la Repubblica, 29 novembre 2021
Per i giovani il futuro è all’estero
Il futuro, per i giovani, sarà difficile, in Italia. Peggiore rispetto ai loro genitori. Si tratta di una percezione diffusa, fra i cittadini. Anche fra i giovani. Il sondaggio condotto da Demos nelle ultime settimane, mostra infatti come oltre i due terzi dei cittadini ritengano che “nel prossimo futuro i giovani avranno una posizione sociale peggiore rispetto a quella dei genitori”. Un’opinione maturata da tempo che, negli ultimi anni, si è consolidata. E, anzi, rafforzata ulteriormente. Quanti considerano probabile questo “declino generazionale”, infatti, negli ultimi 2 anni sono cresciuti di 15 punti. A causa, sicuramente, della pandemia, che ha alimentato la preoccupazione per la salute e la situazione sanitaria. Ma, al tempo stesso, per la situazione economica. Presente e futura. Dunque, per le prospettive dei giovani. Proiettati nel futuro. Perché sono il futuro. Questo sentimento non mostra grandi differenze, in base all’età. Certo, i più giovani, con meno di trent’anni, appaiono meno ottimisti dei più anziani. Tuttavia, il pessimismo è diffuso. In modo omogeneo. È un atteggiamento comprensibile. E fondato. Confermato da numerose fonti autorevoli. L’Istat sottolinea da tempo come l’Italia non sia “un Paese per giovani”. Tanto meno, “di” giovani. L’età media è intorno a 46 anni. Gli ultra 65enni hanno raggiunto il 14% e sono destinati a crescere. La popolazione appare in calo quasi dovunque. Ormai da un decennio. E non c’è motivo per credere che la tendenza cambi di segno, nel “futuro prossimo”.
Il numero di figli per donna, infatti, è sceso a 1,2. Quasi metà rispetto alla misura necessaria a mantenere l’equilibrio demografico. Anche le donne “immigrate”, che risiedono in Italia, si sono adeguate e, in media, hanno meno di due figli. L’invecchiamento della società è dunque inevitabile. Insieme al declino della popolazione. È, ormai, da anni che è in calo, nonostante i flussi migratori. Anche perché le migrazioni non avvengono più solo “verso l’Italia”. Muovono anche in direzione inversa. “Dall’Italia”. In particolare fra i giovani. Appunto. Infatti, sono circa 350 mila i giovani “emigrati all’estero”, negli ultimi 10 anni. La componente più elevata degli “emigranti dall’Italia”. Si tratta, soprattutto, di laureati e soggetti “qualificati”. Che partono per migliorare la loro preparazione e acquisire nuovi titoli. Ma, spesso, non rientrano. Perché in Italia gli spazi non sono adeguati. E non aumentano, nonostante i programmi e gli investimenti della Commissione Ue, utilizzati dai Piani del governo italiano, evochino esplicitamente la Next Generation. La Generazione Futura. D’altronde, con la pandemia, fra i giovani con meno di 29 anni sono cresciuti coloro che non studiano e non lavorano. Definiti con l’acronimo Neet. In Italia questa componente “esclusa” dai percorsi dell’occupazione e dell’istruzione è aumentata fino a superare i 2 milioni. Il 25%, secondo le statistiche Eurostat. Il dato peggiore in Europa (come annota il sito dell’Ass. Microlab). Circa 10 punti oltre la media Ue. Una misura che cresce sensibilmente fra le donne.
Il sondaggio di Demos conferma come, negli ultimi anni, si sia formato e diffuso, fra i giovani, un orientamento consapevole e disilluso. Insieme a una crescente propensione a volgere lo sguardo oltre confine. Non è un caso che il grado di fiducia verso la Ue, fra i più giovani, sia quasi doppio rispetto alla media generale. Riflette una proiezione “europea”. E “globale”. L’indagine sottolinea come questo atteggiamento non sia destinato a fermarsi. Neppure a rallentare. Oltre metà degli italiani (intervistati) condivide l’opinione che oggi, per i giovani, l’unica speranza di carriera sia “andare all’estero”. Ma questa componente cresce tra i più giovani e supera i due terzi fra chi ha meno di 30 anni. È significativo osservare come gli indici scendano sensibilmente se si superano i 55 anni. Tanto più oltre i 65. Dunque, fra i genitori e, soprattutto, i nonni. Che, probabilmente, traducono così i loro timori nei confronti di figli e nipoti. Vorrebbero, cioè, scoraggiarne la fuga. Che si orienta, soprattutto, verso Regno Unito, Germania e Francia. Ma anche più lontano. In particolare, verso gli Usa. I giovani, dunque, guardano il futuro con preoccupazione. Tanto più al tempo della pandemia. Che ha reso il futuro incerto. Per tutti. Infatti, 3 italiani su 4 non riescono a immaginare se e quando finirà l’emergenza. E se all’inizio i “giovani” apparivano più ottimisti e meno impauriti, oggi non è più così. Il Covid ha contagiato anche il loro sguardo. Il loro sentimento. Così, anch’essi faticano a proiettarsi oltre i confini del tempo. E re-agiscono guardando e muovendosi oltre i confini del Paese. Per sfuggire a un “tempo sospeso”. Imprigionato in un eterno presente. Senza futuro. I giovani: una “generazione sospesa”.