Corriere della Sera, 29 novembre 2021
Intervista a Silvio Berlusconi
Al governo chiede che «continui a lavorare con serietà» fino a quando «sarà necessario, fino al 2023, quando saremo usciti dall’emergenza». E assicura che «saremo i primi a collaborare lealmente all’attività dell’esecutivo» e per convinzione e non per «piccole tattiche o calcoli di convenienza» dovuti a una sua possibile corsa al Quirinale, tema del quale non vuole parlare «fino a quando Mattarella non sarà più in carica».
Silvio Berlusconi non ha dubbi nel giudizio sull’operato del governo e su Draghi, che è «un patrimonio» dell’Italia, del quale bisognerà «profittare». E se continua a sostenere con forza la necessità di non abbassare la guardia nella lotta al virus, il leader di Forza Italia si sofferma anche sul tema dell’ambiente e la necessità che il sistema industriale italiano «non sia tagliato fuori» dall’innovazione.
Siamo a un punto di svolta del lavoro del governo, tra nuove misure per fermare l’epidemia e la manovra da varare: il suo bilancio?
«Di fronte all’emergenza creata dalla pandemia, siamo stati i primi a proporre la nascita di un governo aperto a tutte le forze vive della nazione. Si trattava di fronteggiare una situazione sanitaria molto grave e di far ripartire l’economia, sprofondata in una crisi altrettanto grave. Fino ad oggi, obiettivamente, ci stiamo riuscendo. Una volta tanto gli indicatori italiani, sia sanitari che economici, sono migliori di quelli di molti altri Paesi europei. Certo l’emergenza è tutt’altro che conclusa, la strada da fare è ancora lunga. L’affacciarsi di nuove varianti, per di più, può compromettere i buoni risultati ottenuti finora».
È scattato l’allarme rosso proprio per la variante Omicron: come reagire?
«Senza panico ma con grande rapidità e determinazione. In attesa che gli scienziati ci dicano qualcosa di più preciso su questa variante, ancora poco conosciuta, dobbiamo applicare con il massimo rigore gli strumenti che abbiamo. Quindi rispetto assoluto del distanziamento sociale, uso della mascherina in tutti i contesti affollati – anche all’aperto – e soprattutto vaccini: occorre accelerare il più possibile la somministrazione della “terza dose” e convincere a vaccinarsi coloro che – mettendo in pericolo sé stessi e gli altri – ancora non hanno provveduto. Fra l’altro la variante Omicron, che nasce in Paesi dove il vaccino è poco diffuso, ci conferma un’amara lezione: meno sono i vaccinati, più possibilità ha il virus di riprodursi e quindi di modificarsi. Occorre dunque che l’Europa e l’Occidente facciano un enorme sforzo per aiutare le campagne vaccinali nei Paesi più deboli».
Cosa chiedete ancora al governo, lei e il suo partito?
«Di continuare a lavorare con serietà, assicurando la stabilità e l’unità del Paese. Siamo persone responsabili e sappiamo che questo governo è sostenuto da forze politiche che in circostanze ordinarie sarebbero fra loro antagoniste. Non possiamo attenderci che realizzi tutto quello che farebbe un governo di centrodestra. Peraltro il governo ha attuato gran parte delle nostre proposte: è di questi giorni la riduzione dell’Irpef e dell’Irap, un segnale che considero molto positivo».
I tempi
L’esecutivo rimanga in carica per tutto il tempo necessario. Finita l’emergenza si tornerà alla normale alternanza tra due schieramenti
È sempre convinto che il governo debba arrivare a fine legislatura?
«Il governo deve rimanere in carica per tutto il tempo necessario, fino al 2023, fin quando saremo usciti dall’emergenza. Allora si potrà tornare alla naturale alternanza fra due schieramenti in competizione fra loro».
Il suo sostegno al governo, si dice, è per avere strada libera al Quirinale...
