La Stampa, 30 novembre 2021
Quando Fenoglio iniziò a scrivere
Tratto da Casa Fenoglio, Sellerio Editore.
Qualche anno dopo la fine della guerra, mio fratello Beppe trovò un posto come corrispondente estero presso una ditta vinicola di Alba, la «Marengo», produttrice di vermouth e spumanti. Quel lavoro non era stato una sua scelta, ma un modo per venire incontro a mia madre, che lo voleva seduto al sicuro, dietro una scrivania, a condurre una vita regolata da precisi orari d’ufficio. Convincerlo non fu facile, a monte c’erano state battaglie violente e Beppe all’inizio sopportò male e il lavoro e il sopravvento materno.«Lo sai cos’è l’inglese per me?» le gridò un giorno. «Riesci a immaginartelo? Io, che leggo, che scrivo, che penso in inglese, che mi calo in quella lingua come fosse la mia, che ne faccio quello che voglio, io adesso potrò solo più scriverci delle lettere commerciali!».
Alla lunga però quel posto, accettato a denti stretti, si rivelò come fatto su misura. C’erano impiegate devote, stipendio fisso, il traguardo di una discreta carriera, ma anche ciò che Beppe non si sarebbe mai sognato di trovare in un ufficio: la possibilità di ritagliarsi del tempo libero e dedicarsi a scrivere, addirittura su carta intestata della ditta.
Scrivere! Scoprirsi dentro una vena feconda e dirompente, prendere coscienza del proprio talento, aderire con tutte le forze a una passione che gli stava cambiando la vita: per Beppe fu tutt’uno. Si sentì chiamato dal destino. E noi di famiglia? Dov’eravamo? Se ci fu un’ora, un giorno, in cui Beppe decise di prendere la penna in mano e mettere per iscritto i suoi pensieri, quel giorno nessuno di noi lo registrò, nessuno di noi si accorse di quello che gli stava succedendo. In quegli anni di precarietà economica, eravamo più che mai un ménage di ritmi fisiologici e di ricambi di biancheria. Eravamo disattenti e impreparati, ma anche grezzi, frenati da generazioni di ruvidezza langarola, da un malinteso senso di pudore, tutto fenogliesco, da una tendenza congenita a non lasciarsi andare, a preferire anche tra di noi una battuta salace e impietosa a un discorso impegnativo e serio.
Un giorno altrettanto imprecisato della fine degli anni quaranta, sul tavolo della nostra sala da pranzo comparve una macchina da scrivere e da quel momento, per tutti gli anni a venire, vi troneggiò.