la Repubblica, 28 novembre 2021
L’etica di Salah nel percorso dell’evoluzione
«È il migliore», assicura il suo allenatore Jürgen Klopp. Come spesso, ha probabilmente ragione. Abbiamo avuto e abbiamo grandi calciatori, piccoli uomini. O viceversa. Chi eccelle sotto entrambi gli aspetti, sì: è il migliore. Momo Salah: quando l’estetica gioca insieme con l’etica. Non vincerà (ancora) i premi della stampa e della Fifa, ma vuoi mettere la bellezza dell’ultimo gol in Champions? Più che velocità, energia: scatto in orizzontale verso la porta, dribbling, finta, tiro (e non solo a giro). La moralità di un percorso preciso, sul campo e fuori: quello dell’evoluzione.
Nessuno nasce migliore, la vita richiede sforzi. Salah ha corretto: prima se stesso, poi gli altri. Aveva cominciato da terzino sinistro. Dopo l’inguardabile esordio l’allenatore (El Shisini, la pace sia con lui) lo spostò all’ala destra. Primo passo. Nel 2011 con la nazionale giovanile, in un quarto di finale, fallì 10 occasioni da gol. A fine partita rimase in campo da solo, piangendo e tirando sotto la pioggia. Compagni e allenatore, coperti in tribuna, facevano il tifo. Non stava nascendo una stella, si stava costruendo. Era troppo fragile e spaesato quando arrivò in Inghilterra.
Mourinho non lo capì perché era incomprensibile. Fece il Gran Tour italiano, tornò al Liverpool e allora divenne il migliore. Non sono soltanto le reti, gli assist, il fatto che sia stato espulso una volta (con la Roma) e mai più. C’è una qualità umana che diventa sportiva, senza farne santità. In Egitto la famiglia andò a vederlo giocare ad Alessandria. Al ritorno trovò la casa svaligiata. Il ladro fu arrestato. Salah convinse il padre a non denunciarlo, lo incontrò, gli diede i soldi per tentare una vita diversa. Cercava i riflettori? Non stava guardando le telecamere di sorveglianza quando, in una stazione di servizio inglese, intervenne per allontanare un gruppo di ragazzi che molestava un senzatetto, poi diede cento sterline a quell’uomo. Ha preso un milione di voti alle presidenziali egiziane senza candidarsi. La gente pensa, la gente sa, che sarebbe un rais più compassionevole. La sua fondazione aiuta la città dove è nato, Naigrig, a non sprofondare nella sabbia del tempo. Fin troppo facile fare i confronti con i lussi sfacciati, le condotte da predatori sessuali, le sparate sui social. Perché non pretendere modelli migliori? I tifosi amano i cattivi ragazzi, ma quelli più giovani, parrebbe, meno: Salah nell’ultimo anno è cresciuto su Instagram più di qualunque collega. È un possibile ponte tra questa nuova generazione e la nostra, orfana di Scirea.