«Ho già avuto occasione di dire che non intendo occuparmi di Quirinale fino a quando il presidente Mattarella sarà in carica. Io per primo ho voluto l’attuale governo di emergenza in un momento d’emergenza per il Paese. Penso non si debba ridurre a piccole tattiche e a calcoli di convenienza la scelta del nuovo capo dello Stato e dell’operato del governo».
Ma per Draghi che ruolo futuro immagina?
«Sono convinto che Draghi sia una grande risorsa per la Nazione. Del resto sono stato io personalmente a volerlo governatore di Bankitalia e poi presidente della Bce. L’ottimo lavoro che ha svolto e che sta svolgendo conferma la bontà di quelle scelte. Dire oggi quale ruolo ricoprirà in futuro è decisamente prematuro, ma l’autorevolezza e l’esperienza di Draghi sono un patrimonio del quale l’Italia deve profittare».
È stato firmato l’accordo di collaborazione tra Italia e Francia, i suoi alleati sembrano preoccupati: lei?
Il ruolo
Il futuro del premier? Prematuro dire oggi quale ruolo ricoprirà, ma l’Italia deve profittare della sua autorevolezza ed esperienza
«Comprendo le preoccupazioni, frutto di antiche incomprensioni. Ma io credo che si debba guardare avanti. Il rafforzamento del rapporto strategico fra i grandi Paesi fondatori dell’Unione Europea è nella logica delle cose – soprattutto dopo la Brexit – ed è nostro interesse nazionale partecipare a questo processo, che ci consente di avere un ruolo più forte in Europa».
Lei considera cruciale il tema dell’ambiente: come giudica i risultati della Cop26 di Glasgow?
«Le aspettative erano molto alte e quindi una certa delusione è comprensibile. Ma il tema dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici, che deve unire e non dividere, oggi è riconosciuto come centrale da tutti, anche da un Paese come la Cina, che pure detiene il record di emissione di anidride carbonica. Nel documento finale di Glasgow, nonostante le resistenze cinesi, per la prima volta si parla di riduzione dei combustibili fossili, e vi è un impegno importante contro la deforestazione e per la riforestazione: 19,2 miliardi di dollari per ripiantare miliardi di alberi».
Realistico?
«L’impegno a fermare la deforestazione è entro il 2030, mi auguro venga rispettato. La superficie della foresta Amazzonica quest’anno si è ridotta di 13.235 chilometri quadrati, un territorio grande come la Campania. Nell’ultimo triennio abbiamo perso una foresta delle dimensioni del Belgio. È del tutto evidente che l’Europa e i Paesi occidentali devono fare il necessario, sotto il profilo dell’aiuto economico e della pressione politica per mettere i governi interessati in condizione di intervenire seriamente. E anche in Italia non possiamo più tollerare che vadano letteralmente in fumo 158 mila ettari di boschi, com’è accaduto quest’estate».
Un obiettivo delle riforme è proprio la «transizione ecologica». Cosa si aspetta?
«In quanto Paese di “trasformazione”, non possiamo consentire che il nostro sistema industriale sia tagliato fuori dall’innovazione dei processi produttivi verso l’obiettivo della sostenibilità: altri sono già molto più avanti di noi e conquisteranno quote di mercato sempre maggiori. Dobbiamo mettere in sicurezza il nostro territorio, cambiare il modo di fare agricoltura, rendere più efficienti e “puliti” i trasporti, digitalizzare il Paese. Ovviamente la transizione va accompagnata e sostenuta con le risorse che abbiamo a disposizione (grazie all’Europa molto maggiori che nel passato) e con una politica di sgravi e di incentivi».
I programmi
Decisivo impegnarsi contro i cambiamenti climatici. E aiutare
il sistema industriale nell’innovazione
per la sostenibilità
È venuto a mancare Ennio Doris: un suo ricordo?
«Partecipando ai funerali di Ennio, ho toccato con mano quanto fosse amato dalle persone: dalla sua splendida famiglia, dai suoi amici, dai suoi collaboratori, dalle tante persone alle quali aveva fatto del bene. Per me è stato un amico sincero, leale, saggio, di straordinaria lucidità e intelligenza. È stato un grande privilegio essere suo amico».