Il Sole 24 Ore, 27 novembre 2021
L’Italia si spopola e invecchia
Un quadro a tinte fosche. La popolazione italiana residente è in rapida discesa: da 59,6 milioni di inizio 2020 a 58 nel 2030, a 54,1 milioni nel 2050 fino a 47,6 milioni nel 2070. Insomma, 12 milioni in meno nel giro di mezzo secolo. Le previsioni sul futuro demografico in Italia dell’Istat non sono una vera sorpresa, ma non per questo meno allarmanti. Il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050 mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale. Tutto questo si scaricherà sul territorio: entro 10 anni l’81% dei comuni avrà subito un calo di popolazione, l’87% nel caso di zone rurali. L’immediato effetto sarà sulle famiglie, che avranno un numero medio di figli sempre più basso. Meno coppie con figli, quindi, e più coppie senza: entro il 2040 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà. Dalle previsioni della popolazione residente (base 2020) dell’Istat emergono numero-chiave emblematici: 50,7 anni l’età media della popolazione nel 2050 (45,7 nel 2020), nel 2048 potrebbe essere l’anno in cui i decessi potrebbero doppiare le nascite (784mila contro 391mila), e 10,3 milioni di persone destinate a vivere da sole nel 2040 (8,6 nel 2020). L’allarme era già stato lanciato in ottobre sul Sole 24 Ore dal presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, che era stato chiaro: «Con il passare del tempo la popolazione perde la sua fisionomia iniziale: stante l’aspettativa di vita alla nascita di circa 80 anni, 400mila nascite all’anno (quest’anno scenderemo sotto questa soglia, ndr) sono compatibili con una popolazione che nel lungo periodo si ferma a poco più di 30 milioni, non di 59 come è adesso».
Partiamo dal calo della popolazione. Sulla base dello scenario di previsione “mediano” l’Istat prevede una decrescita della popolazione residente nel prossimo decennio: da 59,6 milioni al 1° gennaio 2020 (punto base delle previsioni) a 58 milioni nel 2030. Nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 58 milioni a 54,1 milioni tra il 2030 e il 2050. Nel lungo termine le conseguenze della dinamica demografica prevista sulla popolazione totale si fanno più importanti. Tra il 2050 e il 2070 la popolazione diminuirebbe di ulteriori 6,5 milioni.
La questione investe tutto il territorio, pur con differenze tra Centro-nord e Mezzogiorno. Nel breve termine si prospetta nel Nord e nel Centro una riduzione della popolazione meno importante rispetto al Mezzogiorno. Nel periodo intermedio (2030-2050), e ancor più nel lungo termine (2050-2070), tale tendenza si rafforza, con un calo di popolazione in tutte le ripartizioni geografiche ma con più forza in quella meridionale.
Sul fronte delle nascite già da diversi anni l’Italia sta affrontando la realtà di un ricambio naturale negativo, fattore alla base del processo di riduzione della popolazione, nonostante la parziale contropartita di dinamiche migratorie con l’estero di segno positivo. Superato lo shock di breve termine imposto dalla pandemia, le nascite dovrebbero intraprendere un trend di lieve recupero, fino a 414mila nel 2030 e a un massimo di 422mila entro il 2038. Un periodo, questo, nel quale la fecondità viene prevista in rialzo, da 1,24 figli per donna a 1,44. Trend che in seguito, pur prospettato in prosecuzione (fino a 1,55 figli per donna entro il 2070), non produce un rialzo ulteriore delle nascite dopo il 2038, per una motivazione intrinseca alla composizione della popolazione femminile in età feconda. Le donne in età fertile, infatti, via via diminuiranno e invecchieranno, riducendo il potenziale riproduttivo del Paese.
A loro volta i decessi, riassorbito l’effetto della pandemia, dovrebbero continuare ad aumentare, in linea con il livello di invecchiamento della popolazione, pur in un contesto di buone aspettative sull’evoluzione della speranza di vita (86,5 e 89,5 anni quella prevista alla nascita nel 2070, rispettivamente per uomini e donne).