La Stampa, 30 novembre 2021
Barbados, la repubblica delle donne
L’isola caraibica di Barbados ha deposto la sua regina e proclamato la repubblica. Non sarebbe poi una grande notizia: sono cose che succedono, nelle piccole isole. Ma a rendere speciale questo evento c’è il fatto che la sovrana di Barbados era la regina Elisabetta II, e che a celebrare la deposizione della madre c’era anche suo figlio Carlo. L’isola, inoltre, ora diventerà il regno delle donne: Dame Sandra Mason, già governatrice per conto della Regina, sarà la presidente; Mia Mottley è a capo del governo e al vertice della procura c’è Donna Babb-Agard. Altre donne hanno e avranno incarichi di rilievo nell’amministrazione.Il principe Carlo si è congratulato con tutte e ha fatto le ore piccole come i barbadiani, ieri notte. I festeggiamenti e i discorsi sono cominciati tardi, e la proclamazione è avvenuta a mezzanotte, nell’anniversario dei 55 anni di indipendenza da Londra, dichiarata nel 1966. Come molti altri stati del Commonwealth, Barbados aveva però mantenuto, conquistando l’autonomia, la regina Elisabetta come capo di Stato.Ma oggi «è arrivato il tempo di lasciarci alle spalle il passato coloniale», ha detto la presidente Sandra Mason, ex magistrato, esperta in diritto di famiglia. Carlo è stato accolto all’arrivo con il tappeto rosso e con ogni onore, compresi i 21 colpi di cannone riservati ai reali. Sua madre ha visitato spesso ogni stato che fa parte del Commonwealth, ma a lui tocca sempre andare in quelli che decidono il divorzio: era presente al passaggio di Hong Kong alla Cina nel 1997, e all’indipendenza dello Zimbabwe nel 1980.Carlo non poteva dire di no, perché era stato invitato ufficialmente dal governo. Barbados non vuole rompere i rapporti con la Gran Bretagna, vuole solo liberarsi da ogni ricordo del giogo coloniale, cominciato nel 1625, ai tempi di Giacomo I. Il movimento “Black lives matter” ha alimentato un fuoco che covava sotto la cenere, ma una spinta decisiva l’hanno data i cinesi, che stanno investendo decine di miliardi nei Caraibi. A Barbados sono arrivati finora solo 480 milioni di dollari di incoraggiamento, ma Trinidad e Antigua hanno già avuto un miliardo e Giamaica ne ha presi 2,7.I finanziamenti di Pechino sono più allettanti di quello che può offrire la corona britannica, e Carlo non ha potuto fare altro che sorridere sotto la mascherina, facendo finta di essere contento e sicuro che i rapporti con Londra non muteranno. C’erano timori di contestazioni, alimentate dalle dichiarazioni della leader del movimento per l’integrazione, Kristina Hinds, secondo la quale «la famiglia reale non ha mai chiesto scusa per lo sfruttamento di queste isole e di altri Paesi».La statua di Horatio Nelson, l’ammiraglio che prima di Trafalgar incrociava da queste parti malvisto dalla popolazione locale, è stata prima voltata dall’altra parte perché non guardasse più verso Bridgetown, poi è stata abbattuta per non pensarci più. Anche se ora ha deposto anche la Regina, Barbados resterà comunque nel Commonwealth, perché gli affari sono sempre affari. Elisabetta è ancora capo di stato di 15 Paesi, i più importanti dei quali, oltre al Regno Unito, sono l’Australia e il Canada. Ma è probabile che altre isole caraibiche, come Giamaica, seguano presto l’esempio di Barbados e preferiscano i nuovi colonialisti cinesi agli eredi della regina Vittoria. Quando Elisabetta passerà il trono al figlio, se ne andranno probabilmente anche Canada e Australia, ma Carlo avrà almeno il vantaggio di poter mandare William al funerale senza doverci andare lui.La breve visita a Barbados è comunque servita al principe a tirare un po’ il fiato dall’assedio cui da qualche tempo è sottoposto. Nonostante le minacce di querele, la Bbc ha mandato in onda il documentario sulle liti tra i Windsor, e un autore americano, Christopher Andersen, ha pubblicato un libro nel quale afferma che è stato Carlo, il giorno dell’annuncio del fidanzamento di Harry e Meghan, a chiedere a Camilla di che carnagione sarebbero stati i loro figli. Clarence House, la residenza del principe, ha replicato che «si tratta di fiction e di insinuazioni non degne di commenti». Avrebbe potuto dire semplicemente che non era vero, ma non l’ha fatto.