la Repubblica, 28 novembre 2021
Il miliardo di dosi in frigo che ha condannato l’Africa
Il problema non è più la mancanza di vaccini. Alla fine del 2021 i Paesi ricchi avranno 1,2 miliardi di dosi non usate in frigorifero, stima Airfinity, società di analisi londinese. Di queste, 50 milioni in scadenza a dicembre andranno gettate. In Africa di vaccini buttati e bruciati, perché scaduti, ne sanno qualcosa la Repubblica Democratica del Congo e il Malawi. Ad aprile Kinshasa ha restituito 1,3 milioni di dosi a Covax, l’organizzazione internazionale per la distribuzione ai Paesi poveri; il Malawi a maggio ne ha bruciati 20mila; almeno altri sette Stati africani ne hanno distrutti 450 mila.
L’Unione europea ha il 67% di persone vaccinate con due dosi, gli Usa il 58% e l’Africa il 6%. L’obiettivo che si è dato l’Oms – vaccinare il 40% della popolazione dei Paesi poveri per la fine del 2021 – è ormai inverosimile. La combinazione di problemi va dall’accaparramento alle promesse di donazioni non mantenute, dalla mancanza di fiducia delle persone fino banalmente alla carenza di siringhe.
Disinformazione e complottismo vincono su ragione e buon senso. In Africa i governi parlano poco con la popolazione e le campagne di vaccinazione anti-Covid non raggiungono tutti. Non sorprende che gli africani, sfiduciati, traggano da soli le loro conclusioni prendendo notizie dai social e dicano no alla somministrazione. Ed ecco che su WhatsApp in Mozambico diventa virale la foto del braccio di un vaccinato con una moneta incollata apparsa dopo la somministrazione.
«Da decenni moriamo di malaria come mosche. Nessun vaccino ci ha salvato. Com’è possibile che in pochi mesi abbiano scoperto quello del Covid?», dice Maxence dalla Tanzania. Gli africani sanno cos’è la malaria. Il Covid? Una semplice influenza che qualche volta porta la morte. I casi in Africa, per quanto in aumento, sono pochi. «Ho tanti amici vaccinati che hanno ricontratto il Covid. Che mi vaccino a fare se poi mi riammalo?», dice Robert dal Kenya. «Il governo non ci spiega. Ci dicono: vaccinatevi e basta».
In Africa solo 5 Paesi su 54 raggiungeranno l’obiettivo del 40%, e non i più popolosi: Seychelles, Mauritius, Marocco, Tunisia e Capo Verde. Il Burundi ha un tasso di vaccinazione dello 0,0025%. Non c’è nulla di cui stupirsi, con questo mix di fattori, se oggi dal continente ci raggiunge una variante capace di rendere inefficaci quei vaccini che stanno accumulati nei nostri frigoriferi. E ha un’aria di beffa la decisione della World Trade Organization di cancellare per la Omicron la riunione che avrebbe dovuto discutere l’abolizione dei brevetti. Il meeting non ci sarà neanche in forma virtuale.
Fino a oggi, calcola sempre Airfinity, gli Usa hanno donato il 25% delle dosi promesse. Negli ultimi mesi hanno accelerato un po’ e dovrebbero arrivare a 300 milioni per la fine dell’anno. L’Ue ha mantenuto il 19% dei suoi impegni, regalando quasi esclusivamente le fiale di AstraZeneca che nessuno voleva più. Perfino l’India – con la sua enorme fabbrica, il Serum Institute – è indietro con gli impegni. A marzo, travolta dalla Delta, ha fermato le esportazioni. Le spedizioni, quasi una beffa, sono riprese proprio quel 26 novembre in cui è stata battezzata Omicron. Dei 200 milioni di dosi di AstraZeneca promesse ai Paesi poveri, l’India ne ha consegnate finora 50 milioni.
La minaccia avanzata a maggio dalla Casa Bianca di appoggiare l’abolizione dei brevetti (ripetuta due giorni fa da Joe Biden) è servita in parte ad accelerare le donazioni, almeno da parte di Pfizer. Moderna ha fin da subito rinunciato ai suoi diritti sul brevetto, ma nessuno ha mai copiato la sua formula. Per ottenere le fiale è importante il know how. «Servono tecnologie avanzate – spiega Isabella Panunzi, responsabile delle vaccinazioni per Medici senza Frontiere – ma se ci fosse questo trasferimento, si potrebbero produrre in tempi ragionevoli».
«Qui da noi poi c’è poca informazione – ci dice Jackson Songok dal Sud Sudan, operatore di Amref – Quando vedono che non ci sono effetti collaterali allora si convincono». Galgalo dal Burkina Faso: «I vaccini vengono dall’Occidente. Ci usano come cavie, lo hanno fatto in passato. Perché fidarsi?». Dall’analisi di cinquemila hashtag in sei Paesi africani condotta dal Centro per l’analisi e il cambiamento comportamentale (Cabc) di Capetown, l’8% è a favore, il 35% esitante, il 21% crede in un complotto planetario e il 20% è scettico. I favorevoli sono quelli che si fidano dei loro governi. L’Oms sta cercando di fare il miracolo, lanciando e finanziando un consorzio di laboratori africani (Technology Access Pool, o C-Tap) per arrivare in modo autonomo alla produzione del vaccino. Ma finora nessuna delle grandi aziende ha aiutato, in termini di know how, gli scienziati del continente. Che restano così fermi al palo.