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 2021  novembre 30 Martedì calendario

Plusvalenze nel calcio, vizio di sistema

Oltre un miliardo di ammortamenti. I club della Serie A al termine della stagione 2019/20 per la prima volta hanno accumulato costi relativi all’acquisto dei calciatori superiori a questa soglia. Ed è questa l’altra faccia delle plusvalenze che svela in tutta la sua gravità la situazione del Calcio italiano Spa e l’abuso che si è fatto negli ultimi anni delle operazioni di player trading. Il vantaggio per i di poter registrare subito un surplus alla voce ricavi del conto economico, infatti, specie nelle operazioni cosiddette a specchio si risolve però in una zavorra per i conti futuri. Un meccanismo perverso che si era già manifestato all’inizio degli anni Duemila e che ha portato al fallimento di decine di società.
Il meccanismo delle plusvalenze
Le operazioni di calciomercato consentono al club che vende un proprio tesserato a un valore superiore a quello iscritto a bilancio (a zero se si tratta di un prodotto del settore giovanile o di uno svincolato inserito in organico, il prezzo di acquisto meno le quote già oggetto di ammortamento per gli altri) di iscrivere subito a bilancio un surplus alla voce ricavi. Quando si realizzano scambio di calciatori tra due club nelle cosiddette operazioni a specchio, spesso carta contro carta, senza cioè la movimentazione di cassa, si assiste però a un duplice effetto contabile.
Oltre a quello positivo della plusvalenza per il giocatore venduto, c’è infatti da assorbire i costi. Il vantaggio contabile è che mentre la plusvalenza viene iscritta subito a bilancio, il costo del “cartellino” viene spalmato in base agli anni del contratto (generalmente a quote costanti). Quindi, ad esempio, nel caso in cui due club di scambino giocatori formati nel proprio vivaio per 10 milioni facendogli un contratto di cinque anni, ciascuno avrà nel subito un beneficio contabile di 8 milioni (la plusvalenza di 10 milioni meno i 2 milioni di ammortamento del primo anno).
Entrambi i club dunque all’indubbio vantaggio immediato del surplus dovranno poi sostenere per i quattro anni successivi un costo di due milioni all’anno. In altre parole, in cambio del beneficio immediato i conti dei club si zavorrano di costi a cui bisognerà far fronte. Le plusvalenze incrociate (anche non contestuali), le più comuni se si vuole gonfiare il valore di un calciatore, perchè ci si scambia un favore tra club, sono delle “cambiali” che ipotecano il futuro dei club.

I numeri
Se crescono le plusvalenze, crescono gli ammortamenti. È una conseguenza logico-contabile. Ed è esattamente quello che accaduto in Serie A all’inizio degli anni Duemila e sta accadendo oggi. La sequenza degli ultimi cinque anni è impressionante. Nella stagione 2015/16 i club di Serie A hanno realizzato plusvalenze per 376 milioni. Nella stagione successiva si assiste a un aumento di questa tipologia di entrate dell’85%, a quota 693 milioni.
Nelle annate successive il trend si stabilizza (713, 712 e 738 milioni nella stagione 2019/20) e le plusvalenze diventano la seconda voce di ricavo dopo i diritti tv. Cosa succede agli ammortamenti? Nella stagione 2015/16, la Serie A aveva accumulato 518 milioni di costi legati ad ammortamenti e svalutazioni del parco calciatori. Nella stagione successiva si sfiorano i 630 milioni, nella stagione 2018/19 (l’ultima pre-pandemia) si arriva a 871 milioni, e nella stagione 2019/20 si raggiunte la vetta di 1.087 milioni di euro.

L’inchiesta di Torino
Nell’inchiesta «Prisma» avviata dalla Procura di Torino sono finite sotto osservazione numerose operazioni attraverso le quali la Juventus ha scambiato giocatori con altri club, non solo italiani. Proprio per il meccanismo del calciomercato e delle operazioni a specchio è evidente che l’intento doloso di gonfiare il prezzo dei calciatori per incrementare attraverso le plusvalenze i ricavi deve essere condiviso con la “controparte” (a meno che non si supponga che i dirigenti della Juventus abbiano ingannato la parte acquirente strappando un prezzo gonfiato e poi abbiamo riconosciuto lo stesso valore al giocatore acquistato).
Se dunque gli inquirenti hanno messo le mani sulla “pistola fumante” che non può essere solo la sola presunzione del prezzo gonfiato, non esistendo un “listino prezzi” dei calciatori che possa fungere da fair value del player trading (su questo tutte le precedenti inchieste sulle plusvalenze fittizie, in ambito penale o di giustizia sportiva, si sono arenate), ma che deve consistere nella prova dell’accordo doloso e fraudolento tra le parti, vale a dire nel riscontro documentale della volontà di assegnare al calciatori scambiati un valore maggiorato per truccare i conti, ebbene, in questo caso, sarà inevitabile che l’inchiesta si allarghi. E che le accuse mosse alla Juve in relazione alle false comunicazione e in ultima analisi alla alterazione dei bilanci, siano rivolte a tutti i club “complici” del medesimo disegno criminoso.

Il «Sistema plusvalenze»
Nell’inchiesta condotta nel maggio 2021 dal pool di magistrati dell’Economia della Procura di Torino Mario Bendoni, Ciro Sartoriello, e l’aggiunto Marco Gianoglio che ipotizza a carico di sei dirigenti bianconeri (Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Stefano Cerrato e gli ex Fabio Paratici, Marco Re e Stefano Bertola), i reati di false comunicazioni sociali ed emissioni di fatture per operazioni inesistenti, sono messe in discussione le plusvalenze «connotate da valori fraudolentemente maggiorati» realizzate nelle ultime tre stagioni, dal 2018 al 2021, per 282 milioni (su un totale di 322 milioni, l’87,5%).
Nel decreto di perquisizione notificato alla Juventus, per esempio, si parla degli affari con l’Atalanta per i difensori Demiral e Romero e con il Genoa, per Rovella, Portanova e Petrelli. Le 42 operazioni sotto esame dunque potrebbero portare allo scoperto il sistema plusvalenze adoperato in Serie A ma non solo con conseguenze sia sul piano penale, che della giustizia sportiva, ovviamente, qualora siano appurati gli illeciti, come sulle 62 operazioni già segnalate dalla Covisoc a ottobre.