Corriere della Sera, 28 novembre 2021
Il caso di Dianne Feinstein, che si è rimbambita
«Perché Dianne Feinstein dovrebbe dimettersi? Non è la prima volta che abbiamo senatori con capacità cognitive ridotte. Negli ultimi dieci anni del suo mandato Strom Thurmond (un senatore del South Carolina che rimase in carica per quasi mezzo secolo e che nel 2002 fu l’unico nella storia del Congresso a spegnere 100 candeline essendo ancora in carica, ndr ) non sapeva nemmeno se andava avanti a piedi o a cavallo». Un suo ex assistente ha difeso così, sulle pagine del New Yorker , l’anziana senatrice democratica della California che da tempo dà segni di perdita di lucidità.
L’anno scorso creò imbarazzo quando, durante le audizioni dei capi della Silicon Valley, ripetè più volte al Ceo di Twitter, Jack Dorsey, la stessa domanda senza rendersi conto di averla già fatta. Poi fece infuriare il suo partito quando, nella seduta di conferma di Amy Coney Barrett, scelta come giudice della Corte Suprema da Trump negli ultimi giorni del suo mandato presidenziale, abbracciò platealmente il senatore repubblicano Lindsey Graham definendo magnifico il suo discorso a favore della nomina: in questo modo distrusse la strategia dei democratici, decisi a condannare quell’atto come un abuso di potere. Di recente, poi, è insorta anche la sinistra ambientalista quando Dianne, incontrando gruppi di studenti, ha sostenuto che quello dei mutamenti climatici non è poi un gran problema.
Esausti, i suoi consiglieri ammettono che, a 88 anni, Feinstein alterna momenti di lucidità ad altri di appannamento. Loro fanno quello che possono per indirizzarla, ma non sempre hanno successo. Rieletta nel 2018, se non si dimetterà, resterà in carica fino a tutto il 2025. Il problema diventa più spinoso ora, con la decisione del senatore del Vermont Patrick Leahy, in carica dal 1975, di non ricandidarsi l’anno prossimo, alla scadenza del suo mandato: 47 anni in Senato, ha detto, possono bastare.
In virtù della sua anzianità parlamentare, Leahy è oggi il presidente pro-tempore del Senato, un gradino sotto la vicepresidente, Kamala Harris. È, quindi, terzo nella lista dei successori in caso di morte o incapacità di Biden dopo la vicepresidente e la speaker della Camera Nancy Pelosi (anche lei ultraottantenne ma lucidissima). Leahy, secondo il criterio dell’anzianità, dovrebbe essere sostituito alla presidenza proprio da Feinstein e il fatto che una persona mentalmente in bilico possa ritrovarsi in una posizione di tale responsabilità fa venire i brividi a molti.
Il Los Angeles Magazine la attacca brutalmente sostenendo che vuole morire aggrappata alla scrivania, ma i suoi collaboratori, benché provati, la difendono: vecchia leonessa che in Parlamento ha combattuto e vinto battaglie epiche, Dianne ora, anche quando perde colpi – dicono – lavora meglio di almeno un terzo dei suoi colleghi. E nel primo anno di Biden ha ottenuto molte cose importanti per la California, il suo Stato.
Quanto alla presidenza dei senatori, si può anche evitare di assegnargliela: quella della nomina in base all’anzianità parlamentare è una consuetudine, non una regola codificata. Chi la vuole rimuovere, aggiungono, non lo fa per motivi sanitari, ma perché vuole sostituire lei, ebrea bianca, con un parlamentare non solo più giovane ma che rispecchi l’evoluzione demografica dello Stato.
Il governatore Gavin Newsom, al quale spetta sostituire i parlamentari dimissionari fino alle prossime elezioni, ha già detto che nominerebbe una donna di colore. Ma il punto è che, lucida o meno, Feinstein è sorda ai consigli di ritiro che le vengono anche da amici e colleghi che hanno scelto di uscire di scena prima di lei. Il leader democratico Chuck Schumer ha cercato più volte di convincerla a fare un passo indietro, ma lei sembra non capire o promette di pensarci. La volta successiva, però, mostra di aver dimenticato tutto.