Jacopo Orsini per "il Messaggero", 26 novembre 2021
MAL DI FRANCIA - DALLA PARTITA APERTA SU TIM A FINCANTIERI, GLI INTRECCI ECONOMICI CON PARIGI SONO MOLTI - LA LVMH DI BERNARD ARNAULT, CHE CONTROLLA MARCHI COME LOUIS VUITTON E MOËT & CHANDON, HA COMPRATO NEGLI ULTIMI ANNI FENDI E BULGARI. LA RIVALE KERING, A CUI FANNO CAPO SAINT LAURENT E BALENCIAGA, SI È PRESA INVECE GUCCI, POMELLATO E BOTTEGA VENETA. NEL SETTORE DELL'ENERGIA EDF HA CONQUISTATO EDISON, NELL'ALIMENTARE LA PARMALAT, DOPO IL CRACK DELL'EPOCA DI CALISTO TANZI, È FINITA NELLE MANI DI LACTALIS - BNP PARIBAS CONTROLLA LA BNL E CRÉDIT AGRICOLE HA RILEVATO CARIPARMA -
Quando domani al Quirinale il premier Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron metteranno le loro firme sotto il «Trattato di cooperazione rafforzata» sanciranno anche simbolicamente la ritrovata intesa fra Roma e Parigi. Sembra passata un'era ma meno di tre anni fa, dopo il viaggio in auto in Francia per portare solidarietà ai gilet gialli del leader 5 stelle Luigi Di Maio, oggi ministro degli Esteri all'epoca vice premier, accompagnato da Alessandro Di Battista, Parigi richiamava l'ambasciatore da Roma.
Un affronto all'epoca per la Francia, arrivato al culmine di una lunga serie di accuse e rivendicazioni, e oggi solo uno sbiadito ricordo. L'accordo servirà proprio per creare meccanismi strutturali di consultazione, per coordinare azioni e iniziative congiunte e consolidare la collaborazione in una serie di campi compreso quello economico e commerciale. Il governo di Parigi in questi giorni ha continuato a negare qualsiasi «atteggiamento predatorio» della Francia nei confronti delle aziende italiane.
Ma le partite aperte fra i due Paesi sul fronte industriale restano tante e anche i potenziali conflitti. A tenere banco in questi giorni è la battaglia per il controllo di Tim, azienda strategica per le comunicazioni e la trasmissione dei dati del Paese, soprattutto in vista degli investimenti del Pnrr destinati all'innovazione digitale. Nel gruppo della telefonia i francesi di Vivendi sono da tempo gli azionisti di maggioranza relativa. La convivenza nel capitale con gli altri soci è però sempre stata difficile, anche se ora hanno invece assicurato di essere pronti a collaborare con il governo italiano.
LA SCALATA I francesi di Vivendi, negli anni scorsi parallelamente impegnati in un tentativo di scalata a Mediaset, la holding delle tv di Silvio Berlusconi, sono stati visti spesso come predatori. Con Mediaset alla fine dopo anni di battaglie in Borsa e nei tribunali sembra arrivato il momento della pace. Per Tim invece, alla luce dell'opa annunciata nei giorni scorsi dal fondo americano Kkr, si vedrà. Vivendi comunque ha ribadito la volontà di essere «un investitore di lungo termine».
Insomma i francesi non hanno alcuna intenzione di mollare, soprattutto ai prezzi offerti finora. Anche se Vincent Bollorè, padrone di Vivendi, è considerato un nemico di Macron. Una situazione che potrebbe condizionare la partita in Italia. Un terreno di conquista per i francesi negli ultimi anni è stato sicuramente quello della moda. I marchi del lusso francese si sono portati a casa alcuni dei pezzi più pregiati del sistema italiano. La Lvmh di Bernard Arnault, che controlla marchi come Louis Vuitton e Moët & Chandon, ha comprato negli ultimi anni Fendi e Bulgari.
La rivale Kering, a cui fanno capo Saint Laurent e Balenciaga, si è presa invece Gucci, Pomellato e Bottega Veneta. Nel settore dell'energia Edf ha conquistato Edison, nell'alimentare la Parmalat, dopo il crack dell'epoca di Calisto Tanzi, è finita nelle mani di Lactalis (che aveva già comprato Galbani).
Nel mondo delle banche Bnp Paribas controlla la Bnl e i francesi di Crédit Agricole hanno rilevato Cariparma e altre casse di risparmio, costruendo uno dei poli principali del settore nella Penisola. Borsa Italiana, con dentro anche la società che gestisce il grande e redditizio mercato dei titoli di Stato (Mts), è invece finita nell'orbita di Euronext, che riunisce i listini di Amsterdam, Bruxelles, Dublino, Lisbona, Milan, Oslo e Parigi ma i francesi hanno un ruolo dominante.
Periodicamente poi emergono indiscrezioni sulle mire di grandi gruppi transalpini, come Axa, su quello che resta il principale asset finanziario italiano, le Generali. Più recente è invece l'intesa che ha portato nell'auto alla fusione fra Fiat Chrysler Automobiles e Psa e alla nascita di Stellantis. È vero che nel nuovo gigante mondiale delle quattroruore il principale azionista (con il 14%) è la Exor della famiglia Agnelli e che il presidente è John Elkann. Ma la guida del gruppo è stata affidata al numero uno della casa transalpina, Carlos Tavares (che tuttavia è portoghese) e uno dei soci di maggior peso è lo Stato francese (con il 6%).
I CANTIERI Molto più rare le sortite italiane di successo oltre le Alpi. È naufragato per esempio all'inizio di quest' anno dopo un lungo tira e molla, con la spinta decisiva proprio di Macron, il tentativo di Fincantieri di rilevare il controllo di Stx, il cantiere navale francese a controllo pubblico, per costruire un colosso del settore. E in molti ricordano ancora il maldestro tentativo di opa dell'Enel sul conglomerato dell'energia e dell'acqua Suez di una quindicina di anni fa, stoppato dal primo ministro dell'epoca Dominique de Villepin prima ancora che l'offerta potesse vedere la luce.
Fa eccezione invece l'affondo della Luxottica di Leonardo del Vecchio sulle lenti francesi Essilor. Dopo l'intesa iniziale del 2017, che prevedeva una coabitazione al vertice, l'86enne imprenditore italiano ha fatto valere la sua quota di maggioranza del nuovo gruppo (ne controlla il 32%) e ripreso il controllo della società. Un gruppo che oggi in Borsa (ma a Parigi non più a Milano) capitalizza oltre 82 miliardi di euro.