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 2021  novembre 27 Sabato calendario

Che cosa sappiamo della variante Omicron

Silvia Turin, Corriere della Sera
Occhi puntati sulle caratteristiche della nuova variante segnalata in crescita in Sudafrica. A livello di sequenza genetica è stata identificata con la sigla B.1.1.529, ma ha preso il nome dalla lettera dell’alfabeto greco «Omicron» ed è stata aggiunta(ieri) dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) direttamente all’elenco delle «varianti di preoccupazione» (Voc) esistenti, insieme ad Alfa, Beta, Gamma e Delta. 
I primi casi sequenziati sono stati segnalati separatamente a partire dal 24 novembre da laboratori di Botswana, Hong Kong (dove la variante è arrivata trasportata da un viaggiatore)e Sudafrica. I relativi numeri di crescita in quest’ultimo Paese sono stati giudicati «vertiginosi» dall’Oms: ieri ci sono stati 2.828 nuovi casi, un aumento del 258% rispetto alla settimana precedente. Si stima che circa il 90% siano dovuti alla nuova variante, che avrebbe soppiantato la Delta. 
Non è detto, però, che Omicron sia nata proprio in Sudafrica: l’individuazione dipende anche dalla capacità di tracciamento dei laboratori e il Paese (insieme a Botswana e Kenya) è quello che in Africa ha la maggiore possibilità di sequenziare i positivi. 
La variante ha un profilo genetico giudicato «sfavorevole» e definito preoccupante. Presenta contemporaneamente quasi tutte le mutazioni che si conoscono dalle varianti Alfa, Beta, Gamma e Delta, più altre nuove. In particolare, ha 32 mutazioni nella proteina spike (la parte del virus che i vaccini usano per innescare il sistema immunitario contro il Covid). Se la proteina spike cambia, anche gli anticorpi suscitati dai vaccini potrebbero non riconoscerla. Alcune mutazioni non sono mai state viste, altre sono state collegate alla capacità di una variante di essere più trasmissibile e sfuggire all’immunità data dai vaccini. 
Il National Institute for Communicable Diseases (NICD) sudafricano, l’istituto pubblico di riferimento sulle malattie infettive, parla di sintomi simili alle precedenti versioni del virus (compresa la presenza di individui asintomatici). 
Non è dato sapere se e quanto la nuova variante sarà più trasmissibile o più letale. Tutte le altre varianti «maggiori» sono state «riconosciute» dai vaccini, che sono rimasti protettivi rispetto alla possibilità di essere ricoverati o morire, ma hanno perso efficacia (dopo circa sei mesi) rispetto all’eventualità di essere contagiati. Non c’è motivo di pensare che sarà diverso. Servono ancora almeno due-tre settimane di monitoraggio e test in laboratorio per intravedere qualche risposta. Dal genoma della nuova variante si deducono, però, alcuni particolari poco rassicuranti: «È probabile una fuga immunitaria parziale, ma anche che i vaccini offriranno ancora alti livelli di protezione contro il ricovero e la morte», ipotizzano gli scienziati sudafricani. Ulteriore motivo di allarme viene dal fatto che nel lignaggio B.1.1.529 mancano alcune parti del virus che sono utilizzate da differenti anticorpi monoclonali. Nel suo report sul tema, l’Oms parla di prove che suggeriscono «un aumento del rischio di reinfezioni» e «un vantaggio di crescita». 
Il lignaggio presenta invece una caratteristica che offre un vantaggio per i sistemi diagnostici: «L’analisi del tampone va a cercare tre diversi geni-target nell’Rna del virus denominati S, N e Orf – spiega Nicola D’Alterio, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (Izsam) —. Nella nuova variante il gene S non c’è. Pertanto, c’è un’alta probabilità che in questo momento in Sudafrica un tampone “S negativo” sia effettivamente associato alla nuova variante». La Delta non ha questa particolarità. «Per avere la certezza finale è necessario sequenziare il genoma, perché anche Alfa hala stessa caratteristica». Ecco perché i laboratori sono al lavoro: identificare altri casi, anche da tamponi già effettuati, potrebbe essere solo questione di tempo. 
Per ora i test genetici hanno contato 87 casi(77 in Sudafrica, 6 in Botswana, 2 in Hong Kong, 1 in Belgio e 1 in Israele). Nel database italiano che raccoglie le sequenze analizzate finora, Omicron non risulta. L’appello da più parti è quello per la vaccinazione universale: le varianti nascono quando il virus è lasciato libero di circolare.

