Corriere della Sera, 30 novembre 2021
Quattro donne contro Maxwell
WASHINGTON Ghislaine Maxwell va a processo. E con lei una delle vicende più torbide degli ultimi anni. Una storia di abusi sessuali, di festini, di orge, di favori, di ricchezze ostentate, su cui galleggiano i nomi di due ex presidenti, Bill Clinton e Donald Trump; di Andrea d’Inghilterra, figlio della Regina Elisabetta; di uomini d’affari e professionisti noti come l’avvocato Alan Dershowitz.
Il fondatore di questo mondo era il finanziere Jeffrey Epstein, suicidatosi il 10 agosto 2019 nel carcere di Manhattan. Ma la manager di quei traffici è stata Ghislaine Maxwell, oggi 59 anni, accusata con sei capi di imputazione, a cominciare dal traffico di minori che da solo può costarle fino a 40 anni di prigione.
Secondo la procura di Manhattan Ghislaine «reclutava, plasmava e addestrava» le ragazze giovanissime da offrire a Jeffrey e ai suoi ospiti. L’impianto accusatorio si basa sulla testimonianza di diverse vittime, come quella di Virginia Giuffre, oggi 37 anni: «Ghislaine è la persona che abusava di me in modo sistematico. Era lei che mi aveva ingaggiata, spiegato che cosa dovessi fare, addestrata a diventare una schiava sessuale». Il dibattimento, iniziato ieri nella Corte Federale di Manhattan, si concentra sui fatti accaduti dal 1994 al 2004 e per ora coinvolge quattro presunte vittime, ma la giudice Alison Nathan ha precisato che consentirà al pubblico ministero di estendere il raggio degli accertamenti.
Ghislaine è la figlia del controverso editore britannico Robert Maxwell. È l’ultima di otto tra fratelli e sorelle. Nata in Francia, è cresciuta in una villa con 53 stanze nella campagna di Buckinghamshire, in Inghilterra.
Nel 1991, dopo la morte del padre, Ghislaine si sposta a New York. Si sistema in un appartamentino nell’Upper West Side di Manhattan, tra artisti e intellettuali, veri o presunti. Gli amici di allora la descrivono come «una personalità esplosiva, magnetica». Pesa molto anche il cognome. Incontra Epstein e in breve ne diventa la fidanzata e la complice inseparabile. Ghislaine comincia ad amministrare le proprietà immobiliari del partner, a Manhattan, a Palm Beach, in Florida, a Parigi, nel New Mexico e nelle Virgin Islands. Ma soprattutto, si legge nelle carte dell’accusa, la donna inizia a contattare ragazzine da inserire nel circuito dei «massaggi», delle orge cui partecipa attivamente. È in quel periodo, agli inizi degli anni Duemila, che la coppia frequenta i club esclusivi di Manhattan con l’allora costruttore Donald Trump; oppure scarrozza Bill Clinton sul «Lolita Express», l’areo privato di Jeffrey; o, infine, organizza party ad alto contenuto erotico nella Little St.James Island. Tutto ciò «in un contesto criminale», forzando la volontà di adolescenti, costringendole a subire assalti e abusi sessuali. Negli ultimi anni tutte le personalità più note, da Clinton ad Andrea di Inghilterra, hanno cercato di prendere le distanze da Epstein. Ci ha provato anche Ghislaine. Ha fatto causa al gruppo immobiliare dell’ex fidanzato, chiedendo «il risarcimento delle spese giudiziarie sostenute per la difesa da accuse ingiuste». Era il marzo del 2020: Epstein era morto da sette mesi. Non se ne fece nulla. Maxwell, nel frattempo, aveva cercato di tacitare le vittime con una serie di accordi stragiudiziali. Ma nel luglio del 2020 viene arrestata in New Hampshire, in seguito alle accuse di tre donne.
Ghislaine ha atteso il processo nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn, protestando in un’intervista per le «condizioni inumane»: «Vivo in isolamento, dormo con una luce sempre accesa che ha rovinato i miei occhi; la cella è infestata da scarafaggi e topi; il sistema fognario è rotto; sono stata aggredita dalle guardie».