Il Sole 24 Ore, 29 novembre 2021
La pandemia non ferma i fuori sede
Neanche il Covid ha cambiato le abitudini degli studenti italiani. Chi voleva/doveva cambiare città per frequentare l’università ha continuato a farlo. A prescindere che le lezioni fossero in presenza o a distanza. Tant’è che i ragazzi e le ragazze iscritti, nell’anno accademico 2020/21, a un ateneo ubicato in una regione diversa da quella di residenza sono saliti dal 20,1 al 20,7% di tutti gli immatricolati. A cambiare sono stati soprattutto i flussi di spostamento con alcune regioni, soprattutto del Centro, che hanno registrato meno ingressi e altre, specialmente al Sud, che hanno frenato almeno in parte la tradizionale emorragia di talenti. A dirlo è un focus dell’Osservatorio Talents Venture che arriva alla vigilia del nuovo bando per gli alloggi universitari a cui sta lavorando la ministra Cristina Messa.
Gli spostamenti più frequenti
L’analisi di Talents Venture evidenzia una tendenza in atto già prima della pandemia: da almeno 5 anni si registra una diminuzione degli studenti che dal Mezzogiorno (Isole comprese) scelgono di immatricolarsi in un’altra regione. Nell’anno accademico 2016/17 il 23,5% di immatricolati fuori zona proveniva dalle aree del Sud Italia e il 22,4% dalle Isole; nel 2020/21, invece, gli stessi valori sono diminuiti rispettivamente al 21,6% e 17,7 per cento. A farne le spese sono stati soprattutto gli atenei dell’Italia centrale che hanno visto scendere dal 37% al 23% la quota dei loro fuori sede meridionali. Contemporaneamente sono aumentati i passaggi tra le diverse aree del settentrione. Tant’è che la quota di immatricolati in transito dal Nord-Est al Nord-Ovest (e viceversa) è passata dal 13% dell’anno accademico 2010/11 al 17% dell’anno scorso. Nessuna novità invece nella classifica regionale per l’accoglienza dei fuori sede che vede sempre in testa l’Emilia-Romagna (21,4%) davanti a Lombardia (17,6%) e Lazio (13,2), con quest’ultima che in un anno ha guadagnato lo 0,5% mentre le prime due hanno perso oltre l’1 per cento.
In linea con il trend regionale, la maggior parte dei fuori sede è accolta dall’Alma Mater di Bologna (8,9%), seguita da Ferrara (6,8%) e dal Politecnico di Milano (4,2%). Se prendiamo in esame gli atenei con almeno 500 immatricolati, quello che ha visto crescere maggiormente il numero di allievi provenienti da un’altra regione è stato Perugia (+115%), poi Genova (+103%) e Messina (+42%). Fatto 100 il numero di immatricolati l’università che accoglie la quota maggiore di fuori sede è la Bocconi di Milano, con il 71,8% del totale delle matricole, oltre due punti in più rispetto al 2019/20. Alle sue spalle Roma Saint Camillus (71,7%) e Trento (63,6%).
I fondi in arrivo
Fin qui i dati di Talents Venture. Che non si spingono però ad analizzare le ragioni dei flussi appena descritti. A determinarli potrebbe essere stata la pandemia, che ha portato molti ragazzi a rivedere le loro scelte formative prima ancora che abitative, oppure gli stanziamenti extra (40 milioni) sul fondo integrativo statale per le borse di studio voluti dall’allora ministro Gaetano Manfredi insieme a una riduzione dei crediti necessari a mantenere la borsa. O entrambi i fattori. Capirlo potrebbe aiutare a indirizzare meglio le prossime risorse in arrivo. Come i 500 milioni per 5 anni previsti dal Pnrr alla voce borse di studio o ancora i 960 milioni che lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza destina allo student housing, con l’obiettivo dichiarato di portare i posti letto nelle residenze universitarie, entro il 2026, dagli attuali 40mila a 120mila.
Un antipasto potrebbe esserci ad horas. La ministra Messa sta per firmare il bando da 407 milioni per gli studentati che tengono dentro un centinaio di milioni di risorse nazionali e i primi 300 previsti dal Pnrr e attesi entro dicembre. Gli altri 660 del Recovery arriveranno poi a fine 2022.