La Stampa, 29 novembre 2021
Intervista a Luciana Castellina
Ha 92 anni ma lo spirito di una ragazzina, gira l’Italia e spesso anche il mondo come una trottola, ha una storia politica così lunga che solo a pensare di raccontarla fa impressione. L’ultimo suo interesse è l’ambiente, ovvero il futuro del mondo che poi è lo stesso di tutta la sua vita, cominciata da quando giovanissima entrò nella Fgci, poi nel Pci, quindi ne fu radiata con il resto del manifesto, e poi… La chiamiamo al telefono mentre si trova nelle Langhe: «Sono qui in Piemonte perché faccio parte del Consiglio di amministrazione dell’Università di scienze gastronomiche, creata da Slow Food di Carlin Petrini». Ecco, appunto, non poteva mancare nella storia di Luciana Castellina anche il cibo naturale. Ma noi vorremmo parlare del Quirinale…
«Oddio, che noia».
Come che noia? Tra poche settimane il Parlamento dovrà eleggere un nuovo presidente della Repubblica, non pensa che si tratti di un fatto importante?
«Il Parlamento è stato completamente svuotato del suo ruolo, così come i partiti. Ormai il potere legislativo è stato privatizzato, tutte le decisioni importanti vengono prese altrove, pensiamo solo alla discussione sul Pnrr: alla fine chi decide dove e come investire questi miliardi destinati alla cosiddetta riconversione ecologica non sono deputati e senatori, ma il Cda dell’Eni. La democrazia rappresentativa è ormai talmente in crisi che nessuno fa più un colpo di Stato: non ce n’è più bisogno».
Tuttavia non è l’Eni ma è sempre il Parlamento che elegge il Capo dello Stato.
«Lo so naturalmente, ma devo dire che si tratta di una questione che non mi ha mai molto appassionato. Il nostro presidente della Repubblica ricopre un ruolo di controllo, di garanzia, non un ruolo politico. Anche se è vero che negli ultimi anni chi sta sul Colle è diventato più importante proprio a causa dei quella crisi della democrazia di cui sopra».
Quindi come dovrebbe essere eletto il nuovo capo dello Stato, da tutti o da una sola parte del modo politico?
«L’accordo per eleggerlo deve essere per forza ampio, altrimenti non ci sarebbero i numeri sufficienti».
Pensa che sia arrivato il momento giusto per eleggere una donna al Quirinale?
«Dipende da quale donna, non tutte le donne vanno bene, una donna purché sia sarebbe solo un valore simbolico. Le quote rosa non mi hanno mai convinto. Pensiamo per esempio a quante donne manager importanti ci sono, tuttavia le statistiche dicono che il 95 per cento dei loro colleghi hanno figli mentre loro sono solo il 30 per cento. Significa che per essere manager devono rinunciare a una cosa fondamentale dell’essere donna, ossia la maternità».
Torniamo al Quirinale, girano i nomi di Marta Cartabia, di Emma Bonino, di Rosy Bindi…
«Rosy Bindi mi andrebbe bene».
E se candidassero Luciana Castellina?
«Ma io sono già stata candidata, ho preso 36 voti nel 2015, ero la candidata di bandiera di Sel. Devo dire che mi sono anche divertita, soprattutto quando il giardiniere della mia casa all’Argentario mi ha detto: “Allora io posso diventare il giardiniere del Quirinale…”. Ma se capitasse oggi – e siamo nel regno della fantapolitica e del divertissement – non direi di no anche se preferirei fare il premier. Però mi piacerebbe molto abitare al Quirinale».
Al momento circolano altri nomi, quelli maschili di Pierferdinando Casini, Silvio Berlusconi, Paolo Gentiloni…
«Berlusconi? Vabbé, lasciamo perdere».
Casini?
«Mi è simpatico, lo conosco bene, alla Camera quando c’erano le votazioni nominali facevamo sempre la fila insieme, Casini, Castellina…, ma non ha fatto nulla per cui si possa dire che bello avere Casini presidente. Direi che non cambierebbe le sorti della storia».
E Gentiloni invece?
«Conosco Paolo fin da quando era piccolo, gli ho insegnato a scrivere. Era un giovane redattore di Pace e Guerra, la rivista che dirigevo nei primi anni Ottanta. Era bravo, in poco tempo è diventato responsabile degli esteri. Poi però è molto cambiato».
Lo voterebbe se fosse ancora in Parlamento?
«Dipenderebbe dall’alternativa, se per esempio fosse Berlusconi certo che voterei per Gentiloni».
Se invece venisse eletto Mario Draghi?
«Meglio al Colle che a palazzo Chigi, io sto all’opposizione di questo governo».
E di Mattarella che ne pensa, lui non vuole fare il bis.
«E questo mi dispiace, è una persona e un presidente che apprezzo. Vorrei che rimanesse ancora dove sta oggi».
Tra tutti i presidenti del passato, qual è quello che le è piaciuto di più?
«Indubbiamente Sandro Pertini è stato un bravo capo dello Stato, era un socialista vero, uno che ha fatto la Resistenza, uno che quando spararono a Palmiro Togliatti riuscì insieme ad Aldo Natoli a calmare la gente che era scesa in piazza, pronta a prendere persino le armi. In quell’occasione io fui pure arrestata. Pertini ed io insomma stavamo dalla stessa parte e tra noi c’era un grande affetto».
E tutti gli altri, Segni, Gronchi, Saragat, Leone, Cossiga, Ciampi, Napolitano?
«Chiudiamo con Pertini che è meglio». —