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Elena Dusi, la Repubblica
Perché la nuova variante preoccupa?
«Ha un numero di mutazioni insolitamente alto, 32 sulla proteina spike» spiega Gianguglielmo Zehender, virologo dell’università di Milano e dell’ospedale Sacco, esperto in evoluzione dei virus. Tante mutazioni corrispondono in genere a cambiamenti importanti nel comportamento dei microrganismi. «La prima impressione è che i vaccini non smetteranno del tutto di essere efficaci, ma perderanno qualcosa.
La cosa che più mi preoccupa è la rapidità con cui i colleghi africani hanno visto diffondersi la variante, che ha superato in breve tempo anche la contagiosissima Delta».
Cosa ha deciso ieri l’Oms?
Ha assegnato al nuovo ceppo B.1.1.529 il nome di Omicron e l’ha classificato come “variante preoccupante”, il livello più alto di allarme. Non era mai avvenuto in così pochi giorni. La prima osservazione della nuova variante risale infatti al 12 novembre, a Hong Kong, in un viaggiatore dal Sudafrica. Secondo la stampa locale, l’uomo era vaccinato con Pfizer e avrebbe infettato un secondo viaggiatore nell’albergo dove trascorrevano la quarantena. Anche i quattro casi del Botswana erano, sempre secondo notizie ufficiose, vaccinati con due dosi.
Perché Omicron potrebbe sfuggire ai vaccini?
«Stiamo ragionando con informazioni limitate» premette Zehender. «Conosciamo l’effetto di alcune mutazioni di Omicron, ma non di altre. Soprattutto non sappiamo quale sarà l’effetto di tutte le mutazioni combinate tra loro». L’Oms ha avvertito che occorreranno alcune settimane per tracciare un profilo preciso di Omicron. «Delle mutazioni che conosciamo prevediamo l’effetto perché le abbiamo viste (non tutte insieme) anche in altri virus, o perché le abbiamo studiate in laboratorio» dice Zehender.
«Sappiamo ad esempio che gli anticorpi che abbiamo — sia dopo la vaccinazione che dopo l’infezione — sanno riconoscere alcuni punti specifici della proteina spike. Se le mutazioni della spike diventano numerose e diffuse in molti punti diversi, il virus “cambia i suoi connotati”, gli anticorpi faticano a riconoscerlo e lo attaccano con minor efficacia. «È veramente troppo presto però per quantificare questa perdita di efficacia» ammette Zehender.
Perché Omicron potrebbe essere più contagiosa?
«Alcune mutazioni che vediamo sono associate a maggior contagiosità» dice Zehender. «A inquietarci è la rapidità con cui i casi della nuova variante sono aumentati in alcune zone del Sudafrica». Gli strumenti di osservazione e conteggio della Omicron sono per il momento limitati. Ma nella provincia del Gauteng, dove si concentra l’80% dei circa 2.500 casi quotidiani del Sudafrica, la nuova variante sembra aver soppiantato la Delta nel giro di poche settimane. I virologi e gli informatici guidati da Tulio de Oliveira, dell’università di KwaZulu-Natal di Durban, secondo la rivista Nature hanno riscontrato solo varianti Omicron, fra i 77 genomi sequenziati provenienti dalla regione di Gauteng. I contagi, secondo le prime informazioni. sono avvenuti soprattutto nelle scuole e fra i giovani.
Come faremo a monitorare la diffusione di Omicron?
«Sequenziando i genomi dei virus» spiega Zehender. «Ma Omicron può essere individuata anche con il tampone molecolare. La nuova variante infatti ha perso una piccola sequenza del suo genoma e la delezione è rilevabile anche dall’analisi dei tamponi in laboratorio». Questo renderà più facile il monitoraggio ed è ciò che ha permesso di notare la crescita rapidissima in Sudafrica. Altri casi, oltre a quelli dei giorni scorsi a Hong Kong e in Botswana, sono stati osservati ieri in Israele e Belgio. Nessuno in Italia.
Dove è nata la nuova variante?
Impossibile dirlo. Botswana e Sudafrica hanno avuto la capacità di riconoscerla. «Ma è possibile che si sia originata in uno dei paesi africani ancora meno vaccinati e che stia circolando da prima di novembre» secondo Zehender. Il tasso medio di immunizzazione in Africa è l’11%, nelle zone più povere scende al 5%. Alcuni virologi sospettano che tante mutazioni si siano accumulate in un solo paziente, immunocompromesso.
«Sappiamo che malati di questo tipo possono dar vita a varianti con molte mutazioni. Ma è impossibile risalire all’origine di Omicron».
Bisognerà rifare i vaccini?
«È prematuro» ha detto ieri l’Ema, Agenzia europea per i medicinali. Pfizer e AstraZeneca hanno annunciato l’inizio di studi per calcolare la perdita di efficacia dei vaccini attuali. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha spiegato che i contratti con le case farmaceutiche prevedono l’aggiornamento del vaccino, in caso di comparsa di una nuova variante. Qualora occorresse farlo, Pfizer ha annunciato che servirebbero 100 giorni. Tra controlli e validazioni successive, bisognerà aspettare in tutto 4-6 mesi.
I farmaci funzioneranno contro la variante?
Non sono stati osservati sintomi diversi o più gravi. Alcuni contagiati sono asintomatici. Le mutazioni di Omicron possono rendere più facile il contagio dopo vaccinazione o guarigione. Come gli anticorpi naturali, anche gli anticorpi monoclonali potrebbero perdere di efficacia. Ma non c’è motivo di pensare che i farmaci usati per trattare i pazienti sintomatici funzioneranno meno.
Le pillole antivirali in arrivo nelle prossime settimane saranno efficaci anche con le varianti.