il Fatto Quotidiano, 28 novembre 2021
Il Polo Nord ha perso una superficie pari a tre Italie
In Italia. Tre perturbazioni nell’ultima settimana hanno avvicinato l’inverno. La prima tra lunedì 22 e martedì 23 novembre, moderata salvo fenomeni più appariscenti in Sicilia con grandine copiosa a Ribera. La seconda giovedì-venerdì, più vigorosa e annessa a una depressione sulle Baleari, ha prodotto venti di burrasca e forti temporali in Sardegna, Lazio e al Meridione, con inondazioni a Porto Empedocle (Agrigento) e a Cirò Marina (Crotone), dove sono piovuti 100 mm d’acqua. Prime spruzzate di neve giovedì a quota 400 metri al confine Piemonte-Liguria, e bella fioccata da 30 cm sulle Alpi Marittime. La terza, al passaggio in Europa centrale della tempesta battezzata “Arwen” dal MetOffice, in queste ore sta accentuando instabilità, vento e freddo anche da noi, con neve a fondovalle sulle Alpi orientali. Novembre termina dunque in aria invernale, dopo che il mese era stato in gran parte ancora mite, con temperature 1-2 °C sopra media al Centro-Sud a causa dello scirocco frequente. È allora il momento di leggere L’incredibile storia di un fiocco di neve (Sonda edizioni), libro illustrato e vivace in cui il matematico francese Étienne Ghys racconta come negli ultimi secoli gli scienziati da Keplero in poi abbiano studiato fisica e geometrie di una delle più sorprendenti meraviglie della natura.
Nel mondo. Un “fiume atmosferico” di aria umida tropicale continua a far piovere sulle zone già alluvionate tra British Columbia e stato di Washington, che si accingono a registrare il novembre più bagnato in oltre un secolo. Altre inondazioni sull’Est dell’Australia, ed entrambi gli eventi – su opposte sponde del Pacifico – sono collegati all’alterazione globale delle correnti atmosferiche dovute all’insorgere della “Niña” che raffredda l’oceano al largo del Perù. Alluvioni pure nell’Andra Pradesh, India (almeno 24 vittime), ad Alessandria d’Egitto, a Malta e in Spagna (Asturie, Cantabria, Catalogna), mentre il primo ministro della Somalia ha dichiarato lo stato di emergenza per la siccità. L’Europa è piombata in inverno sotto la tempesta Arwen, venti a 130 km/h in Gran Bretagna e neve sulle pianure nordalpine. Caldo straordinario invece in Sud America (record novembrino di 35,6 °C a Buenos Aires), in Africa meridionale e Medio Oriente (37 °C in Oman, primato nazionale per il mese). La precoce formazione di ghiaccio marino al largo della Siberia, lungo la “Rotta del mare del Nord” di recente sempre più libera dalla banchisa e dunque frequentata, ha intrappolato una ventina di navi commerciali, poi soccorse da rompighiaccio. Ma intorno al Polo Nord la copertura di ghiaccio resta nel complesso sotto media, mancandone una superficie pari a quasi il triplo dell’Italia, e d’altra parte lo studio “Rapid Atlantification along the Fram Strait”, pubblicato su Science Advances da ricercatori del nostro Cnr e dell’Università di Cambridge, tramite analisi paleoclimatiche conferma che l’Oceano Artico è quello che più si sta riscaldando al mondo, +2 °C nell’ultimo secolo. Per scongiurare cambiamenti climatici rovinosi e irreversibili dobbiamo abbandonare i combustibili fossili ma anche preservare quegli ambienti naturali – dalle torbiere siberiane alle grandi foreste tropicali – che fungono da insostituibili “pozzi di carbonio” e che, qualora degradati, innescherebbero colossali emissioni serra impossibili da riassorbire prima del disastro climatico temuto per questo secolo, vanificando peraltro l’efficacia di qualunque altra politica per il clima. Li hanno mappati, su Nature Sustainability, ecologi e climatologi tra cui il grande Johan Rockström (“Mapping the irrecoverable carbon in Earth’s ecosystem”), auspicando che le terre ospitanti queste assicurazioni naturali per il futuro siano considerate intoccabili e protette dagli attacchi di un’umanità vorace di risorse.