari», «di Brigitte Bardot e di Belmondo» (il quale, morto agli inizi di settembre, solare e ottimista fino alla fine, di certo non avrebbe apprezzato di essere associato a una messa in scena tanto lugubre). Insomma, il rimpianto della Francia di prima degli anni 70, «della quale i nostri figli hanno la nostalgia, senza averla conosciuta». Prima che ci fosse l’immigrazione. «Voi siete esuli dell’interno, che si sentono stranieri nel proprio Paese». Un riferimento anche agli intellettuali che per lui rappresentano il politicamente corretto (con tanto di foto, tipo Jacques Attali e Bernard-Henry Lévy). Si arriva alla candidatura, dopo dieci minuti di proclama, senza che si accenni a un vero programma, a parte «la volontà di reindustrializzare la Francia» e di «ripristinare l’eccellenza della scuola repubblicana».
Funzionerà? Nei sondaggi relativi al primo turno delle presidenziali del prossimo aprile, Zemmour si era piazzato a lungo al secondo posto (con una quota di consensi intorno al 17%), dietro a Emmanuel Macron e superando Marine Le Pen, la rivale del polemista nell’estrema destra. Ma nei giorni scorsi Zemmour è sceso al 13% e Le Pen è risalita intorno al 19-20%, con Macron saldo in testa (23-24%). Perché diverse dichiarazioni del sovranista hanno provocato polemiche. E ancora di più una foto, scattata sabato scorso, durante una trasferta a Marsiglia, nella quale ha fatto il dito medio a una passante. Non proprio il gesto degno di un Presidente… Ieri sera Zemmour è stato intervistato al tg serale di Tf1, quello più visto in Francia. E ha definito quel gesto «poco elegante», ma «il frutto dell’esasperazione di una folle giornata», durante la quale, nella città del Sud, è stato contestato perennemente (e pure la donna, alla quale si rivolgeva, aveva appena fatto il dito medio al futuro candidato).
Al di là del recupero di credibilità, un’altra sfida più prosaica attende Zemmour nei prossimi giorni. Secondo la legge francese, perché la sua candidatura sia ufficializzata, deve ricevere il patrocinio (concretamente la firma) di almeno 500 sindaci (che possono decidere di farlo, anche se non sono d’accordo con lui, ma in nome della democrazia e della libera scelta elettorale). Per il momento la sua équipe è ferma a poco più di 250. Per loro è una vera corsa contro il tempo.