Il Sole 24 Ore, 27 novembre 2021
È finita l’era Gubitosi in Telecom
Finisce l’era Gubitosi in Telecom. Come aveva anticipato lui stesso alla vigilia con una lettera ai consiglieri, il manager ha rimesso le deleghe, che sono passate ad interim al presidente Salvatore Rossi. Quelle operative, da direttore generale, sono andate a Pietro Labriola, che alla guida di Tim Brasil negli ultimi due anni e mezzo ha dato buona prova come ad, e potrebbe appunto ora subentrare a Gubitosi. Labriola resterà anche chief operating officer di Tim Brasil. Gubitosi, al quale il consiglio ha revocato le deleghe di ad e i poteri di direttore generale, accettando le sue dimissioni, resta però nel board e dunque occorrerà trovare la disponibilità di qualcuno degli attuali amministratori a dimettersi per far spazio al nuovo ad. Spencer & Stuart, che era già stata incaricata dall’azienda a definire il piano di successione, assisterà Tim anche nella nomina del nuovo ceo.
A Rossi in particolare sono state attribuite le deleghe relative a partnership e alleanze, comunicazioni istituzionali e public affairs, e la gestione degli asset strategici per la difesa e la sicurezza nazionale. Paola Sapienza è stata nominata invece lead independent director.
Per quanto riguarda l’offerta, non ancora vincolante, manifestato dal fondo Usa Kkr, già partner di Telecom nella rete secondaria in rame, è stato deciso di istituire un comitato, presieduto da Rossi – cui partecipano anche gli indipendenti Paola Sapienza, Paolo Boccardelli, Marella Moretti e Ilaria Romagnoli – per avviare l’attività istruttoria propedeutica a esaminare l’offerta, con l’ausilio di advisor finanziari ancora da nominare.
Da parte sua Vivendi, attraverso fonti vicine al gruppo parigino, si è detta «aperta a valutare tutte le opzioni strategiche per individuare la migliore soluzione per l’azienda e per il Paese», insieme a Kkr ed eventuali altri soggetti interessati. Il tutto sotto il tetto di una più stretta alleanza tra Italia e Francia che ricomprende anche gli asset strategici.
Ieri dunque non è stato dato via libera alla due diligence richiesta dal fondo Usa, mentre nulla è stato comunicato a riguardo degli “scostamenti” che sarebbero stati individuati dai sindaci rispetto agli effetti del contratto con Dazn.
Il consiglio, iniziato nel pomeriggio quasi un’ora dopo rispetto al previsto, è terminato dopo le 21. Sul tavolo non c’era solo il tema della governance, che sarebbe stato inserito su richiesta di Vivendi già mercoledì sera. La riunione era stata convocata infatti in sede straordinaria su sollecitazione di sindaci e consiglieri, dopo che erano emersi appunto scostamenti non irrilevanti (di qualche centinaio di milioni sul lato dei ricavi, secondo quanto riferito dall’Ansa giovedì), relativi al contratto con Dazn per la visione via web delle partite di serie A. Contratto che già è stato all’origine di due profit warning da parte della società, a fine luglio e poi ancora a fine ottobre. Nel dettaglio, le condizioni negoziate con Dazn, ma nemmeno il numero degli abbonati, sono mai stati resi noti. Rispetto al budget di 1,4 milioni, secondo le voci, gli abbonamenti sarebbero pari ad appena un terzo, mentre alla piattaforma che si è aggiudicata i diritti è stato comunque garantito un minimo di 340 milioni all’anno.
Sugli scostamenti rispetto al budget e su come compensarli si era tenuta alla vigilia una riunione congiunta tra il collegio sindacale e il comitato controllo e rischi, nel corso del quale sarebbero stati ascoltati anche l’ad Luigi Gubitosi e il chief revenue officer Stefano Siragusa, evidenziando che non c’era unità di vedute tra i due manager sui numeri prospettici.
Secondo indiscrezioni, a prendere in mano la partita con determinazione sarebbero state soprattutto le donne. Alla fine il consiglio si è mostrato unito sulle decisioni da prendere, senza evidenziare ulteriori lacerazioni. La lettera scritta da Gubitosi al cda avrebbe avuto un effetto boomerang, non solo con i francesi, ma anche con i consiglieri indipendenti. Il nuovo corso inizia con l’eredità di nodi intricati da sciogliere, ma alla fine si spera che questa sia l’occasione per un riassetto definitivo della travagliata compagnia telefonica di bandiera.