la Repubblica, 30 novembre 2021
Perché legalizzare la cannabis
Chi paga le tasse dovrebbe essere a favore della legalizzazione della cannabis. È il mio punto di vista, e voglio argomentarlo. Nel documento 2021 “Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia” (i dati Istat sono del 2020), si legge che “il mercato delle sostanze stupefacenti muove attività economiche per 16,2 miliardi di euro, di cui circa il 39% attribuibile al consumo dei derivati della cannabis (...)”, il che vuol dire, facendo una proporzione – avendo cioè frequentato le scuole dell’obbligo – che il mercato della cannabis vale circa 6,3 miliardi di euro.
La vendita della cannabis in Italia è illegale e dunque questi 6,3 miliardi di euro alimentano una economia sommersa il cui indotto favorisce ingiustizie, sfruttamento e disuguaglianze e non ritorna sotto forma di servizi alla comunità, ai cittadini e a chi cittadino non lo è ancora.
Proprio perché si tratta di una economia sommersa, inoltre, la stima è per difetto.
Mi pare dunque logico che il discorso sulla legalizzazione della cannabis non possa prescindere dal fatto che chiunque paghi le tasse in questo Paese debba per forza essere favorevole alla legalizzazione. Non vedo altro argomento democratico e civile per cominciare e forse chiudere la discussione.
Per capire quanti soldi sono 6,3 miliardi di euro rispetto alla nostra economia, si pensi che nel Pnrr i soldi stanziati per le politiche del lavoro in Italia sono 6,66 miliardi di euro (di questi 410 milioni sono destinati a favorire la parità di genere).
Nel rapporto 2021 “Leafly Jobs” si legge che, ad oggi, 321 mila persone lavorano con la cannabis legale (è un numero più alto dei paramedici e più del doppio dei dentisti). Nel 2020, nello Stato del Colorado le tasse dovute alla vendita legale di marijuana sono state 387 milioni, nello Stato di Washington 474 milioni. In altri sei Stati – i dati sono del 2020 – gli introiti per la cannabis legale sono stati 24 milioni in Alaska, 1 miliardo in California, 53 milioni in Illinois, 82 milioni in Massachusetts, 105 milioni in Nevada e 158 milioni in Oregon.
Sono cresciuta in un tale terrore delle droghe, pesanti e leggere, non so se per generazione (sono nata nel 1978) o per geografia (Scauri di Minturno era una delle piazze di spaccio del sud pontino) che, nonostante leggessi continuamente romanzi dove i personaggi principali assumevano droghe che andavano dall’oppio ( Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas) ad altre e varie sostanze stupefacenti ( Il lupo della steppa di Hermann Hesse, mi rifiutavo di leggere Siddhartha uno dei miei rari momenti di ribellione), e fossi cresciuta guardando cartoni animati dove una certa polverina magica ti donava l’allegria ( Pollon di Azuma Hideo), non riconoscevo questi elementi. Da grande quando ho riletto Montecristo e rivisto qualche puntata di Pollon mi sono chiesta perché mi rifiutassi di pensare che i miei eroi assumessero droghe. Ci sono voluti Il volo magico di Ugo Leonzio (Einaudi) e Come cambiare la tua mente di Michael Pollan (Adelphi) per togliermi dalla testa un gigantesco senso di colpa sociale e culturale introiettato da bambina. E rimuovendolo, osservare e misurare la realtà.
Nel 2020, si legge sempre nel documento “Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia” sono state sequestrate 414.396 piante di cannabis. “A livello nazionale ogni 100.000 residenti di 15-74 anni risultano sequestrate circa 930 piante di cannabis, numero che si attesta a quasi 2.000 unità negli ambiti delle regioni Lombardia e Molise e raggiunge le 3.000 unità in Puglia, Calabria e Sardegna”. La questione numero di piante non è banale perché mi pare misuri il nostro livello democratico (basso). Il testo della proposta di legge approvato l’8 settembre scorso alla Camera consentirebbe di coltivare in casa al massimo 4 piante per uso personale e mi chiedo, come mi sono chiesta quando nei periodi di lasco lockdown si diceva di poter essere al massimo in 6 a cena, chi controllerà l’applicazione di una norma del genere? Chi andrà a contare le piante casa per casa? Visto che non riusciamo a fondare la nostra democrazia sulla responsabilità e l’autoregolazione del cittadino e non possiamo uscire dal Samsara di colpa-punizione sul quale l’Occidente fonda sé stesso, dovremmo almeno pensare a sanzioni che riguardino il benessere e la cura di una intera comunità, per esempio, dunque, sanzioni più severe per chi guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti (così come per chi guida in stato di ebrezza).