Il Messaggero, 1 dicembre 2021
Intervista a Monica Bellucci
Nei panni di una bionda mitologica come Anita Ekberg. È l’ultimo trasformismo di Monica Bellucci dopo essere stata Maria Callas a teatro. The Girl in the Fountain di Antongiulio Panizzi, presentato in anteprima al Torino Film Fest e in sala per due giorni, oggi e domani, è un film documentario in cui la nostra diva internazionale interpreta una nota attrice invitata a impersonare la Ekberg. La seguiremo cimentarsi nella sfida mentre interviste e immagini di repertorio rievocano le vicende burrascose dell’attrice svedese resa immortale da quel bagno nella Fontana di Trevi per il Fellini de La dolce vita (1960).
Qual è stata la sua prima reazione alla proposta del film?
«Ma perché me? Non pensavo di avere niente in comune con la Ekberg, a partire dal fisico. Poi mi sono innamorata dell’idea alla base del progetto, ovvero mostrare il processo di creazione di un’attrice. Come si cambia fisicamente, il lavoro che si fa con il regista, la presenza della coach dei dialoghi e il ruolo del costumista».
Lei dice nel film che, a differenza della Ekberg, si è più protetta. Che significa?
«Abbiamo vissuto due epoche di divismo al femminile opposte. Lei arrivava nel dopoguerra come donna libera, indipendente, fisicamente aliena rispetto alle italiane che all’epoca vivevano una realtà quasi solo domestica. Lei cambiava mariti, ballava sui tavoli, era un tornado. Pagò le conseguenze di questa rivoluzione sulla sua pelle ed è per questo che per attrici di un’altra generazione, come la mia, è stata importante l’esperienza di Anita per insegnarci a proteggerci».
Qual è il corrispettivo de La dolce vita nella carriera di Monica Bellucci?
«Malèna (del 2000, ndr) di Giuseppe Tornatore. Ha fatto il giro del mondo e mi ha dato tanto. È celebre persino in Mongolia. Era un periodo della mia vita in cui quell’esposizione era necessaria. Con Tornatore usammo la mia presenza per celebrare la forza dell’immagine. Fa vedere quanto due occhi e un corpo possano dire tutto».
Pensa che a differenza della Ekberg la maternità le abbia dato un maggiore equilibrio?
«Certamente. È stata una scelta necessaria per me. Non solo mi ha dato un equilibrio ma soprattutto mi ha ancorato alla terra perché nel mio mestiere rischi sempre di volare via. Le mie due figlie mi hanno permesso di affrontare con grinta la quotidianità. Sicuramente il fatto che lei non abbia avuto figli, è un’abissale differenza tra me ed Anita Ekberg».
Cosa ne pensa della carriera di sua figlia Deva, che è apparsa insieme a lei sulla copertina di Vogue?
«Deva adora questo lavoro. A lei piace fare la modella. Continua a studiare e intanto ha messo piede nel mondo degli adulti. Ma sarà lei stessa poi a decidere del suo futuro».
Che cosa ha rappresentato per lei incarnare a teatro Maria Callas?
«Un’opportunità e una gioia. Con la Callas ho voluto affrontare il lato più intimo di un grande personaggio femminile del 900 rispetto all’esplosività della Ekberg. Lei sicuramente mi somiglia di più per questa necessità di proteggere il privato. Maria Callas aveva bisogno di stare nell’ombra».
Non c’è mai stato il pericolo di lasciarsi trascinare nella frenesia della fama come accaduto alla Ekberg?
«Certo. Quando per prepararmi al film ho visto le foto e le interviste ad Anita ho ripensato a quando anch’io ho iniziato e la mia notorietà è esplosa all’improvviso. Erano i primi anni del 2000 del film scandalo Irréversible di Gaspar Noé, Malèna e i primi film americani come Under Suspicion e i due sequel di Matrix. Mi ricordo molto bene quel senso di ubriacatura che somigliava a una droga».
La Bellucci che vediamo in The Girl in the Fountain sembra molto rilassata. Lo è nella realtà?
«Ma quella è una parte. Non dimenticatevi mai che io nel film interpreto un’attrice che interpreta Anita Ekberg. Io sono parecchio focosa e pienamente italiana. Se ho dato un’idea così calma di me, forse ho solo recitato bene».
In che momento pensa di trovarsi adesso?
«Sono felicemente sommersa. Ogni giorno lotto per essere contemporaneamente attrice, donna e madre. Mi sento in un momento di passaggio importante».
Verso cosa?
«Direi verso l’età adulta, anche per i ruoli che mi vengono offerti. Non sono mai stata un’attrice da clamorose trasformazioni fisiche tipo prendere o perdere 20 chili. Quello che mi permette di accedere dolcemente a ruoli diversi rispetto a un tempo è il cambiamento del mio corpo legato all’avanzamento dell’età. Ho l’impressione che registi e produttori ora si approccino a me in un modo molto gentile e rispettoso proponendomi parti belle e diverse come la strega nel prossimo capitolo de La befana vien di notte Le origini di Paola Randi (al cinema dal 30 dicembre, ndr) o la donna in carriera senza scrupoli in Memory con Liam Neeson che arriverà nelle nostre sale nel 2022. Quella sarà proprio una bad girl».