la Repubblica, 29 novembre 2021
La crisi delle bottiglie
MILANO – Un campanello risuona dalle distillerie americane, riecheggia in Italia e fa scattare l’allarme per i cin-cin natalizi: mancano le bottiglie di vetro per l’industria Usa degli spiriti e la situazione preoccupa anche la nostra filiera del vino. È una delle tante manifestazioni di quell’ingorgo nelle catene globali delle forniture che nasce dal mix di ripresa dei consumi, produzione che fatica a tenere il passo, rincaro dei prezzi delle materie prime (a cominciare dall’energia, che per il vetro non è certo secondaria), colli di bottiglia – è il caso di dirlo – nei trasporti. Un quadro condiviso da molti comparti, ma per l’industria del brindisi, proprio ora che è iniziato il rettilineo che porta al momento più importante dell’anno, la tensione aumenta.
Il Financial Times racconta che alla distilleria St Augustine, in Florida, c’è l’equivalente di cinquemila casse di vodka, gin, rum e whiskey che aspettano pazienti il loro contenitore per essere immesse sul mercato. Il fatto è che la domanda pandemica per il consumo domestico di alcolici è esplosa (+13% il vino e +14% gli spiriti) e la pur crescente industria del vetro non riesce a tenere il passo. Anche alla Brown-Forman, la produttrice del Jack Daniel’s, si è alzato il livello di guardia sui prossimi mesi e non meno preoccupazione c’è dalle parti del vino californiano.
«Un caso ancor peggiore è quello del Messico, dove è impossibile reperire un container di Tequila. Ma beati loro che lamentano solo la mancanza delle bottiglie. A noi mancano anche tappi, cartoni, etichette e soprattutto abbiamo difficoltà nel trovare i mezzi e gli addetti per i trasporti», reagisce con una battuta allarmata la presidente di Federvini, Micaela Pallini. «Gli agenti di vendita segnalano ogni giorno ritardi nell’arrivo della merce», aggiunge. È, allora, un allarme serio per il Natale? «Una piccola allerta. La ripartenza c’è stata, l’ e- commerce, per quanto ancora su piccoli volumi, ha dato una grande mano. Il problema, adesso, è far arrivare le consegne». Quello che sta accadendo sulla filiera è l’avvitamento di una situazione che dura da mesi: «Non sembriamo capaci di venirne fuori. L’Italia si appresta a chiudere un anno record per l’export agroalimentare, ma se la merce non riesce ad essere imballata è un problema».
I produttori nostrani sono preoccupati per la situazione sanitaria: il consumo di cibi e bevande fuori casa è ancora 19 miliardi sotto il pre-Covid e «nuove chiusure sarebbero un colpo molto forte», dice la presidente. Quanto ai rincari per la produzione, il tentativo è scaricarli a valle, cioè sui consumatori. «Ma non è facile passare alle fasce di prezzo superiori, in modo da assorbirli». Tra aziende e italiani a tavola, qualcuno rischia di brindare amaro.