Tuttolibri, 27 novembre 2021
Riscoprire George Sand
Dietro i Racconti di una nonna di George Sand, appena pubblicati da Marcos y Marcos, prima ancora di un senso letterario, filosofico o pedagogico, c’è la storia di un amore profondo tra una nonna e le sue nipoti. Ad Aurore e Gabrielle, figlie di suo figlio Maurice, la leggendaria scrittrice francese si dedicò amorevolmente negli anni della propria maturità, consegnate ormai ai ricordi le storie inquiete e tormentate con Mérimée, De Musset e Chopin. C’era stata anche un’altra nipote, l’amatissima Jeanne detta Ninì. La madre era Solange, unica figlia di George, ed era stata al centro di un conflitto familiare a seguito del quale era stato il giudice ad affidare Ninì alla nonna. George Sand aveva ricoperto d’amore la nipotina che morì di scarlattina a sei anni e la sua perdita fu uno dei dolori più grandi della sua vita. A sua volta George Sand, orfana precoce di padre e figlia di una madre che soffriva di depressione, era stata cresciuta dalla propria nonna, Marie Aurore Dupin, che le disse poco prima di morire: «Perdi la tua migliore amica». E proprio come la nonna Dupin, George Sand fu una nonna presente, tenera e premurosa. Su Aurore, George scriverà a Gustave Flaubert «la mia vita dipende dalla sua... questa bambina è la mia vita e il mio ideale».
Scritti nel 1873, tre anni prima della sua morte, i racconti furono pubblicati postumi. Li accompagnano delle lettere scritte dalla stessa George Sand ad Aurore: «dato che ora sai leggere, tesoro mio, ti trascrivo le favole che raccontavo per istruirti facendoti divertire il più possibile. Mi decido a pubblicare questi racconti affinché anche altri bambini possano approfittarne: i loro genitori non ne saranno affatto dispiaciuti» e a Gabrielle: «Quando entrambe sarete in grado di capire per conto vostro e senza alcun bisogno d’aiuto, forse io non ci sarò più. E allora vi ricorderete della nonna, che vi adorava». Di fatto, furono la sua ultima opera. Figura anticonformista e passionale, che vestiva da uomo e aveva cambiato nome per essere presa sul serio nello scenario intellettuale parigino, George Sand fu autrice prolifica e amatissima, in vita e dai posteri. I suoi romanzi erano pieni sì di sentimenti ma anche di cultura filosofica, la stessa che traspare anche in questi delicati racconti e che nonna George provava a instillare nelle menti delle nipoti avvicinandole a concetti moderni già allora, come i diritti delle donne e la coscienza ecologista. E in questo senso, il quadro che ci viene restituito ha anche implicazioni storiche. Attraverso le fiabe filtrano gli insegnamenti e i valori che una donna come George riteneva importanti da impartire nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo in una Francia appena uscita dalla guerra contro la Prussia e dalla violenza dei fatti della Comune: l’altruismo, la capacità di guardare oltre le apparenze e la fedeltà alla propria identità. Per raggiungere lo scopo, la Sand si avvaleva di figure magiche o rendeva magici gli elementi naturali. L’immaginario è vasto e variegato, in parte ereditando da Perrault castelli e giardini incantati e figure all’occorrenza fatate.
In queste storie ci sono sempre bambine che si relazionano con l’immateriale mistero della fantasia: c’è la piccola Margot, che somiglia a una ranocchia e deve imparare che «se c’è una cosa che riesce a renderci belli, è la felicità che ci meritiamo»; c’è la piccola Diane, dal nobile cuore; e c’è la generosa Catherine, cui la zia Colette insegna a filare e tessere le nuvole perché «se segui il mio esempio, non potrai impedire alle nuvole di passare, ma sarai ben provvista di forza di volontà; e allora le afferrerai, le carderai e le filerai così bene che non potranno più scatenare temporali né fuori né dentro di te».
L’elemento soprannaturale ha sempre il suo rilievo, a volte con connotazioni arcadiche, come nel racconto che ha per protagonisti la rosa e il vento figlio del dio della tempesta, ma più in generale, la natura è sempre protagonista. Del resto la Sand possedeva un intelletto multiforme ed era un’appassionata studiosa di botanica, mineralogia e scienze naturali. E quindi un inerte pezzo di corniola, che fu un frammento di montagna, poi un martello fenomenale, poi il pezzo forte della collezione di un antiquario e infine il gioco di una bambina, torna sempre alla vita. Perché il destino delle cose è di esistere «per il valore che noi attribuiamo loro, non hanno un’anima che le faccia rinascere, diventano polvere; ma sotto questa forma, tutto ciò che ha vita le utilizza ancora». Al contrario delle bambine, la nonna sa già che niente vive in eterno in una stessa forma e che la ciclicità della vita non deve generare tristezza. Quando George Sand morì, Aurore e Gabrielle erano ancora bambine. Entrambe mantennero sempre vivo il ricordo della nonna, raccontando quanto preziosa fosse stata l’infanzia trascorsa con lei nella casa di Nohant, che George a sua volta aveva ereditato dalla nonna Dupin. Per quella circolarità della vita degli oggetti che così bene aveva raccontato nelle sue fiabe, la casa era passata alle sue nipoti che l’hanno custodita come un simulacro. Oggi è possibile visitarla trovandola pressoché invariata rispetto ai tempi in cui George Sand vi viveva. Sarò particolarmente suggestionabile, ma dalle immagini dei giardini che la Sand tanto amava e dove Aurore e Gabrielle sono cresciute felici, puoi credere davvero che i fiori chiacchierino tra loro come fanno nei Racconti di una nonna. In un luogo così, con una nonna così, una bambina (e non solo una bambina) può credere a tutto e di certo crederà alla potenza dell’amore e del ricordo.
«Si tratta di capire se le fate esistano o no» scrive George Sand alla nipote. Pare che Aurore abbia annotato di seguito nella stessa lettera: «Credo così bene nell’esistenza delle fate che ho vissuto tutta la vita sotto la loro protezione e che le troverò ancora in tutte le vite a venire, con Colei che mi ha messo in contatto con loro».